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Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Le mani dei Casamonica nel cuore di Roma. Il clan di origine sinti ha cercato di spostare il suo baricentro criminale a Ponte Milvio, enclave della movida. E lo ha fatto, da maggio del 2015 fino a tutto il 2016, esercitando il controllo su un locale. Il ristorante il Tappezziere sarebbe dovuto diventare la base di spaccio della cocaina su tutta la zona, soprattutto nei fine settimana.
L'esca che il clan ha usato per attirare il gestore è stata un'atomica bionda, attrice in diversi film tra cui Fantozzi 2000 la clonazione e in Zora la vampira. Lenka Kviderova, 47 anni, prima si è ingraziata il ristoratore e poi ha calato l'asso: «Noi siamo i Casamonica». Il titolare del locale, però, si è rifiutato e ha pagato a caro prezzo il suo diniego: otto uomini incappucciati lo hanno bastonato e gli hanno rubato l'auto. Poi hanno imposto il pizzo a suon di 200 euro al giorno, soggiorni pagati in albergo, l'acquisto di un cellulare e il pagamento dei lavori di ristrutturazione di una delle loro case.
Fino a quando non sono intervenuti i magistrati della Dda, il procuratore capo Michele Prestipino e gli aggiunti Giulia Guccione ed Edoardo De Santis. Adesso in tre sono accusati, a seconda delle posizioni, di estorsione e rapina aggravata dal metodo mafioso: Guerino Casamonica, Antonio Casamonica e la sua compagna la Kviderova.
LE MINACCE
«Lui è un Casamonica, figlio di una persona potente, non lo fare arrabbiare, dagli i soldi». È senza scrupoli la 47enne, in arte Lanci Lenka. Per settimane frequenta il ristorante. Diventa una cliente fidata. Poi mostra il suo vero volto. La donna del boss. E il capo in questione era, appunto, Antonio, 27 anni, protagonista del raid punitivo del Roxy Bar dell'aprile del 2018. Il titolare del locale era stato picchiato per non averlo servito subito. A Ponte Milvio, invece, il ristoratore è linciato per non essersi messo al servizio della famiglia. Una pressione feroce, subita giorno dopo giorno.
Al bancone si presentano in coppia i due Casamonica, Antonio e Guerino. Due energumeni. Le presentazioni ufficiali le fa la Kviderova. Comprese, successivamente, tutta un serie di minacce. Consigli, li chiamava lei, per spingere la vittima a pagare. Chi invece è andato subito al sodo sono gli uomini del clan: «Sono un Casamonica, posso ammazzarti o dare fuoco al locale». La scelta che gli rappresentano è, in fondo, solo una. Diventare un loro pusher. La cocaina dovrà essere smerciata attraverso il suo locale.
IL PESTAGGIO
È il 2015 e Ponte Milvio è terra di nessuno. Michele Senese, boss della camorra, è in carcere. Così come un altro uomo forte della zona, Massimo Carminati. I Casamonica cercano di riempire il vuoto criminale e si lanciano come avvoltoi sul quartiere.
Il ristoratore resiste. Lui non vuole stare al soldo della mala. Non vuole trasformare il Tappezziere in una base di spaccio. La reazione arriva subito, violenta: in otto con il passamontagna lo bastonano. Lui gli consegna la Smart. Per riaverla dovrà pagare 3500 euro.
Ma è solo l'inizio. Le minacce vanno avanti: «I soldi me li devi dare, me porto via tua madre, mi porto via la tua ragazza, tu non sai quanti siamo, siamo in duemila. Noi comandiamo tu devi stare sotto botta». L'uomo è atterrito. Continua a rispondere di no. Alla fine però si piega. Accetta un compromesso, gli paga quotidianamente una quota variabile tra i 50 e i 200 euro. In un'occasione il clan pretende 5000 euro. In totale la vittima versa nelle mani dei carnefici 30mila euro. E poi l'acquisto di un cellulare, il soggiorno in un albergo e le ristrutturazioni degli immobili della famiglia criminale.
IL PADRE
Ma per gli uomini del clan, affamati come lupi, il primo obiettivo rimane immutato. Il locale deve spacciare la cocaina. Il business che la famiglia fiuta, dallo spaccio della droga, nel cuore della movida romana, è elevato. Tuttavia il gestore non arretra e il rampollo del clan gli ricorda di chi è figlio: «Se lo sa mi padre che mi stai a trattare così i cazzi miei sono anche cazzi tuoi, se lo viene a sapè mi padre..».
Sui Casamonica piomba, nel giro di pochi anni, la procura. Antonio e Guerino finiscono in carcere mentre la bionda del giovane boss è adesso accusata di estorsione aggravata del metodo mafioso.
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