DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Estratto da “Whatever It Takes” – la newsletter di Federico Fubini per www.corriere.it
[…] Nell’establishment di Kiev i sentimenti verso Biden sono profondamente ambivalenti, il risentimento è appena sotto la superficie. Il presidente è accusato di non aver avuto coraggio, di aver concesso armi sempre troppo tardi e in misura insufficiente: giusto quanto bastava per evitare la capitolazione, mai quanto serviva per respingere davvero il nemico.
«Quando chiedevamo gli Himars a Washington nel marzo del 2022 ci guardavano come pazzi», mi ha detto una persona vicina al presidente. «Quando a giugno di quell’anno siamo tornati a Washington e hanno deciso di darceli, noi ne chiedevamo 40 e stavano valutando di darcene quattro» (gli Himars, lanciarazzi multipli, quell’estate poi saranno meno di venti ma diventeranno fondamentali nella controffensiva ucraina di settembre).
L’approccio gradualista di Biden è stato dettato dal timore di una escalation con Mosca, viste anche le continue minacce nucleari. Ha permesso all’Ucraina di resistere, ma ha portato un dissanguamento continuo e ora a un lento ma costante arretrare del fronte a Nord-Est.
Il numero dei caduti in guerra è un segreto militare. Ma ho parlato con le figure di vertice di alcune grandi imprese e mi dicono di avere circa 50 morti ogni mille dipendenti reclutati nell’esercito. Uno su venti perde la vita. Con un milione di uomini nelle forze armate, i caduti sarebbero 50-60 mila. Lo confermano anche altre fonti militari.
Sono circa la metà dei 120 mila caduti fra i russi, dove gli ufficiali mandano gli uomini nel tritacarne senza scrupoli e la probabilità di morte in Ucraina sembra essere una su dieci. Ma la popolazione è quasi quattro volte quella dell’Ucraina ed è meno vicina al limite estremo di sopportabilità. Non a caso in questi giorni mi è successo spesso di incrociare per le strade di Kiev veterani della Colombia, che l’esercito ha iniziato a reclutare per tremila dollari al mese.
«Siamo bloccati – mi ha detto una personalità ucraina –. Con Biden non succederà niente, con Kamala neanche. Con Trump forse andrà peggio, ma forse andrà meglio. Dobbiamo trovare il tempo di rendere questa battaglia meno intensa e recuperare le forze».
joe biden e volodymyr zelensky a kiev 1
Anche Tymofiy Mylovanov, ministro dell’Economia all’inizio della presidenza Zelensky, dice delle elezioni americane quello che molti altri ammettono solo a taccuini chiusi: «Il mio timore è che in America dopo Biden ci sia continuità, perché la linea del presidente ha dimostrato la sua inefficacia», taglia corto. Mylovanov, come molti a Kiev, vorrebbe una svolta alla Casa Bianca: «Fossi americano, voterei per Kamala – dice –. Come ucraino, nell’interesse del mio Paese, spero che vinca Trump. Ma ho trovato molto incoraggianti le prime mosse di Kamala e la mia preferenza può cambiare se lei si dimostra pronta all’azione».
Volodymyr Zelensky e Donald Trump alla Casa Bianca
[…] Già, ma quale azione? Nel caso della candidata democratica, la speranza degli ucraini è che getti alle ortiche le esitazioni di Biden dando armi più potenti a Kiev e senza restrizioni. Solo così Zelensky avrebbe una chance di mettere il Cremlino in difficoltà e di aprire un negoziato da posizioni che non gettino le basi per una successiva sottomissione alla Russia.
Nel caso di Trump, le élite ucraine hanno capito che con lui va fatto un accordo. È un uomo d’affari, ci si ripete a Kiev. Vanno messi a punto i termini di uno scambio, sulla base del quale congelare il conflitto in un modo che preservi un’Ucraina libera, integrata con l’Occidente e protetta da garanzie di sicurezza.
Dunque a Mosca resterebbero (per ora) i territori occupati, senza riconoscimento ufficiale ma con l’implicita rinuncia ucraina a contrastare le postazioni russe soprattutto in Crimea. Agli americani andrebbero sostanziosi contratti di ricostruzione, ordinativi all’industria della difesa area a maggioranza repubblicana e soprattutto le concessioni sui giacimenti di titanio e litio che si trovano nel sud e nell’ovest dell’Ucraina (il senatore trumpiano Lindsey Graham di recente ha detto che l’Ucraina «ha minerali critici per diecimila miliardi di dollari, è una miniera d’oro che non possiamo permetterci di perdere»).
A Trump, Zelensky dovrebbe anche impegnarsi a convocare nuove elezioni presidenziali e politiche non appena una tregua dovesse permettere la revoca della legge marziale. Del resto il segreto peggio custodito di Kiev è che il cuore dell'ufficio del presidente è disfunzionale, con punte di palese incompetenza […]
[…] Tutti questi scenari naturalmente sono frutto di calcoli dei singoli. Ma non fanno i conti con la brutalità imperialista di Vladimir Putin e con le contraddizioni dell’Occidente. Per esempio, i 50 miliardi di dollari frutto delle riserve russe promessi all’Ucraina dal G7 quasi due mesi fa sono ancora bloccati. E senza quelli il bilancio di Kiev per il 2025 non tiene.
Nel timore di un veto dell’Ungheria di Viktor Orban, l’Unione europea non ha ancora mosso i passi legali necessari a sbloccare quegli aiuti; e intanto si avvicina una possibile vittoria di Trump, che minaccia di far saltare anche l’accordo del G7 con i fondi di cui Kiev ha disperatamente bisogno.
joe biden - volodymir zelensky le armi e la guerra israele hamas - vignetta by osho
Mi ha detto il ministro delle Finanze ucraino Serhiy Marchenko: «Dobbiamo fare in fretta, in modo che i 50 miliardi di dollari siano disponibili da gennaio. Quei soldi ci servono per la spesa sociale, umanitaria e anche per il bilancio della difesa». Anche qui la sproporzione di forze con la Russia è notevole. Quest’anno la spesa militare russa vale 112 miliardi di dollari, più altre incalcolabili spese fuori bilancio. Quella ucraina vale 42 miliardi, a cui naturalmente vanno aggiunti aiuti occidentali forse per altrettanto. Ma per pagare la nuova mobilitazione è in parlamento adesso una manovra correttiva di nuove tasse per 12 miliardi: come se l’Italia aumentasse le tasse di 120 miliardi in un colpo solo, a metà anno.
VLADIMIR PUTIN E L ATTENTATO A TRUMP - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
[…] Così l’Ucraina non può andare avanti e con lei perderemmo tutti noi. Sarebbe una sconfitta della democrazia, della decenza, del diritto, della pace e della stabilità in Europa. Eppure a Bruxelles l’eventuale via libera al pacchetto da 50 miliardi del G7 non arriverà prima di ottobre, a pochi giorni dal voto dell’America su Trump. Fino ad allora l’Ucraina continuerà a combattere, disperatamente, nella nebbia.
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