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Lauretta Colonnelli per il “Corriere della Sera - Roma”
La storia raccontata dal Vasari che Raffaello sarebbe morto a causa di eccessi amorosi non ha mai convinto gli studiosi, che hanno sempre pensato a una malignità inventata da uno che era amico di Michelangelo e cercava di screditare il pittore urbinate. Certo è che questa storia ha contribuito ad alimentare la leggenda di Raffaello nei secoli successivi. Parte proprio da qui il libro di Anna Lisa Genovese, «La tomba del divino Raffaello», edito da Gangemi.
Dopo tre anni di ricerca tra i documenti dell’Archivio segreto vaticano, la studiosa ha ricostruito il momento della morte dell’artista e la sua immediata divinizzazione, riconosciuta nei secoli successivi. «L’immortalità di Raffaello», scrive Genovese «non è legata solamente alla sua personalità e alle sue incomparabili opere d’arte, ma anche all’evento della morte e alla sua tomba, luogo di culto e di venerazione nei secoli, ineluttabile meta dei suoi ammiratori; atti che gli conferiscono una valenza mistica e religiosa».
Contribuirono alla venerazione alcune coincidenze che colpirono la fantasia popolare: il fatto che morì a trentasette anni nella notte del 6 aprile 1520, un venerdì santo, e che il giorno prima, quasi un annuncio della disgrazia, il Palazzo Vaticano si era squarciato, costringendo il papa e la sua corte alla fuga.
La tomba, come si sa, è dentro il Pantheon, dove il corpo del pittore fu tumulato secondo la sua volontà. Qui sono andate per secoli a pregare le donne incinte, nella speranza di veder apparire nei bimbi la bellezza e la grazia che l’artista aveva riversato nelle sue opere.
E qui compiono gesti inconsulti gli esaltati, come un Chiarucci antiquario, che nel 1889 tentò di suicidarsi con un colpo di pistola, o l’uomo nudo che sei anni fa impazzò sul web, ripreso dalle videocamere mentre a braccia alzate entrava nel Pantheon e andava a prostrarsi davanti alla tomba.
Genovese registra tutto. Anche gli innumerevoli dipinti in cui i pittori hanno poi raffigurato questa morte, così come la descrive il Vasari: «Continuando fuor di modo i piaceri amorosi, avvenne ch’una volta fra l’altre disordinò più del solito, perché a casa se ne tornò con una grandissima febbre…Per il che fece testamento e prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente..».
Ed ecco il letto disfatto con Raffaello che si accascia su una donna discinta, oppure è circondato dai discepoli con la donna che esce piangendo dalla stanza, oppure è già spirato e papa Leone X è arrivato a rendergli omaggio. L’unico di questi quadri conservato a Roma, nel museo di palazzo Braschi, è un minuscolo olio (15x20) di Francesco Hayez, in cui la Fornarina fugge disperata mentre un frate impartisce gli ultimi sacramenti.
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