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ANCHE IN ISRAELE, LE NOTIZIE SO’ ROTTURE ‘E CAZZO – IL GIORNALISTA ISRAELIANO AMIT SEGAL, MOLTO VICINO A NETANYAHU, SI SCAGLIA CONTRO IL QUOTIDIANO “HAARETZ”, ACCUSANDOLO DI DANNEGGIARE L'IMMAGINE DEL PAESE PERCHÉ RACCONTA IL MASSACRO DEI PALESTINESI A GAZA – PER IL REPORTER, IL GIORNALE PIÙ PROGRESSISTA DELLO STATO EBRAICO È ADDIRITTURA “LA MINACCIA PRINCIPALE ALLA POSIZIONE DI ISRAELE NEL MONDO” (NON I CRIMINI DI GUERRA COMMESSI DA “BIBI” E DALL’IDF?)

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Estratto dell’articolo di D.F. per il “Corriere della Sera”

 

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È esaltato dalle «vibrazioni» (quelle dei cellulari) che un suo messaggio genera a mezzo milione di israeliani. Amit Segal è uno dei principali commentatori politici del Canale 12. […] È tra i giornalisti che in una lunga inchiesta il quotidiano Haaretz ormai definisce «influencer» per la capacità di spostare le notizie più che portarle.

 

Il premier Benjamin Netanyahu si fida di lui e Amit è in buoni rapporti anche con i ministri fanatici della coalizione al potere: il padre è stato condannato per terrorismo nel 1980, quando con un gruppo estremista che operava in Cisgiordania aveva partecipato all’attentato contro un sindaco palestinese che perse le gambe. Con Haaretz — il giornale che rappresenta la sinistra moderata — i rapporti non sono stati mai stati buoni.

 

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Fino all’ultimo attacco lanciato da Segal davanti a una platea americana, è negli Stati Uniti per presentare il nuovo libro: «Il sito di Haaretz è la minaccia principale alla posizione di Israele nel mondo». Quella che considera «cattiva pubblicità» è in realtà il lavoro svolto in questi due anni di guerra per raccontare quello che stava succedendo a Gaza.

 

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A irritare Segal — e quindi anche il governo — sono pure le cronache dalla Cisgiordania che testimoniano le violenze crescenti dei coloni contro i palestinesi. Dalle sue parole è possibile ricostruire quale sarà la linea adottata da Netanyahu per la commissione che dovrà valutare le responsabilità politiche dietro ai massacri del 7 ottobre 2023, quella governativa nominata da lui e a lui favorevole: nessuna responsabilità del primo ministro in carica da sedici anni, da incolpare saranno i media «sinistrorsi» e il movimento pro democrazia che protestava contro il piano giustizia autocratico portato avanti da Bibi. […]

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