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“IL MOVIMENTO WOKE SI È PRESO TROPPO SUL SERIO. SI STA ESAURENDO PERCHÉ ERA UN’INIZIATIVA FATTA DA GIOVANI. A QUELL’ETÀ, OGNI COSA HA LO STESSO PESO” – LA LEGGENDARIA FRAN LEBOWITZ PRENDE A CALCI IN CULO IL POLITICAMENTE CORRETTO: “ALL’INIZIO ERA GIUSTISSIMO. FORSE È PROPRIO PER QUESTO CHE SI È PRESO TROPPO SUL SERIO” – “TRUMP? QUALCUNO LO HA DEFINITO ‘IL LEADER DEL MONDO LIBERO’. NON È IL LEADER DEL MONDO LIBERO, È IL DISTRUTTORE DEL MONDO LIBERO, SEMMAI” – “MI PIACEREBBE DIVENTARE PAPA INDOSSI ABITI STREPITOSI. POI VIVI A ROMA, PERCIÒ: OTTIMO CIBO” – IL SESSO, I GIOVANI SEMPRE CONNESSI E IL RAPPORTO CON L’ITALIA…”
Estratto dell’articolo di Maurizio Fiorino per “D – la Repubblica delle donne”
“Se ho paura che Trump mi deporti? E dove? In New Jersey?”, scherza Fran Lebowitz. […] Parlando di humour, qualche mese fa, ospite di Jimmy Fallon, Fran Lebowitz ha detto che non le sarebbe dispiaciuto diventare Papa. “Dev’essere un lavoro niente male” ribadisce. “Prima di tutto, indossi abiti strepitosi. Poi vivi a Roma, perciò: ottimo cibo”.
Del nuovo Papa dice che, quando l’ha sentito parlare, le è venuto da sorridere: “Voglio dire, chi avrebbe mai immaginato che un Papa potesse avere la parlata di un tizio qualunque di Chicago?”, ma è felice, e molto, del fatto che sia americano: “Beh, è bello sapere che, in questo preciso momento storico, ci sia in giro un americano che la gente non odia[…]
“Quando c’erano i vecchi media, giornali e simili, la gente, semplicemente, non poteva fare ciò che voleva. Il Papa fa bene a dire ai giornalisti di disarmare le parole, ma non sarà lui a cambiare le cose. Questo tipo di linguaggio cambierà, a un certo punto. Ma tra due generazioni almeno”.
[…] Ce l’ha un po’, con il web.
“Se sei giovane, oggi, non hai mai conosciuto un mondo senza internet. Per ognuno di noi, il mondo è semplicemente quello in cui siamo. Cos’è per me New York? È quello che era quando ci sono arrivata, punto. Guardando i bambini nei passeggini con il telefono in mano, penso che non conosceranno mai il mondo in un altro modo. Ognuno ha una percezione diversa del presente. In un certo senso, non stiamo tutti vivendo in quest’epoca”.
Alcuni sostengono che il movimento woke si sia preso troppo sul serio.
“Innanzitutto, mi sembra che la gente che usa la parola woke non sia più la stessa che l’ha inventata. All’inizio era una cosa da ragazzini – anche perché è raro che siano le persone anziane a inventare qualcosa. Oggi, invece, sono le persone più grandi, magari non gli anziani, ma sicuramente meno giovani, a usarla. Perciò, ecco, se la domanda fosse: quel movimento – o come diavolo vogliamo chiamarlo – si è preso troppo sul serio? Direi: certo che sì. Ma è normale, succede sempre. All’inizio era giustissimo, perché parlava di razzismo e il razzismo non è un’invenzione: è una cosa reale. Forse è proprio per questo che si è preso troppo sul serio”.
In che senso?
“Negli Stati Uniti ci portiamo dietro l’eredità della schiavitù basata sulla razza, e da allora si sono aggiunte mille altre ragioni per cui le persone vengono discriminate. E quello che vediamo oggi – nella politica e anche nella cosiddetta cultura – è una rabbia profonda. Una rabbia feroce, soprattutto da parte degli uomini bianchi eterosessuali. Perché, indipendentemente da chi fossero o da quanto potere avessero, c’era sempre quella consolazione: sono un uomo, etero e bianco. Il movimento woke si sta esaurendo per una semplice ragione: perché era un’iniziativa fatta da giovani. Quando uno ha quell’età, ogni cosa ha lo stesso peso”.
A proposito di giovani, gli esperti dicono che fanno poco sesso. Ma molti di loro, in compenso, stanno su Onlyfans.
