RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Sandra Maischberger per la tv tedesca “Ard” – pubblicato da “La Stampa”
Sandra Maischberger intervista greta thunberg
Se le centrali nucleari «sono già in funzione, credo che sarebbe un errore chiuderle e focalizzarsi sul carbone» ma rispetto al futuro «dipende da cosa succederà». A parlare è Greta Thunberg, intervistata a Stoccolma sui grandi temi della crisi energetica in combinazione con la crisi climatica da una delle star del giornalismo tedesco della tv pubblica, Sandra Maischberger, in onda ieri sera su Ard.
In questo momento l'Europa parla di guerra. È preoccupata che la questione del clima passi in secondo piano, anche se le emissioni stanno salendo alle stelle a causa della guerra? Quale sarà l'impatto del conflitto?
«Ogni guerra è un disastro a vari livelli. Ma dobbiamo essere in grado di affrontare diverse cose allo stesso tempo. Anche per creare correlazioni tra loro. È qui che abbiamo fallito in passato. Dopo la pandemia, molti hanno pensato: ora la questione del clima verrà alla ribalta. Ma non è successo. E questo dimostra che non siamo in grado di concentrarci su più di una cosa. Molti ora sembrano già aver dimenticato la guerra e guardano alla crisi energetica».
Siamo in crisi energetica perché siamo molto dipendenti dal gas e dal petrolio russo. Il governo tedesco ha deciso di mantenere in funzione le centrali a carbone per abbassare i prezzi dell'energia. Cosa ne pensa?
«Questo è inevitabile che accada quando si dipende da combustibili fossili di regimi autoritari. Ma ci son altre strade da percorrere, con le energie rinnovabili, per esempio.
Se continuiamo a investire nell'energia fossile, le nostre società dovranno fare i conti in futuro con temperature troppo elevate perché le società possano adattarsi o con gravi perdite di beni».
Al momento la gente guarda alle bollette. Il governo sta cercando di proteggere i suoi cittadini. Comprende la necessità di queste misure?
«Certo. In casi come questo le persone badano a se stesse e cercano di tirare avanti giorno per giorno. Ma è solo un altro sintomo della crisi. Ci siamo resi dipendenti e abbiamo creato una società in cui non siamo in grado di guardare al futuro per più di un anno. Non è sostenibile».
greta thunberg person of the year sul time
Attualmente in Germania stiamo discutendo se sia meglio tenere in funzione più a lungo le centrali nucleari invece di quelle a carbone. Cosa ne pensa?
«Personalmente, penso che sia una cattiva idea affidarsi al carbone finché le altre sono ancora in piedi. Ma naturalmente si tratta di un dibattito molto acceso».
Ma per il clima: le centrali nucleari sarebbero la scelta migliore, almeno per ora?
«Dipende! Se sono già in funzione, credo che sarebbe un errore spegnerle e focalizzarsi sul carbone».
E dopo? Chiuderle o meno?
«Dipende da cosa succederà».
Una volta finita questa guerra, potrebbe essere l'occasione perché la gente capisca che il risparmio energetico è importante e che investire nelle energie rinnovabili è molto più che una semplice questione climatica?
«Sicuramente. La mancanza di energia rinnovabile è considerevole e ci fa sentire quanto siamo vulnerabili e quanto dipendiamo dalle energie fossili e dagli idrocarburi russi. So che in Germania si parla di risparmio energetico. Ma qui in Svezia è assolutamente proibito parlarne. Perché la gente dice cose tipo: "Oh no, questo è comunismo!". È assurdo. In Svezia non c'è un solo politico che dica che dovremmo consumare meno energia. Anche se gli studi dimostrano che con il consumo diminuirebbe anche il prezzo».
Hanno accusato la Germania di essere uno dei grandi cattivi del clima. Quando i Verdi sono arrivati al potere nel Paese, pensava che sarebbe cambiato qualcosa?
«Onestamente, non proprio!». (Ride) Perché?
«In Svezia i verdi hanno fatto parte del governo per molto tempo. E siamo ancora uno dei campioni mondiali di green-washing. Naturalmente alcuni partiti sono meno cattivi di altri. E naturalmente è bene che molte persone sostengano questi partiti.
Ma più ci illudiamo di poter risolvere l'emergenza climatica all'interno del sistema esistente senza trattarla come una vera e propria crisi, più tempo perderemo. Senza pressioni dall'esterno, non ci saranno cambiamenti significativi».
Negli ultimi quattro anni ha cercato di sensibilizzare le persone sul cambiamento climatico, ma le emissioni continuano a crescere. Anche quest' anno abbiamo assistito a siccità e inondazioni estreme. Un terzo del Pakistan è stato inondato. Le capita di pensare che non abbia più senso dare l'allarme?
