DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Massimiliano Nerozzi per “la Stampa”
SCONTRI TRA ULTRA DEL NAPOLI E DEL LEGIA VARSAVIA
Funziona così: tutti sanno e (quasi) nessuno dice. Ci sono club di serie A, ultrà, carabinieri e poliziotti: sembra una barzelletta, ma non fa ridere. Ci sono biglietti e favori, minacce e accordi: un romanzo sportivo, un po' troppo spesso illegale, a volte criminale. Molto italiano, insomma. L' incipit sonnecchia nell'afa d' inizio agosto, quando un ex dirigente juventino confessa: davamo biglietti agli ultrà, pagati ma comunque in modo illegittimo, per avere uno stadio sicuro.
Se può capitare nella società meglio organizzata d' Italia, figurarsi altrove. Difatti: «E' una cosa abbastanza generalizzata, anche se stiamo migliorando, piano piano», confida un funzionario di Polizia, che da vent' anni si occupa di tifosi, stadi e violenza. Tra le tribù del tifo organizzato, i dirigenti di calcio, le forze dell' ordine nessuno fa una piega: «Lo sanno tutti». Soprattutto, in certi casi, diffidate anche della pace: avverte Luca Di Bartolomei, responsabile Sport del Pd: «Quando non ci sono guerre, gli affari vanno meglio».
Vale anche per quel che c' è attorno alle partite di pallone.
COSÌ FAN (QUASI) TUTTI
Questa storia, cominciata in ogni posto, decenni fa, finisce nero su bianco sui fogli della Procura di Torino: «Il compromesso è questo: per garantire una partita sicura, cedevo quanto ai biglietti, sapendo bene che facevano business», mette a verbale come persona informata sui fatti l' ex direttore commerciale bianconero Francesco Calvo. «Ho ritenuto che una mediazione con il tifo organizzato fosse comunque una soluzione buona per tutti».
I tagliandi erano pagati, ma non va bene lo stesso: «Si permetteva ai tifosi di comprare biglietti in quantità superiore a quella consentita dalle norme, quattro a persona». Detto che dal 2011 la Juve ha lo stadio più sicuro del campionato, e da questa stagione pure i metal detector ai varchi della curva sud, territorio ultrà, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Nel cortile del calcio italiano, non s' è mosso un sasso: al massimo, qualche parola prudente, dichiarazioni meno che mai.
Almeno ci prova Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A: «Sappiamo che in questi anni ci sono state pressioni forti di ultrà su alcune società, che sono parte lesa». Sul caso specifico si astiene, («non conosco l' indagine», ma sa che la minaccia è generalizzata: «Siamo consci che serve un livello di attenzione alto, e nessuno può sentirsi al sicuro. Anche per questo abbiamo spinto per introdurre lo Slo, e per dargli competenze».
Il Supporter Liaison Officer, il sostenitore ufficiale di collegamento, tra club e gruppi organizzati, che in Europa funziona e qui non sempre, o non ancora del tutto. Diciamo che la pratica di riservare una corsia preferenziale per i biglietti ai gruppi ultrà è una consuetudine che vige praticamente ovunque: Milano, Bergamo, Verona, Genova, Napoli.
ULTRA DANNEGGIANO LO STADIO DEL VARESE
Anche se le società negano («da noi tutto regolare») o, nel dubbio, scaricano tutto sul rapporto tra biglietterie licenziatarie e tifosi. Chi, da anni, si confronta e documenta con polizia, carabinieri e magistratura, ha pochi dubbi: «E' unico l' episodio della Juve? - dice ancora Di Bartolomei -. Direi proprio di no: che società di calcio e gruppi ultrà abbiano rapporti in cui i club conoscono e tollerano alcuni comportamenti, mi pare evidente. E in alcuni casi è stato anche accertato dalla magistratura».
La prova di connivenza tra diverse società e gruppi ultrà è al Ministero dell' Interno da almeno due anni: le «Squadre Tifoserie» della Digos, di diverse questure, non di rado hanno trovato i biglietti di cortesia in mano agli ultrà. Si tratta di duecento tagliandi che la società ospitante dà all' altra squadra, per dirigenti e parenti di giocatori. E a volte agli ultrà sono stati sequestrati tutti e duecento i biglietti. Cose segnalate in più di un' informativa. Morale: «Abbiamo la sensazione che non tutti i club abbiamo tagliato le connivenze con gli ultrà», racconta ancora l' investigatore. Lo sanno tutti, appunto.
GLI ULTRAS DEVASTANO LO STADIO DEL VARESE
Giovanni Adami, avvocato, intraprendente e storico difensore di molti ultrà: «E' accaduto solo alla Juve? Una domanda da un milione di dollari. Potrei dire che succede anche altrove, ma che le finalità possono essere diverse. La verità è questo tipo di compromesso è conveniente, per tutti: gli uni hanno bisogno degli altri». Non tutto quello che è illegale è criminale. Ma andrebbe evitato.
PATTI E AFFARI
Il sospetto però è di essere di fronte a un patto, che è già più di un compromesso: non è solo tattica, per l' episodio, la partita, l' emergenza, ma rischia di diventare strategia permanente. Del resto, qualche anno fa, la stessa Procura di Milano ne formalizzò l' esistenza, di questa collaborazione tra club, polizia e ultrà, chiedendo l' archiviazione sul lancio di fumogeni che interruppe il derby di Champions dell' aprile 2005: «È evidente come questa intesa possa suscitare qualche perplessità sotto il profilo etico e della eventuale prospettiva investigativa, ma la gestione dell' ordine pubblico in situazioni di particolare complessità comporta una visione ampia e flessibile del problema».
