DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Da tg24.sky.it
PUTIN E I RUBLINETTI - BY EMILIANO CARLI
Eni ha annunciato di aver avviato - in accordo con le istituzioni italiane - le procedure per aprire due "conti K" presso Gazprombank in doppia valuta, uno in euro e uno in rubli, per continuare a pagare le forniture di gas russo. I rifornimenti energetici non verranno pagati in rubli, come richiesto dal Cremlino e come vietato dalle sanzioni messe a punto contro Mosca per la guerra in Ucraina. L’adempimento degli obblighi di pagamento si intenderà infatti completato con il primo trasferimento in euro, come previsto dai contratti in corso. Solo in un secondo momento l’importo verrà convertito in rubli.
Le attività operative di conversione della valuta, da euro a rubli, “saranno svolte da un apposito clearing agent operativo presso la Borsa di Mosca entro 48 ore dall'accredito e senza coinvolgimento della Banca Centrale Russa". L’operazione arriva a ridosso delle “imminenti scadenze di pagamento dei rifornimenti” e, spiega Eni, è stata conclusa "senza accettazione di modifiche unilaterali dei contratti in essere".
Eni sottolinea che proseguirà a operare nell’ambito delle norme inserite nei contratti, che “prevedono il soddisfacimento dell'obbligo di pagare a fronte del versamento in euro. Tale espressa riserva accompagnerà anche l'esecuzione dei relativi pagamenti". Ogni eventuale “costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti” sarà a carico di Gazprombank.
draghi descalzi premio atlantic council
L'apertura dei conti, ha detto Eni, è avvenuta "su base temporanea". In ogni caso, il gruppo energetico si riserva - "in assenza di future risposte complete, esaustive e contrattualmente fondate da parte di Gazprom Export" - di avviare un arbitrato internazionale sulla base della legge svedese (come previsto dai contratti in essere) "per dirimere i dubbi rispetto alle modifiche contrattuali richieste dalla nuova procedura di pagamento e alla corretta allocazione di costi e rischi”. Eni assicura anche che “rispetterà qualsiasi eventuale futuro provvedimento normativo che dovesse intervenire a sanzionare il trading del gas o le attuali controparti".
LA UE GELA GLI USA SULL'EMBARGO RUSSO ENI APRE I CONTI K
GABRIELE ROSANA per il Messaggero
Sui piani per la diversificazione energetica da Mosca - che oggi verranno presentati con il maxi-pacchetto RePowerEU - sono allineati, ma sulle sanzioni contro la Russia Europa e Stati Uniti non parlano la stessa lingua. Se n'è accorta ieri (a sue spese) la segretaria Usa al Tesoro Janet Yellen che, intervenendo al Brussels Economic Forum, ha ricordato che sul fronte energetico «l'Europa sta affrontando una situazione particolarmente difficile». Motivo per cui da Washington arriva il plauso per la proposta dei «leader Ue di eliminare gradualmente tutte le forniture russe entro sei mesi», seguita dall'offerta di aumentare l'export di gas naturale liquefatto americano verso l'Europa per contribuire a «rompere la dipendenza dall'energia russa».
Una lettura, quella dello stop radicale, nella migliore delle ipotesi affrettata - se non una gaffe in piena regola -, visto che i Ventisette non hanno ancora deciso nessuno stop totale ai flussi in arrivo da Mosca, né una tempistica per colpire le importazioni di metano, mentre sull'embargo al petrolio russo a partire da fine anno è stallo nei negoziati da due settimane, con l'Ungheria che rimane fortemente contraria. Il Parlamento europeo è l'unica istituzione Ue ad aver chiesto, in una risoluzione non vincolante, l'immediato embargo totale di tutte le forniture: gas, petrolio, carbone e combustibile nucleare.
A sera, a gelare lo sprint di Yellen, sono arrivate le parole dell'Alto rappresentante Josep Borrell, disarmato dalle numerose fumate nere sul petrolio di questi giorni: lo spagnolo ha liquidato i commenti dell'esponente americana come «delle interpretazioni non corrette.
Una completa interruzione delle forniture energetiche dalla Russia non è una decisione che saremmo pronti a prendere, non ce lo possiamo permettere». Oltre gli scivoloni, però, di energia europei e americani riprenderanno a parlare già oggi, nel G7 dei ministri delle Finanze in programma a Bonn, terza e ultima tappa del tour di Yellen che ieri, dopo un faccia a faccia con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è tornata a insistere sulla proposta a stelle e strisce di un tetto al prezzo del greggio al posto (o al fianco) dell'embargo a cui lavora Bruxelles.
Washington teme in particolare che, se mai venisse approvato, lo stop radicale alle importazioni di petrolio provocherebbe un terremoto sui mercati globali e contribuirebbe a infiammare i prezzi dell'oro nero. Per questo è in pressing sugli alleati per valutare una soluzione alternativa, come il prezzo regolamentato oppure l'istituzione di dazi. Parlando di «suicidio energetico da parte dell'Occidente», ieri Vladimir Putin si è detto convinto che «per effetto delle misure contro la Russia, il prezzo dei prodotti petroliferi aumenta a un ritmo vertiginoso».
Se sul petrolio si naviga a vista (con il premier ungherese Viktor Orbán che chiede almeno 770 milioni di euro a sostegno dell'industria nazionale prima di rimuovere la minaccia di veto), sul gas, e in particolare sulle modalità di pagamento - nel giorno in cui anche Eni ha deciso «in via cautelativa» di avviare le procedure per aprire il doppio conto corrente (in euro e in rubli) presso Gazprombank -, la confusione la fa da padrona.
«Saldo in euro o dollari sì, apertura del conto in rubli no»: ieri il portavoce della Commissione ha messo in chiaro che aderire allo schema dei due conti - l'uno denominato in euro, l'altro in valuta russa - rappresenta una violazione delle sanzioni. Un'indicazione, tuttavia, non così esplicita nei due documenti - uno di metà aprile, l'altro di venerdì scorso - contenenti gli orientamenti dell'Europa dopo il decreto del Cremlino.
L'esecutivo Ue ha fatto circolare la versione aggiornata fra i Paesi membri e le società importatrici, invitate a compiere la transazione in euro o dollari, come da contratto, accompagnandola con una dichiarazione per cui il pagamento si considera esaurito al momento del versamento del corrispettivo e prima della conversione della valuta: un testo ambiguo che ha scontentato i fautori della linea dura contro Mosca, come la Polonia.
«Ciascun Paese membro deve far rispettare le sanzioni, vigilando anche sull'ottemperanza da parte della società - ha proseguito il portavoce di palazzo Berlaymont -. In caso di violazione, la Commissione può aprire una procedura di infrazione contro lo Stato».
Iter che, però, di norma dura diversi anni: insomma, una non-risposta, mentre come Eni anche altri importatori, dai tedeschi di Uniper agli austriaci di Omv, aprono il conto in rubli per evitare la chiusura dei rubinetti. Come successo invece un mese fa a Polonia e Bulgaria, dopo il loro rifiuto di aprire il conto K, e come potrebbe presto accadere anche alla Finlandia, che ieri ha chiarito di non avere intenzione di uniformarsi al diktat del Cremlino.
vladimir putin le vie del gas russoclaudio descalzidescalzi premio atlantic councilluigi di maio claudio descalzi in algeriaclaudio descalzi e luigi di maio in qatar GASDOTTI RUSSI
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