DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
LIBRO DI GIANLUIGI NUZZI VIA CRUCIS
1. NUZZI: «IO RICETTATORE? IN VATICANO C' È CHI HA PAURA»
Andrea Morigi per “Libero Quotidiano”
''Le manette a un libro? Fa paura soltanto a pensarlo», commenta tranquillo Gianluigi Nuzzi, parlando con Libero. Certo non si aspettava che l' uscita del suo prossimo libro, Via Crucis, pubblicato da Chiarelettere, sollevasse un polverone del genere. A poche ore dalla presentazione del volume, a Roma, in via Ripetta, alle 11, in pratica dal Vaticano accusano il giornalista, conduttore di Quarto Grado a La7 di ricettazione.
Perché è lui, in fin dei conti, che ritengono responsabile della rivelazione di notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione, il reato previsto dall' articolo 10 della legge IX del 2013, del Codice penale della Città del Vaticano. Ma più che minacciarlo della condanna prevista, da 4 a 8 anni di carcere, la Santa Sede sta valutando «i risvolti giuridici ed eventualmente penali» ed «eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo se del caso alla cooperazione internazionale».
salvo sottile e gianluigi nuzzi
Così è stato pubblicizzato il libro al di là di ogni aspettativa. Perché questa strategia?
«Perché ora si tenta di spostare l' interesse dei media verso chi diffonde le notizie per distogliere l'attenzione dal contenuto».
Di che cosa si tratta?
«Principalmente di questioni economiche, ma anche delle difficoltà oggettive che il Papa sta incontrando all' interno della Curia romana. Perciò dà fastidio ancora prima che sia distribuito. Evidentemente fa paura a qualcuno in Vaticano».
A chi?
«A coloro che stanno ostacolando le riforme di Papa Francesco».
La versione della Santa Sede è che si tratti di un business. Parlano di «operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata»...
«Ho avuto documenti da chi ne aveva la libera disponibilità. Se poi passa il principio che un giornalista lavora per il profitto, possiamo cambiare mestiere. Noi lavoriamo per raccogliere notizie e diffonderle. Si dimentica poi che la metà dei diritti d' autore di Vaticano spa (il primo libro di Nuzzi sulle finanze della Santa Sede, ndr) sono andati in beneficenza».
A vantaggio di chi?
«Di congregazioni religiose e a realtà cattoliche impegnate nel sociale».
Nessun timore per un'eventuale richiesta di rogatoria da parte del Vaticano?
«Nel mio Paese per fortuna c' è ancora la libertà di stampa, garantita dalla Costituzione. Quanto alle accuse di arricchimento personale, avranno vita breve».
Rimane il fatto che ogni tanto qualcuno decide di vuotare il sacco e di rendere pubblici documenti. Qual è lo scopo dell' operazione?
«Se la gente si rivolge ai giornalisti, è segno evidente dell' esistenza di un malessere perché da un parte c' è il Vangelo e dall' altra una prassi totalmente diversa».
Francesca Immacolata Chaouqui con Papa Bergoglio
E la trasparenza aiuterà?
«Posso soltanto dire che non sono stati sottratti documenti. Se poi andiamo a vedere il libro, abbiamo scelto di riprodurre, proprio nella quarta di copertina, una lettera del 15 luglio scorso con cui dallo Ior, dopo aver appreso che stavo scrivendo un nuovo libro, mi comunicavano di essere disponibili a rispondere alle mie domande».
2 - EMILIANO FITTIPALDI: SONO TERRORIZZATI MA NON TEMO CENSURE
Fabrizio Caccia per il “Corriere della Sera”
Emiliano Fittipaldi, 41 anni, napoletano, il 5 novembre dovrebbe uscire per Feltrinelli il suo libro «Avarizia».
«Chiedo scusa, perché "dovrebbe"? Qui in Italia siamo ancora in democrazia, c' è la libertà di stampa, quindi non temo censure. Certo, che il Vaticano è preoccupato. Anzi, terrorizzato. E questi due arresti della Gendarmeria fanno pensare».
A cosa?
«Beh, l'inchiesta è partita ad agosto e le manette scattano a due giorni dal libro: vi sembra normale? Così si finirà per parlare soltanto di corvi e di complotti e non si parlerà invece di quel che in "Avarizia" c' è scritto».
Ovvero?
«Che l' Obolo di San Pietro, per dirne una, ha 400 milioni di euro in cassa e non vengono mica spesi per la beneficenza ai poveri, ma per cose di Curia! Il libro racconta in toto la vera ricchezza della Santa Sede e il suo immenso patrimonio immobiliare».
E qual è la conclusione?
«Che la Chiesa dei poveri per i poveri, quella che vuole Francesco, per ora resta utopia».
3. DUE EX «BANCHIERI DI DIO» PRONTI A VUOTARE IL SACCO
Francesco De Dominicis per “Libero Quotidiano”
Due ex banchieri di Dio pronti a parlare e a vuotare il sacco. E i Sacri palazzi, scossi dagli arresti eccellenti di ieri per nuove fughe di notizie, tremano sul serio. Oltretevere sono convinti: è la volta buona per spazzare le ombre sulle finanze vaticane. A partire dallo Ior, l' istituto per le opere di religione, dove i dubbi degli anni scorsi pesano come un macigno oggi.
E le riforme, avviate da Benedetto XVI e proseguite con Francesco, forse non hanno centrato l'obiettivo: rendere la Santa sede, per le questioni finanziarie, una casa di vetro. Intrighi e complotti su scala globale continuano a fare da sfondo agli interessi economici del Vaticano.