Come dire: non si dovrebbe fare, ma in alcuni casi è meglio. Parliamo pur sempre dello Stato da una parte e di gruppi di persone che sanno essere sportivi e passionali, ma pure violenti e disonesti. Invece, fila proprio così: «Le società - continua Di Bartolomei - sopportano perché non gli si rompano le scatole. Ed è un rapporto, quello tra club e ultrà, tra soggetti che si conservano nelle loro posizioni. Ormai la presenza di gruppi criminali all' interno degli ultrà è tollerata dallo Stato: a mezza bocca, lo è anche da alcune società». Per molti ultrà è davvero una questione di cuore e istinto, massacranti trasferte in pullman e cori sotto la pioggia, ma per alcuni è una faccenda di quattrini.
Tanti. «I capi tifoseria - racconta ancora il funzionario di Polizia - hanno un potere enorme: ricattano le società che, a volte, forniscono loro biglietti sottocosto o in omaggio. Un giro d' affari che per una curva può essere nell' ordine di milioni di euro». Intercettazione da film, nell' ambito di un' inchiesta a Napoli, tra un ultrà e il suo capo: «A Bon Bon, noi viviamo sui biglietti, noi viviamo di Napoli calcio». Secondo le relazioni dei carabinieri di Torino, il «bagarinaggio» degli ultrà attorno allo Juventus Stadium fruttava tra i 13.500 e i 15.000 euro a partita.
«Tagliandi comprati a prezzo di emissione, oppure omaggio - scrivono i militari - che venivano poi rivenduti con sovrapprezzoo dai 100 ai 200 euro ciascuno». Con importi minori, mica succede solo in serie A. Una volta cinque ultrà della Pistoiese, colpiti da daspo, furono fermati dagli agenti della Digos in possesso di biglietti omaggio: e quelli non si vendono in tabaccheria.
Due anni fa, un' informativa della Polizia alla Procura di Napoli segnalava che il Napoli aveva consegnato centinaia di biglietti nonostante il parere contrario delle forze dell' ordine. Smentita della società: «Mai regalati biglietti agli ultrà». Non è questione solo, o tanto, di regali, ma pure si semplici agevolazioni, favori, quella zona grigia dove si coltiva la connivenza. Come scoprì la Digos di Bergamo, ai tempi della protesta degli ultrà nerazzurri, per prendersi i pochi biglietti di curva: perché chi fa l' abbonamento, è obbligato a sottoscrivere pure la tessera del tifoso, ovvero, maggiori controlli. Per un ultrà duro e puro, è l' aglio del vampiro.
Due ricevitorie vendettero i tagliandi il giorno prima della data prevista: casualmente alla lista di nomi compilata dalla curva. Il legale dell' Atalanta se la cavò con il tiki-taka: «Il problema è di chi ha gestito la vendita telematica». Dopo la tessera del tifoso, la fidelity card, la membership potrebbe esserci la prelazione per gli ultrà. Solo che, al momento, non è legale.
Riflette ancora Adami, l' avvocato dei tifosi: «Certo che si potrebbe fare, perché non parliamo di forme di agevolazione, di biglietti regalati, ma pagati. Non capisco perché tenere dei biglietti per gli ultrà, tifosi che seguono la squadra ovunque e comunque, non possa essere una cosa logica e fattibile». E invece?
: «La verità è che il fine ultimo è quello di eliminare completamente gli ultrà dallo stadio. Altra ragione non c' è».
MINACCE E STEWARD
Se il compromesso non si trova, o salta, ci sono pur sempre gli spintoni e le minacce. Anche ai dirigenti, come racconta Pierpaolo Marino, che ha attraversato da protagonista 40 anni di calcio: «Ho sempre avuto buoni rapporti con i tifosi, ma una volta, ai tempi del Napoli, a un mio collaboratore arrivò una brutta chiamata, per dei biglietti. Ma il telefono erano intercettato e alla fine arrestarono 3 persone».
Il romanzo si fa criminale. Come a Roma, dove le forze dell' ordine hanno ripreso il controllo della curva: «Due anni fa - racconta un investigatore - era impensabile che qualsiasi rappresentante delle istituzioni mettesse piede in curva. Ma siamo matti?» Però, nel frattempo, è cambiata la sceneggiatura del tifo, e le logiche nei gruppi ultrà: «Prima c' era violenza che si alimentava con l' illegalità. Ora c' è illegalità che ogni tanto fa emergere episodi di violenza». Dove c' è pace, ci sono affari.
Da Torino a Napoli, con stratagemmi, si arriva ad affittare gli abbonamenti di curva, e tanti saluti al biglietto nominale. Tra il dire e il fare ci sono di mezzo gli steward: alcuni, compiacenti, come hanno provato diverse indagini, la maggior parte costretti. «Ai cancelli della curva sud - dice uno di loro, in servizio a Bergamo - succede praticamente di tutto. Persone che entrano in tre con un solo biglietto, gente che porta dentro qualsiasi cosa». Guai a controllare: «Se solo ci provo, rischio di essere malmenato». Più di una volta è successa la stessa cosa a Torino, Verona, Milano, Napoli. Modello unico: gruppi di ultrà arrivano al tornello e riescono a forzare i controlli degli steward, insultati e spintonati. La nominalità del biglietto è una formalità.
Capita s' infili dentro anche gente con il daspo: «Diffidati sempre presenti», non è solo un modo di dire. Specie quando la partita sta per iniziare e i tifosi s' affollano ai cancelli: da Bologna a Verona, da Napoli a Milano, nei big-match spesso i controlli si allentano, per evitare problemi di ordine pubblico fuori. Peggio di Schengen. Vengono in mente le parole dell' ex dirigente juventino, sul compromesso: «Non ho avuto il coraggio di trovare altre soluzioni per fronteggiare tifosi di quel genere». Andrebbe trovarlo.
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