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Alessandro Fulloni per milano.corriere.it
Il vandalismo — sconcertante — è stato scoperto lunedì mattina dall’Anpi. È stato il presidente della sezione di Milano Roberto Cenati a raccontare che «la targa dedicata a Giuseppe Pinelli dal Comune nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario di piazza Fontana e della tragica fine di Pinelli, diciottesima vittima, è stata oltraggiata e spaccata. La gravissima provocazione è avvenuta in piazzale Segesta». A pochi passi da dove viveva la stessa famiglia Pinelli, zona San Siro.
Martedì — saranno state circa le 13 — il giornalista Mario Calabresi ha twittato: «Danneggiare la lapide di Pino #Pinelli è un gesto vile e infame. Noi ci abbiamo messo un fiore, perché è quello che merita». Raggiunto telefonicamente dal Corriere il figlio di Luigi — il commissario ucciso a Milano da un commando di Lotta Continua mentre rincasava, alle 9 e 15 del 17 maggio 1972 — racconta che quel fiore «è andato a metterlo mia madre, ne ha messi due, uno per me e uno per lei. Non riusciamo a credere che ci possa essere chi oggi fa un gesto così vigliacco e grave. Pensiamo che lo si debba dire con chiarezza. Io in quella piazza e in quel quartiere ci sono cresciuto. Per noi quella lapide e la quercia rossa che è stata piantata insieme sono simboli belli e importanti da preservare».
mario calabresi intervistatomario calabresi
Sulla stele sono incise queste parole: «A Giuseppe Pinelli ferroviere anarchico morto tragicamente nei locali della questura di Milano il 15-12-1969». Quella morte — un volo dalla finestra di una stanza al quarto piano dove era in corso l’interrogatorio di Pinelli, fermato per accertamenti sulla strage che tre giorni prima fece 17 morti — sconvolse l’Italia. L’istruttoria del giudice Gerardo D’Ambrosio assolse poi il commissario, scagionando la polizia e concludendo che la caduta avvenne per «l’improvvisa alterazione del centro di equilibrio». Una morte «accidentale» in un momento in cui Calabresi non si trovava neppure nella stanza.
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