Angelo Caloia ex. Presidente IOR
Raccontano che per questo motivo nella Santa sede ci sia voglia di fare chiarezza definitiva. Jorge Bergoglio ha affidato sin dall' inizio del suo pontificato il dossier a George Pell, capo della segreteria dell' Economia. E il cardinale australiano, talora frenato dal pontefice, ora parrebbe intenzionato a dare il via alla pulizia definitiva. Il là sarebbe arrivato, secondo voci che arrivano da ambienti della Curia, dall' alzata di voce di Angelo Caloia, che dal 1989 al 2009 ha presieduto lo Ior e, nel 2014, è stato accusato di aver provocato, sotto la sua gestione, danni per 50-60 milioni alla Santa sede con operazioni immobiliari.
Accuse che potrebbero essere chiarite dal diretto interessato: il 20 ottobre scorso il banchiere ha spiegato di poter «dimostrare l' innocenza». Finora non è mai stato convocato e l' indagine è sospesa. Né è chiaro che fine abbiano fatto i 17 milioni che gli sono stati sequestrati proprio in un conto al Torrione di Niccolò V. Un caso sul quale Pell potrebbe approfondire. Anche perché non c' è traccia di quei 50-60 milioni sottratti, secondo l' accusa, al bilancio del Papa: i funzionari Ior sarebbero ancora a caccia tra grandi difficoltà.
È probabile che Caloia conosca tutto il percorso di quei fondi e che proprio per questa ragione sia tenuto lontano dal Vaticano: se parlasse, dicono, cadrebbe qualche testa. E magari c' è chi preferisce tenergli la bocca cucita. Chi è?
Da un banchiere di Dio pronto a «dire tutto» all' altro. Pure il successore di Caloia, Ettore Gotti Tedeschi, a sua volta licenziato nel 2012, vorrebbe parlare. La sua storia s' intreccia con quella di Caloia non solo per la successione cronologica al ponte di comando Ior. I due «ex» sono finiti nella morsa stretta dall' allora direttore generale Ior, Paolo Cipriani, e dal cardinale Tarcisio Bertone.
BERTONE E BERGOGLIO c a ac d e a a c
Fu l'ex segretario di Stato vaticano ad architettare la cacciata di Gotti Tedeschi, ritenuto responsabile dell' indagine penale aperta sul vertice della banca vaticana dalla Procura di Roma. Un blitz, quello del porporato, che a distanza di oltre tre anni non ha avuto spiegazioni, con l' ex banchiere di Dio estromesso dalle indagini dei piemme e riabilitato da Joseph Ratzinger.
Sul caso nessuna inchiesta interna alla Santa sede, nonostante Benedetto XVI fosse all' oscuro delle manovre di Bertone, come dichiarato dal suo storico assistente, Georg Gänswein. Ed è un fatto che con una scelta irrituale lo Ior sia rimasto per nove mesi senza presidente, con le funzioni svolte dal vice Ronaldo Hermann Schmitz.
TARCISIO BERTONE HA TROVATO CASA
È in quel periodo, prima che fosse nominato numero uno il tedesco Ernst Von Freyberg, che dallo Ior spariscono 2.100 conti correnti, chiusi senza particolari spiegazioni. Ed è lo stesso Von Freyberg a inserire quel dato nella sua prima relazione a maggio 2013, quasi a voler prendere le distanze da un repulisti «sui generis» di cui non poteva avere la paternità. Di chi erano quei conti? E dove sono finiti i soldi depositati? In Gran Bretagna e in Germania?
Una parte delle risposte avrebbe dovuto darle l' antiriciclaggio vaticana, ma all' epoca non era in grado di fare ispezioni. E magari non è un caso. Fatto sta che l' Autorità d' informazione finanziaria galleggia ancora in una situazione opaca. L' Aif è ora presieduta dallo svizzero Renè Brulehart, che era consulente della Segreteria di Stato quando a fine 2011 fu modificata la legge antiriciclaggio.
Modifica, fatta all' insaputa del Papa, bollata come un inspiegabile passo indietro da Moneyval, l'organismo internazionale che supervisiona la lotta al denaro sporco. Senza dimenticare che la struttura guidata da Brulehart lo scorso anno era stata bersagliata dalle autorità italiane: Tesoro, Banca d' Italia e Procura di Roma avevano puntato il dito contro la scarsa collaborazione.
L' impianto regolatorio è stato sistemato sulla carta, ma l' Aif non ha il personale per controllare i movimenti di denaro, tant'è che la prima verifica, del 2014, era stata completata con gli esperti di Ernst&Young. Ancora oggi, l' Aif ha meno di 10 persone in organico, compresi i recenti innesti di un funzionario del Consiglio d' Europa e di una dirigente della Cassa depositi e prestiti: figure con esperienza di bilanci, ma non di antiriciclaggio.
Il terreno è scivoloso e il cardinale australiano avrebbe chiesto lumi anche sulla vicenda che riguarda una società che fa consulenza alla banca di Dio proprio per beccare i conti fuorilegge: è l' americana Promontory, sospesa da agosto a tempo indeterminato dagli Usa per aver violato l' embargo con l' Iran. La faccenda imbarazza. E in Vaticano a nessuno sfugge il fatto che tra i manager Promontory figuri Louis-Victor Douville de Franssu, figlio di Jean-Baptiste, attuale presidente Ior.
Un legame familiare che si sovrappone ai giochi di potere attorno alla banca di Dio, ancora oggi crocevia di interessi internazionali. Con le ricchissime diplomazie parallele del Vaticano sempre pronte ad assestare la zampata vincente: i Cavalieri di Malta e i Cavalieri di Colombo. Adesso il bilancino sembra pendere per i secondi, i cosiddetti «americani».
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