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Luca Fazzo per “il Giornale”
E adesso la verità sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato al Cairo e ucciso dopo giorni di torture, si allontana ancora di più. Un reparto speciale della polizia egiziana intercetta una banda di criminali comuni in una strada di New Cairo, e parte una sparatoria: non si sa chi cominci per primo, l' unica certezza è che alla fine sul terreno restano i corpi di cinque membri della banda.
Il ministero degli Interni egiziano fa subito sapere che la banda era specializzata in rapimenti di stranieri a scopo di estorsione. Poco dopo, il sito Al Watan citando «fonti qualificate» rende noto che tra le imprese della banda potrebbe esserci stato anche il sequestro, tragicamente conclusosi, di Regeni.
La fonte dell' indiscrezione, Al Watan, è ben introdotta negli ambienti della sicurezza nazionale: è lo stesso sito che il 4 febbraio scorso aveva dato la notizia del ritrovamento del corpo del giovane, in un fosso a margine della città del 6 ottobre, annunciando in tempo reale che sul corpo erano state trovate tracce di torture, come verrà confermato molti giorni più tardi dall' autopsia. E già nei primi report di Al Watan si lanciava la pista del delitto «a sfondo economico» che ora viene rilanciata nelle rivelazioni sui cinque ammazzati a New Cairo.
Le incongruenze di questa versione sono vistose. Il punto dove è avvenuta la sparatoria è assai lontano dalla zona di Al Behoos, dove il ricercatore friulano sparì il 25 gennaio scorso, e ancora di più dal luogo del ritrovamento; e soprattutto non risulta che nel corso dei giorni trascorsi tra la sparizione di Regeni e il suo ritrovamento del suo corpo sia mai arrivata a chicchessia una richiesta di riscatto, il che sarebbe indubbiamente anomalo per un sequestro a scopo di estorsione.
Ma intanto la sparatoria di ieri sembra lo spunto perfetto per le tesi di chi, all' interno dell' apparato statale egiziano, ha cercato fin dall' inizio di portare i media sulla pista del delitto di criminalità comune. Anche perché i cinque criminali (veri o presunti che fossero) intercettati ieri dalla polizia non sono più nelle condizioni di smentire o confessare nulla.
Secondo le informazioni diffuse ieri, e corredate da immagini dell' auto e dei corpi crivellati di colpi, la banda era costituita da elementi provenienti dal Delta del Nilo e dalla zona di Shubra el Khema, a nord della capitale, e utilizzava per individuare i propri obiettivi notizie provenienti dagli apparati di polizia e operava a volte utilizzando divise da poliziotti. Un dettaglio quest' ultimo che potrebbe venire usato per sminuire la portata di eventuali scoperte sulla presenza di uomini di apparati dello Stato nel sequestro dell' italiano.
il manifesto prima pagina con gli articoli di giulio regeni dopo la morte
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