DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Anna Zafesova per “La Stampa”
«Se è vero...», sono le parole con le quali iniziano in queste ore quasi tutti i commenti, anche quelli ufficiali delle cancellerie, sulla tregua discussa ieri mattina in una telefonata tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko.
In una guerra che per mesi è stata segnata da patti violati, accuse false ed evidenze negate, credere alle buone notizie diventa difficile, anche se il rublo e la Borsa di Mosca hanno ricominciato a salire alla notizia (e pure quella di Milano che ha chiuso con un +1,88%) che i due presidenti si erano accordati su un «cessate il fuoco permanente». Il Cremlino riferiva anche il parere del presidente russo su «posizioni molto vicine» con il suo collega ucraino, un segnale conciliante dopo che i due Paesi si erano trovati oltre l’orlo della guerra. «Ho la grande speranza che venerdì a Minsk, nel quadro del gruppo di contatto, il processo di pace finalmente inizi», ha poi annunciato Poroshenko in un discorso tv.
Ma già un’ora dopo Kiev ha corretto: non più un cessate il fuoco «permanente» ma discussioni su un «regime di cessate il fuoco» ancora tutto da raggiungere. Anche il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha ridimensionato: «Non si è trattato di un accordo, si è solo parlato di passi concreti che potrebbero aiutare una tregua». Anche perché, ha ricordato, Mosca «non è una parte del conflitto» e quindi può solo suggerire le condizioni di un negoziato tra Kiev e i separatisti. A loro volta a Donetsk hanno fatto subito sapere di sentirsi liberi di non rispettare nessuna tregua visto che Poroshenko non l’ha negoziata con loro.
Nella difficoltà di trovare con chi trattare Kiev ha comunque di fatto fermato le operazioni contro i guerriglieri filo-russi ritirandosi dal territorio delle loro repubbliche autoproclamate. Dopo l’entrata in campo dell’esercito russo, una settimana fa, le posizioni degli ucraini sono tornate quasi al punto di partenza. Si parla di una «ridislocazione», ma di fatto Poroshenko riconosce la sconfitta militare inflitta dai russi. E poche ore dopo, già da Ulan-Bator, Putin ha esposto i sette punti del suo piano di pace «buttati giù durante il volo»: sostanzialmente il congelamento militare dell’attuale status quo, con una distanza di sicurezza tra militari ucraini e zone dei ribelli. Che, secondo il presidente russo, si devono impegnare a loro volta a non espandersi ulteriormente.
Per il premier ucraino Arseny Yatseniuk si tratta di «un inganno» di Mosca per evitare le nuove sanzioni europee che dovrebbero venire annunciate domani, e togliere punti a Poroshenko che oggi si presenta al summit della Nato nella speranza di ottenere aiuti militari e lo status di alleato speciale. «Basterebbe un piano di pace con un solo punto: che la Russia ritiri le sue truppe e i suoi mercenari e smetta di aiutare i separatisti», ha commentato. La soluzione che propone il governo ucraino è il progetto «Muro»: un confine fortificato lungo 1900 chilometri, con barriere di filo spinato e, secondo alcune fonti, anche con campi minati, con il quale barricarsi dalla Russia.
novoazovsk confine tra russia e ucraina
Commentando la notizia del cessate il fuoco Obama ha scelto la prudenza così come il capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha auspicato che la tregua «si consolidi». Quindi Napolitano, ricevendo al Quirinale il ministro degli Esteri Federica Mogherini con la quale si è felicitato per la nomina a capo della diplomazia Ue, ha sottolineato: «Siamo certi che la posizione italiana favorevole ad una ferma linea di principio dinanzi ai comportamenti russi e nello stesso tempo decisamente tesa a percorrere la via del dialogo» sarà «largamente condivisa dai partner Ue e da tutti i nostri alleati Nato».
i ribelli filorussi conquistano novoazovsk in ucraina
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