DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
La cyber jihad e la controffensiva di Anonymous a Isis non sono più solo faccenda americana o mediorientale. Come anticipato da Corriere.it , domenica sulle bacheche seguite dagli utenti italiani di Twitter è spuntato un comunicato dei Lupi Solitari. «I fratelli» (anche chi non fa parte di alcun gruppo) vengono incitati «a mettere bombe e a uccidere gli infedeli». Sopra il testo, un logo di Isis.
Si tratta di uno dei primi scritti jihadisti in lingua italiana (seppure non correttissima). A postarlo in Rete è l’account @khelafa_media4 (che ora risulta irraggiungibile). Un altro profilo, @IsisTechnical, ripropone il testo. Ed è a quel punto che si arriva in Italia. Questo utente, sospeso o hackerato dagli stessi Anonymous lunedì, e ricomparso ieri come @Technicalsis, sembra conoscere molto bene l’italiano e l’arabo. Nella sua biografia si legge: «Non ci fermeremo fino alla conquista di Roma».
anonymous contro i terroristi di charlie hebdo
Come luogo, «lo stato romano». Qualcuno del collettivo di Anonymous Italia, già al lavoro per l’operazione partita dopo l’assalto di Charlie Hebdo condotta insieme agli hacktivist di tutto il mondo, se ne accorge e lo inserisce nelle liste di account da colpire e da tirare giù. Lui insulta e minaccia.
Un ragazzino? Forse. Oppure la sua attività di propaganda online potrebbe nascondere qualcosa di più. «Nelle ultime settimane in effetti stiamo assistendo ad un numero crescente di proclami jihadisti in italiano. E quest’ultimo comunicato è sicuramente scritto da qualcuno che conosce bene la nostra lingua», spiega Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo dell’Ispi. Attenzione, però, aggiunge: «Chi scrive non necessariamente è la stessa persona che poi diffonde in Rete».
In tanta incertezza, è ormai noto come i giovani inizino il loro processo di radicalizzazione proprio online. Si iscrivono alle pagine Facebook, guardano cosa fanno i «veterani». Se non conoscono l’arabo usano le applicazioni di traduzione. Poi, se ci sono le capacità informatiche, si dedicano alla cyber jihad . Si inizia con qualche deface (defacciamento) cambiando il codice dei siti. Si «buca» l’account di qualche nemico.
«Chi usa @Technicalsis non pare particolarmente pericoloso», spiega in chat al Corriere uno degli esponenti di Anonymous più esperti. «Stiamo verificando, non conosciamo ancora di preciso il suo ruolo, l’unica cosa certa è la nazionalità italiana», dichiara all’Agi un altro esponente del collettivo. Dunque, niente hackeraggi «spettacolari», come quello subito da Newsweek sul cui account Twitter sono comparse minacce a Michelle Obama e alle sue figlie «per un sanguinoso San Valentino».
Ma piuttosto primi passi che, in alcuni casi, sfociano nell’arruolamento e nella partenza per il Medio Oriente. E che in altri lasciano tracce solo nel mondo virtuale.
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