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Valerio Cattano per il “Fatto quotidiano”
Condannato a 18 anni di carcere. Rapina a mano armata? Omicidio? Reati inerenti al terrorismo? Niente affatto: pubblicazione – per vendetta da parte di ex fidanzati – di foto di donne. Foto senza veli, circa 10 mila, che dovevano restare private. È questa la colpa di Kevin Bollaert , 28 anni, di San Diego, e non è cosa da poco, perché negli Stati Uniti i reati sessuali e di stalking, così come i ricatti sessuali sono roba seria e si rischia una detenzione che in Italia la becchi (forse) solo se ammazzi qualcuno.
Bollaert, arrestato nel mese di febbraio, era gestore del sito ugotposted.com che aveva lanciato nel dicembre 2012: sullo spazio web era possibile pubblicare foto di ragazze senza veli, senza il loro permesso. Una specie di vendetta da parte degli ex fidanzati o mariti respinti.
Nello stesso tempo, Bollaert aveva aperto un secondo sito, changemyreputation.com , che dietro il pagamento di cifre che raggiungevano i 350 euro, prometteva di rimuovere le foto imbarazzanti esposte senza ritegno. Secondo l’accusa, accogliendo le richieste di rimozione delle foto dietro pagamento, Bollaert aveva guadagnato 30 mila dollari. La difesa del giovane californiano ha obiettato che il suo cliente non ha fatto altro che copiare siti di porno revenge, già esistenti.
IL SITO DI PORNO REVENGE UGOTPOSTED
Questa interpretazione non è stata accolta: al contrario di quei siti dove vengono pubblicate foto di ex fidanzate in lingerie senza però alcun elemento per identificarle, nel sito di Bollaert accanto alle immagini c’erano nomi e cognomi, con l’opzione del profilo facebook e persino del numero di telefono. Insomma, una vendetta porno che non lasciava scampo alla vittima.
Le conseguenze delle pubblicazioni sono state pesanti: molte donne, fra cui insegnanti e professioniste, hanno perso il lavoro, hanno avuto compromessi i rapporti sociali, ed in un caso c’è stato persino un tentato suicidio.
IL SITO DI PORNO REVENGE UGOTPOSTED
Le testimonianze di alcune vittime hanno avuto il loro peso: una ragazza ha raccontato come la sua stessa famiglia l’aveva ostracizzata, sostenendo di aver portato la vergogna in casa; in un altro caso una donna puntando il dito verso l’accusato ha detto: “Ho difficoltà a riconoscere il signor Bollaert come essere umano, da parte mia, non riesco a lasciarmi dietro la devastazione” che la pubblicazione delle foto aveva portato nella sua vita. Il procuratore Kamala Harris ha ricordato che si tratta della prima sentenza negli Stati Uniti che punisce questo tipo di attività.
Inutile il tentativo dei genitori di Bollaert di chiedere clemenza: “Nostro figlio è pentito di quel che ha fatto” hanno detto in tribunale. Ora sul web, al posto di quelle delle sue vittime, c’è la foto di Kevin Bollaert, che in lacrime ascolta la sentenza.
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