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Paolo Baroni per "La Stampa"
Gli automobilisti, anche i più distratti, che ieri hanno percorso l'Autostrada dei Parchi (A24) o la Piacenza-Brescia se ne sono certamente accorti: arrivati al casello è stato un salasso. Le tariffe delle autostrade sono di nuovo schizzate all'insù con rincari, in questi due casi dell'8% e anche più. A livello nazionale l'asticella si ferma a +3,9, ma su molte tratte importanti, soprattutto al Nord, si arriva anche al 5%. In tempi di crisi sono rincari che tutti vorrebbero evitare.
Ma questi sono solo gli ultimi aumenti che porta il nuovo anno. Se il canone Rai e le Poste restano ferme al palo, costano di più l'energia elettrica (+0,7%) e, per effetto di una manovrina Iva, pure caffè, bibite e snack distribuiti dalle macchinette automatiche, con rialzi di 5-10 centesimi «al pezzo». Sempre da ieri è scattato pure un aumento delle accise sui carburanti (già rincarati nei giorni scorsi per colpa del supereuro) allo scopo di finanziare il cinema: +0,4 centesimi ogni litro.
A conti fatti, stimano le associazioni dei consumatori, il cumulo dei rincari sulle tariffe e le loro ricadute a cascata su trasporti, servizi e il commercio, a fine anno dovrebbe sfiorare la considerevole cifra di 1400 euro. In pratica l'equivalente di uno stipendio medio di molti italiani.
Molti aumenti sono il risultato di una serie di micro-norme inserite negli ultimi mesi nella legge di stabilità e nei decreti mille proroghe. Aumentano così le accise sulle sigarette, più 0,7%, e gli investimenti (col bollo sui conti titoli e sui conti deposito che passa dall'1,5% al 2 per mille).
Poi c'è il rincaro dei contributi Inps destinati al fondo di solidarietà che finanzia la cassa integrazione: le imprese con più di 15 dipendenti non incluse nella legge sulla cig devono versare uno 0,5% delle retribuzioni, per due terzi a carico del datore di lavoro e per un terzo pagato dal dipendente. E non parliamo delle tasse sulla casa che, come è noto, se non ci saranno correzioni urgenti rischiamo di produrre nuovi salassi già dai prossimi mesi.
La stangata stagionale sulle autostrade, però, è quella che fa più discutere. Il governo, col ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi mette le mani avanti spiegando di essere riuscito «a contenere gli aumenti grazie a un'azione di calmieraggio, svolta dal ministero». Basti pensare che in alcuni casi i gestori avevano chiesto aumenti che arrivavano al 18%. Risultato finale: +3,9% medio contro il 4,8% richiesto inizialmente dalle società .
Quanto basta per suscitare le critiche di Forza Italia (Gasparri: «il governo si piega ai padroni delle strade»), ma soprattutto per scatenare la protesta degli autotrasportatori, certamente la categoria più colpita. Il presidente della Fita-Cna, Cinzia Franchini, ha scritto al presidente del Consiglio Enrico Letta segnalando che di questo passo «certamente non ci si potrà poi lamentare se i forconi del 9 dicembre scorso saranno nuovamente inforcati».
Che il meccanismo che porta a fissare le tariffe dei pedaggi non funzioni non lo si copre adesso: sono anni che puntualmente ogni primo gennaio si riapre lo scontro su rincari che spesso non trovano riscontro nell'effettivo miglioramento dei servizi. L'idea di Lupi, ora, è quella di ridiscutere tutta la procedura.
Spiega il ministro: «Abbiamo già previsto incontri con Aiscat, l'associazione delle concessionarie, con cui avviare un dialogo per verificare strade nuove e consensuali rispetto agli attuali automatismi di adeguamento delle tariffe». Intanto però si paga, e chi non ha avuto gli aumenti richiesti probabilmente passerà all'incasso a fine giugno. Come è successo l'anno passato.
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