«No, assolutamente no. La crisi climatica ci costringe a cambiare il nostro comportamento. Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale e questo non avviene da un giorno all'altro, né in un anno o in quattro anni. Purtroppo non abbiamo il tempo di fare tutto passo dopo passo.
Ma dobbiamo farlo! È troppo facile dire che il movimento per il clima ha fallito. La verità è che qualcosa sta accadendo. Dalla nostra parte ci sono sempre più persone, la scienza, le verità e la moralità . È solo che non accade abbastanza velocemente».
Lei ha parlato con i politici di tutto il mondo. Ne ha incontrato uno che le abbia dato la sensazione: questa è una persona che capisce di cosa sto parlando ed è pronta ad agire di conseguenza?
«I politici possono dire di comprendere il problema, e a volte può essere vero. Ma non ne ho ancora incontrato uno che parli e agisca davvero in base a un bisogno. Mi rendo conto che come individuo è molto difficile cambiare le cose dall'interno ed è per questo che può essere più efficace alzarsi dall'esterno e dire: "Così non funziona, non voglio farne parte". Questo attira più attenzione, crea un movimento d'opinione e consapevolezza».
Ha lanciato l'allarme, ma il suo ultimo libro parla anche di soluzioni. Cosa devono fare gli Stati quando riconoscono la crisi climatica come tale?
«Molte cose. Naturalmente, non esiste una panacea che risolva tutto in una volta. Il libro contiene proposte concrete. Ma la prima cosa che dobbiamo fare è riconoscere che siamo in una situazione difficile. Perché questo è il prerequisito per analizzare correttamente la situazione e trovare una soluzione. Dobbiamo renderci conto che siamo in una situazione di emergenza. Tutto il resto è inutile. E non ci siamo ancora arrivati».
Perché i governanti non sono in grado di cambiare la situazione? Il suo libro parla di politici che pensano solo alle prossime elezioni.
«In molti casi pensano solo alle notizie della sera o ai titoli dei giornali del giorno dopo. Dopo tutto, non è più solo un'opinione che non possiamo risolvere la crisi climatica con il nostro sistema attuale.
Secondo il rapporto delle Nazioni Unite sul divario di emissioni, entro il 2030 utilizzeremo il doppio dell'energia fossile che sarebbe compatibile con l'obiettivo di 1,5 gradi. Ciò significa che se vogliamo rimanere al di sotto di questo valore - e siamo già a 1,2 gradi e la gente sta morendo - dobbiamo sospendere i progetti economici e annullare gli accordi esistenti.
E questo oggi non è possibile né politicamente né economicamente».
Ci sono anche altri interessi: l'economia deve funzionare, la gente ha bisogno di lavoro. Per raggiungere gli obiettivi da lei descritti, gli Stati dovrebbero ridurre la produttività.
«Nel nostro sistema, sarebbe catastrofico».
E la soluzione?
«Bella domanda! Vorrei che qualcuno la avesse».
La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che è possibile adottare misure che limitano le libertà individuali. E la gente le ha accettate, nonostante alcune proteste. Perché questo funziona per la salute e non per il clima?
«Il problema del clima è anche un problema di salute. Dobbiamo solo guardare all'intero quadro. Molte persone mi hanno chiesto: "Non ti ha frustrato il fatto che ci sia stata una reazione al covid e che nessuno sembra essere interessato al clima?". Certo che no! Dimostra che siamo in grado di trattare un'emergenza come tale. Ma la crisi climatica non è mai stata trattata come una vera emergenza. Direi che sono stati i media a decidere di trattare il covid come una crisi immanente e poi la gente ha reagito».
Sicura che non siano stati i politici a decidere di dover reagire perché le persone morivano?
«Se i governanti non avessero avuto il sostegno dei media, cioè se i media avessero reagito come hanno fatto con la crisi climatica, loro non si sarebbero comportati come hanno fatto. Alle persone è stato detto come cambiare il loro comportamento. È stato riportato 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Conferenze stampa quotidiane per comunicare un'emergenza acuta. Senza questo resoconto costante, molte cose non sarebbero state possibili».
Parlando di comportamenti, fa differenza se ad esempio smetto di mangiare carne, di volare e di guidare un suv? Ogni persona deve cambiare?
«Fa la differenza perché segnala alle persone intorno a noi che esiste una crisi. E in questo caso, il comportamento cambia. E poi, naturalmente, riduce l'impronta ecologica. Ma è soprattutto una forma di attivismo».
Dovremmo tutti diventare attivisti?
«Sì! Abbiamo bisogno di miliardi di attivisti per il clima!».
Lei è pessimista o ottimista sul risultato?
«Sono realista. Se facciamo le cose necessarie, possiamo evitare una catastrofe. In caso contrario, ne subiremo le conseguenze. Sta a noi».
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(a cura di Uski Audino)
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