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Enrico Ferro per “la Repubblica”
Mamma Claudia è ancora confusa, guarda e riguarda il suo ragazzone biondo e non riesce proprio a fare a meno di dirla quella parola. «Miracolo, sì questo è un miracolo », ripete e ancora si commuove. I medici del reparto di terapia intensiva gliel' hanno spiegato in tutti i modi che una ragione scientifica c' è dietro a tutto questo ma a lei piace chiamarlo miracolo perché è una parola che racchiude tutto: dramma, dolore e rinascita.
Correre in ospedale dopo un incidente in motorino del proprio figlio, vederlo in coma, affrontare le pratiche dell' espianto degli organi, parlare di stato vegetativo. Vivere tutto questo e poi d' improvviso "puf", torna la luce: quel ragazzone parla, cammina, ti riabbraccia, torna a scuola.
«Voglio solo riprendermi la mia vita e dimenticare l' incidente» dice con burbera sincerità Lorenzo Mori, 18 anni compiuti il 2 gennaio scorso in un letto del reparto di Rianimazione dell' ospedale Borgo Trento. Non vedeva né sentiva ma intorno a lui c' era tutto l' amore di una famiglia, con mamma Claudia, papà Nicola, i fratelli Samuele e Andrea.
C' era l' amore di una classe, anche. Lorenzo Mori frequenta il liceo scientifico Fracastoro ed è lì che andava la mattina dell' incidente, il 20 dicembre, in una città già trafficata per la corsa agli acquisti di Natale. Lorenzo in scooter è stato travolto in via Da Mosto, stradina di quartiere tra Borgo Trento e Borgo Milano. Una Mercedes Gls l' ha preso in pieno e lui da terra non s' è più mosso. In ospedale nessuno ha nascosto la gravità della situazione, anzi.
«Sembrava spacciato», ricorda la madre con un nodo in gola che ancora non si è sciolto. «Aveva crisi neurovegetative e un danno cerebrale molto profondo. Ci hanno detto che sarebbe potuto rimanere in coma per anni». La parola morte entra quindi in questa famiglia, invade la casa e diventa un argomento di discussione anche con gli altri due figli, tanto che tutti insieme decidono di donare gli organi. In quei giorni i compagni di classe facevano la spola ogni giorno.
Carezze, parole bisbigliate tra i bip del respiratore elettronico, preghiere. Claudia ripensa a quei momenti: «Il giorno di Natale c' era lì più di mezza classe, a un certo punto è arrivato persino un insegnante». La rinascita di Lorenzo è anche una storia di sanità che funziona, con Paolo Zanatta, direttore di Anestesia e Rianimazione, che l' ha affrontata come una missione.
«Quel giovane va salvato », è il mantra anche tra gli infermieri che lo vegliano giorno e notte. Il ritorno alla vita porta con sé tutto il calore di una mano immobile che torna a muoversi, di una bocca che sussurra. «Improvvisamente ha aperto gli occhi e cominciato a muovere le gambe. Danni neurologici praticamente spariti, una ripresa da record», raccontano. In classe festeggiano e basta il ritorno di Lorenzo senza porsi troppe domande.
I medici la spiegano come la reazione efficace di un fisico forte che ha saputo assorbire il trauma. Ma per mamma Claudia e papà Nicola resta un miracolo, il loro miracolo, il più bello e luminoso che ci sia.
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