“Questo fa capire quanto, per una persona della mia età, ci sia ancora una differenza tra l’essere online e il non esserlo. Per i giovani l’online è il mondo. È come quando senti un ragazzino dire di avere un amico che non ha mai incontrato. È davvero un amico? Direi di no, ma per lui lo è. Sento anche ragazzi dire, per l’appunto, che fanno meno sesso di quanto ne facessimo noi anni fa – beh, questo è poco ma sicuro.
Ma se per loro mettere una foto intima su Internet equivale a fare sesso, allora suppongo che sia sesso. Abbiamo avuto scandali sessuali qui negli Stati Uniti in cui mancava il sesso. Era tutto uno scambio di messaggi sul telefonino. Che storia assurda: perdere la reputazione in uno scandalo sessuale... senza sesso! Comunque, se volete conoscere gente senza senso dell’umorismo, dialogate con persone di destra”.
Si riferisce a Trump, immagino.
“Un tempo non odiavo i Repubblicani. Semplicemente, non ero d’accordo con loro. Ma questi – quelli di oggi, Trump e compagnia bella – non sono Repubblicani. Sono degli anarchici che, in fondo, non vogliono governare. L’altro giorno guardavo il telegiornale e qualcuno ha definito Trump ‘il leader del mondo libero’. Non è il leader del mondo libero, è il distruttore del mondo libero, semmai”.
[…] Quando ha iniziato a cambiare, secondo lei?
“Alcune delle loro cause sono state centrali, ma altre sono diventate estremamente piccole, delle vere minuzie. Mi ricordo di essere stata invitata a parlare in un college, anni fa, e non avevo mai sentito parlare di trigger warning, ovvero quando, prima di parlare, sei tenuta a… oddio, non è che ce l’avete pure voi in Italia, questa roba?”.
Direi di no.
“Ecco perché l’Italia è il mio Paese preferito al mondo. Dopo gli Stati Uniti, sia chiaro. Ci sono stata molte più volte che in qualunque altro posto. Ci passavo minimo quattro settimane l’anno, una volta. La gente mi chiedeva: ma perché non ti trasferisci in Italia, con tutti i soldi che hai?”.
Perché non l’ha fatto?
“La verità è che non parlo italiano, sono monolingue. So cosa state pensando – e sì, concordo con voi – questa è la cosa più americana che c’è in me, ovvero un talento pari a zero per le lingue. Non vivrei mai in un posto dove non posso capire cosa mi succede intorno perché il mondo, per me, è fatto di parole. Non solo chiacchiere, ma tutto ciò che posso leggere, capire, cogliere. Perciò i cartelli, le conversazioni per strada, un giornale lasciato su un tavolo.
L’Italia è, senza ombra di dubbio, il Paese che ha elevato più di tutti l’arte del vivere – ma torniamo a noi. Insomma, ero in questo college e chiedo: trigger warning? Sarebbe? E uno studente mi fa: se sta per dire qualcosa che potrebbe offendere qualcuno, deve prima avvisare il pubblico. Una roba tipo: quello che sto per dirvi potrebbe turbarvi e se non riuscite a tollerare di essere offesi, avete la facoltà di uscire”.
E lei?
“Beh, se fossi stata una professoressa, sarei stata licenziata in dieci minuti. Perciò, tornando agli eccessi del movimento woke: penso sia giusto tutto ciò? Certo che no. Anzi, penso sia ridicolo. Ma ci sono tante cose sulle quali puntare il dito e i movimenti woke, fondamentalmente, non sono gli artefici di questa deriva. Il motivo per cui Trump è diventato presidente è semplice: in entrambe le tornate elettorali si è scontrato contro due donne, Hillary Clinton e Kamala Harris. Non avrebbe mai vinto contro un uomo. D’altronde, non l’ha mai fatto”.
[…] Secondo lei l’arte dovrebbe riflettere la società o continuare a metterla in discussione?
“Mettiamola così: non penso che l’arte abbia lo specifico scopo di dover svegliare la gente. Non credo nemmeno che gli artisti abbiano una responsabilità sociale o politica automatica. Certo, dipende dall’artista, da cosa fa, da dove vive: ci sono posti dove certe cose sono impossibili da ignorare. Ma in generale non credo che gli artisti abbiano un dovere politico. L’arte esplicitamente politica, diciamolo, non è quasi mai la migliore. E una delle cose meravigliose dell’essere artisti sapete qual è? Il fatto che non devi nulla a nessuno”. […]
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