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Titti Beneduce per il Corriere della Sera
Chi ha ucciso a coltellate l' ingegner Vittorio Materazzo, ricco e brillante professionista di Mergellina? Il giallo tiene da tre giorni Napoli con il fiato sospeso, mentre gli inquirenti premono sull' acceleratore per risolverlo: un assassino potenzialmente pericoloso, infatti, è ancora in libertà.
Vittorio Materazzo, 51 anni, sposato e padre di due figli, lunedì sera stava rientrando nella sua casa di viale Maria Cristina di Savoia, nella zona chic della città, quando ha trovato ad attenderlo nell' atrio un uomo. Lo sconosciuto lo ha percosso; poi, quando lui si è girato e ha cercato di fuggire, lo ha colpito con un coltello alla schiena, per tre volte. Il fendente mortale, alla gola, è stato inferto in strada, quando l' ingegnere è caduto. L' assassino, che aveva in testa un casco grigio da motociclista, è stato visto e anche inseguito per un tratto da un cugino dell' ingegnere; poi è sparito nel nulla.
La prima ipotesi formulata dagli inquirenti, quella di una rapina finita male, è stata scartata quasi subito: la vittima aveva ancora addosso portafogli e orologio. È stata esplorata, ma è rapidamente tramontata, quella di dissidi nell' ambiente di lavoro (l' ingegnere era specializzato in restauri e collaborava spesso con le Soprintendenze; il suo ufficio era a Torre Annunziata, nella zona vesuviana).
Ben presto l' attenzione della squadra mobile, con il dirigente Fausto Lamparelli, si è concentrata sull' ambiente familiare dell' ingegnere, segnato da tensioni e conflitti. I Materazzo - due fratelli e quattro sorelle, tra cui una rinomata odontoiatra - non andavano molto d' accordo. Un evento in particolare li aveva messi l' uno contro l' altro: la morte del padre, Lucio, avvenuta nella palazzina di viale Maria Cristina nel luglio del 2014. Un malore, ritennero i medici, con conseguente caduta ed ecchimosi al volto. Lucio Materazzo fu trovato sul pavimento dalle due persone che vivevano con lui: la compagna (era vedovo da molti anni) e il figlio Luca.
Per circa un anno Vittorio accettò la versione del malore. Poi però si convinse che le cose fossero andate in modo diverso: ripensò a quella ecchimosi, ricordò che il pigiama del padre era strappato e presentò in Procura un esposto, ipotizzando che si fosse trattato di un omicidio e chiedendo la riesumazione della salma.
Dopo gli approfondimenti del caso e nonostante la sua opposizione, l' esposto fu archiviato dal gip. L' ingegnere tuttavia non si rassegnò e, affidandosi all' avvocato Luigi Ferrandino, intraprese una difficile battaglia per ottenere l' apertura di una inchiesta: se non era possibile per omicidio, si poteva immaginare un falso. Mise di nuovo nero su bianco e ipotizzò che sia il personale del 118 sia il cognato medico, che aveva stilato il referto di morte, avessero scritto cose inesatte.
In attesa che i pm valutassero il nuovo esposto, chiamava tutti i giorni l' avvocato per esporgli idee e concordare strategie; lo aveva fatto anche lunedì, poche ore prima di essere ucciso. I familiari, probabilmente, non condividevano tanta ostinazione: non vedevano nulla di oscuro nella morte del padre. Soprattutto Luca, che nel 2014 viveva con lui e che, dunque, probabilmente si sentiva gravato dei sospetti del fratello maggiore.
La sensazione è che la svolta nelle indagini possa arrivare presto: lo auspica il procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, che coordina le indagini delegate al sostituto Luisanna Figliolia. Gli inquirenti stanno approfondendo in particolare l' alibi di uno dei familiari dell' ingegnere ucciso, che non era in casa quando è avvenuto il delitto. Incrociando l' esito delle verifiche con le testimonianze già raccolte e i dati ricavati da telefonino e computer della vittima si potrà probabilmente arrivare alla soluzione del giallo.
Il caso intanto appassiona e fa discutere: l' assassino conosceva bene le abitudini del professionista; sapeva a che ora rincasava dal lavoro, sapeva che parcheggiava l' auto in garage e poi si dirigeva a piedi verso l' ascensore. Forse era anche conosciuto dagli abitanti della palazzina, tutti imparentati tra loro: di qui la decisione di indossare il casco da motociclista per coprirsi il volto.
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