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UN PROCESSO GIA' SCRITTO? - GREENPEACE E' STATA CONDANNATA A PAGARE 667 MILIONI DI DOLLARI DI DANNI PER DIFFAMAZIONE ALL’AZIENDA PETROLIFERA "ENERGY TRANSFER" - MA IL LEGALE DELLA ORGANIZZAZIONE HA RIVELATO CHE 7 DEGLI 11 GIURATI SCELTI, HANNO LAVORATO O HANNO FAMILIARI CHE LAVORANO NEL SETTORE PETROLIFERO - GREENPEACE È ACCUSATA DI AVER ORCHESTRATO LE PROTESTE CONTRO LA COSTRUZIONE DELL'OLEODOTTO "DAKOTA ACCESS PIPELINE", VICINO ALLA RISERVA SIOUX DI STANDING ROCK...
Estratto dell'articolo di Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
GREENPEACE CONTRO IL DAKOTA ACCESS
Greenpeace dovrà pagare 667 milioni di dollari di danni per diffamazione all’azienda petrolifera Energy Transfer, che opera l’oleodotto «Dakota Access Pipeline». Lo ha deciso una giuria del North Dakota mercoledì scorso ed è un colpo durissimo per il gruppo ambientalista, che potrebbe costringerlo a chiudere il suo ramo negli Stati Uniti e potrebbe imbavagliare — dicono gli attivisti — future manifestazioni contro le trivellazioni di petrolio e gas promesse dall’amministrazione Trump.
Il tribunale di Mandan, […] ha esaminato il ruolo di Greenpeace nelle proteste che scoppiarono nel 2016 e 2017 intorno alla costruzione dell’oleodotto di 1.900 chilometri che doveva portare in Illinois il petrolio estratto nella parte occidentale di quello Stato. Le manifestazioni durarono mesi e portarono migliaia di persone sul luogo, a Cannon Ball, vicino alla Riserva Sioux di Standing Rock, formando una tendopoli di migliaia di tende, da un lato e dall’altro del fiume Missouri. La polizia era numerosa. Ogni tanto scoppiavano scontri.
GREENPEACE CONTRO IL DAKOTA ACCESS
L’azienda con sede a Dallas che gestisce l’oleodotto ha accusato Greenpeace di incitare le proteste, addestrare i manifestanti e arruolarne alcuni a pagamento, inviare lucchetti per incatenarsi ai materiali di costruzione, incoraggiare la violenza, danneggiare la reputazione di Energy Transfer, ritardando di cinque mesi la realizzazione dell’oleodotto.
Greenpeace, che presenterà ricorso in appello, afferma di aver svolto un ruolo ridotto nelle manifestazioni guidate delle tribù native americane. […] L’opposizione all’oleodotto era legata al timore che un incidente o una perdita nel suo passaggio sotto il fiume Missouri possa contaminare l’acqua potabile, la flora e la fauna e danneggiare i siti sacri di sepoltura dei popoli Lakota e Dakota, due sottogruppi dei Sioux. Ai nativi americani a Standing Rock si affiancarono ambientalisti, veterani dell’esercito, star del cinema, candidati alle elezioni presidenziali: all’apice delle proteste, nell’autunno del 2017, almeno 10.000 persone erano accampate nella riserva.
GREENPEACE CONTRO IL DAKOTA ACCESS
Greenpeace afferma di averli appoggiati, come fecero altri gruppi ambientalisti, comprando materiali per permettere alla tendopoli di affrontare l’inverno, pagando i viaggi a esperti di protesta non-violenta nativi americani perché insegnassero le tecniche ai manifestanti e si evitassero gli scontri. Diversi gruppi ambientalisti affermano che l’intera causa è una tattica di intimidazione nei loro confronti, per scoraggiare future proteste contro nuove trivellazioni.
GREENPEACE CONTRO IL DAKOTA ACCESS
[…] Nel processo la società ha denunciato una «campagna vasta e maligna di pubblicità negativa» che ha reso più difficile ottenere i prestiti bancari per finanziare il gasdotto. Alla fine, dopo mesi di manifestazioni e oltre 750 arresti, la costruzione del Dakota Access Pipeline fu completata e l’oleodotto diventò operativo. […]
GREENPEACE CONTRO IL DAKOTA ACCESS
I legali di Greenpeace avevano cercato di spostare altrove il caso, affermando che non avrebbero potuto avere un processo equo in quella contea poiché mesi di manifestazioni avevano in effetti disturbato la vita in quella comunità rurale e perché diverse persone nella zona sono impiegate nell’industria petrolifera. Un avvocato ambientalista, Scott Wilson Badenoch, che si è recato a Mandan per assistere al processo, ha detto al Washington Post , che 7 degli 11 giurati scelti per il caso hanno lavorato o hanno familiari che lavorano nel settore petrolifero.
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