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Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
GRILLO DI MAIO E DI BATTISTA A GIULIANOVA
La crisi attorno alla Raggi illumina in controluce quanto si stanno modificando in questo momento i rapporti di forza tra i due personaggi più dotati, ma assai diversi, del Movimento: Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Rivali ma costretti a convivere, legati ma quasi opposti, istituzionale uno, movimentista l'altro, avevano fino all' altro ieri un patto abbastanza solido, nato nella consapevolezza paradossale che simul stabunt simul cadent, e nella coscienza che ognuno sa tantissime cose dell' altro, quindi potrebbero farsi molto male a vicenda, se solo aprissero lo scrigno.
Ora però gli equilibri sono mutati. «Per la prima volta - ci dice una fonte molto importante - Alessandro (Di Battista, nda) è davvero in corsa anche lui, non solo Luigi, per diventare il candidato premier del Movimento».
Non significa che lo sarà, sia chiaro; ma non era mai stato così forte prima. C' è già stata una prima occasione in cui Di Battista fece valere una strategia diversa da di Di Maio: il vicepresidente della Camera si era apparecchiato la visita in Israele, Di Battista ottenne di far emergere potentemente l' anima filo-palestinese del Movimento proprio su Gaza, utilizzando Manlio Di Stefano; risultato: l' accreditamento del gemello-rivale fallì. Fu un caso? E se Di Battista avesse invece un piano?
Di certo, ora, dalla crisi-Raggi Di Maio esce scornato: si è alienato la fiducia di tanti grand commis e del "suo" Minenna (mandandolo allo sbaraglio contro Marra, poi non coprendolo, infine ricevendone giudizi durissimi), e ha dovuto esporsi in dichiarazioni sdrucciolevoli tipo «le lobby contro di noi». Di Battista invece se n' è rimasto fino a ieri pomeriggio beatamente silente, un segno di forza interno, il non aver bisogno di dire nulla, l' osservare la situazione dall' alto della collina; ha continuato sereno il suo tour per il no alla riforma Boschi.
Qui siamo in grado di documentare la sua ascesa attraverso tre passaggi. Il ruolo di Beppe Grillo, innanzitutto. Il fondatore del Movimento è un istintivo, non fa progetti politici, certo non ha mai calcolato nel Movimento un tornaconto (che non fosse quello, narcisistico, di dire «guardate cosa ho creato»). Da qualche tempo ha preso a manifestare insofferenza per l' entrismo istituzionale di Di Maio, i suoi incontri con i lobbisti, la smania di chiedere appuntamenti coi potenti. Grillo parla, e esprime giudizi a volte anche molto coloriti, su chi a un certo punto non lo convince o non lo entusiasma o lo ha seccato.
Così come esprime giudizi positivi altrettanto di pancia, e in questo momento non fa che elogiare Di Battista, è arrivato a dire che un po' si rivede in lui. Se dovessimo riassumere questa estate in due fotografie, agosto gli riconsegna un Di Maio a tavola coi lobbisti e invece un Di Battista trionfante in scooter nelle proteste di piazza. Inutile dire quanto questo piaccia a Grillo, e anche a quei cinque stelle che pensano (non sempre in buonafede) sia possibile mascherare la trasformazione istituzional-romana del Movimento dietro qualche posa rivoluzionaria a buon mercato e alcuni ottimi comizi.
DI MAIO E DI BATTISTA SERVONO LE PIZZE
Il secondo passaggio incrocia la crisi attorno a Virginia Raggi. Grillo, non giriamoci attorno, è insofferente ormai della Raggi. L' incontro tra i due fu «una scazzottata», di fatto. Lui la considera molto inesperta (forse ha usato un altro termine, scusateci, ma il senso è questo), e ritiene che si circondi di persone non buone (chiaro il riferimento al network-Alemanno, a Marra, ma pensa anche ad altri, Beppe?).
Carla Ruocco, che nel Movimento è considerata da tutti una specie di portavoce informale di Grillo, ormai digerisce a fatica la Raggi e ne parla non bene (eufemismo); insomma, nel Movimento c' è l' automatismo che quando Ruocco si espone così, in molti parlamentari pensano abbia appena messo giù il telefono con Grillo.
Vera o falsa che sia, questa è la sensazione che hanno.
di maio di battista funerali di gianroberto casaleggio 8
Il terzo passaggio riguarda quello che ci dicono due senatori di peso. «Se si votasse in questo momento sul blog per scegliere il candidato premier, Di Battista vincerebbe a mani basse. E vincerebbe anche in una consultazione tra i parlamentari. Si è mosso con molta abilità, più signorilità nei rapporti, pestando meno piedi».
Al netto delle sue idee caoticamente protestatarie, Di Battista è uno che sa far sentire al centro del mondo l' interlocutore del momento. È caldo. Non esattamente una caratteristica emotiva del suo gemello-rivale ghiacciolo. Sebbene siano entrambi calcolatori.
Naturalmente, non significa che Di Battista sarà il candidato premier del Movimento, perché Di Maio cercherà un accordo con lui per evitare un voto, e peraltro Di Battista potrebbe concederglielo, cioè essere proprio lui a sfilarsi. Ma da un rapporto di forza ribaltato, che fa di questo bizzarro Che Guevara romanesco (ma in scooterone e coi Ray-ban, simbolo di destre anni settanta) l' uomo che può mascherare al popolo la trasformazione del Movimento in una pura enclave di potere.
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