DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
Con sincera partecipazione e entusiasmo, scrive il professore di storia dell’arte, la classe ha contribuito alla visita studio all’Expo Milano 2015 nei giorni del 9 e 10 maggio. Tutto bene dunque, anche se nella notte tra il 9 e il 10 maggio un alunno di quella classe, Domenico Maurantonio, in circostanze ancora da chiarire, è morto precipitando dal quinto piano dell’hotel Da Vinci di Milano.
La frase del professor Luigi Boscardin, inclusa nel documento di 58 pagine di presentazione alla maturità della quinta E del liceo scientifico Nievo di Padova, è stata prima pubblicata sul sito della scuola e, dopo che il Corriere del Veneto ha sollevato il caso, rimossa.
E vogliamo essere benevoli, e considerare un’altra frase sfuggita al professore, quell’agghiacciante «la classe ha contribuito al buon esito» riferirsi al «viaggio di istruzione di 5 giorni a Vienna e a Mauthausen» di cui parla subito appresso e non «alla visita studio all’Expo», in cui è avvenuta la tragedia, di cui scrive dopo.
Ma anche così fosse, come si fa a scrivere una roba simile, parlando di «sincera partecipazione e entusiasmo» della classe e di «buon esito» di questa o quella gita scolastica - sempre concedendo il beneficio del dubbio al professore che non parlasse di quella all’Expo milanese - quando un ragazzo è morto nello stesso albergo in cui pernottavano i suoi compagni e gli inquirenti sospettano che alcuni di loro nascondano al verità?
Una tragedia simile avrebbe dovuto imporre pudore e silenzio, e invece da un lato abbiamo la preside del liceo, Maria Grazia Rubini, che dichiara che nella sua scuola viene accolta «la migliore borghesia di Padova» - chissà come immagina la peggiore, la signora preside - poi, ergendosi a giudice suprema, riferendosi ai compagni di Maurantonio, opina che «se hanno sbagliato, vanno compresi e perdonati».
gita scolastica tragedia hotel
Chissà come avranno preso queste parole i genitori di Domenico, gli unici moralmente legittimati, nel caso, a comprendere e a perdonare, e non lei, signora preside, che dovrebbe invece prima sottoporsi a un esame non di maturità, ma di coscienza, a proposito delle sue strategie educative nei confronti della «migliore borghesia» della città.
E poi cercare, nei limiti del suo ruolo, di far emerge la verità e di incrinare la sospettata, vergognosa omertà della classe che, compatta, continua a dire di non sapere nulla di nulla. Ma non pago di questa indebita protezione della preside, il consiglio di classe ha preparato questo testo, con i giudizi dei vari professori sulla classe, molti passaggi dei quali, letti alla luce della morte di Domenico Maurantonio, risultano a dir poco di pessimo gusto.
La professoressa di storia e filosofia si sofferma sulla «vivacità intellettuale e le discrete capacità logiche» dei ragazzi, e poi, un po’ contraddittoriamente, traccia il quadro di una normalissima classe di mediocri - alla faccia della «migliore borghesia» - che non hanno nessuna voglia di studiare ma confidano di recuperare all’ultimo.
«Si è anche evidenziata la necessità di richiamare alcuni alunni alla concentrazione e al rispetto delle regole», scrive ancora la prof di filosofia, e ci piacerebbe sapere a cosa si riferisce, esattamente: quali regole non venivano rispettate? Severo il giudizio della professoressa di latino, che parla di «atteggiamenti d’insofferenza» che sfociavano in «frequenti casi di scontro con gli alunni».
Certo, giudizi del genere sono pane quotidiano in qualunque liceo, ma insomma non stiamo parlando di una classe di angioletti, quali vogliono sembrare, e come li dipingeva il professore di storia dell’arte con i suoi attestati di sincera partecipazione e entusiasmo e buon esito delle gite scolastiche, nell’imbarazzante passo poi cancellato dal documento pubblicato sul sito dell’istituto.
Sulla base di questo imbarazzante infortunio, possiamo dire che una cosa è certa: qualunque sia la verità sulla morte del povero Domenico, non solo gli alunni, ma tutto il corpo insegnante della casse e i vertici dell’Istituto difficilmente saranno coloro che daranno la chiave per scoprirla.
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