CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE…
1. LE FOTOGRAFIE DA TURISTA A VERONA, I PENSIERI PER LA FIGLIA LORENZA IL DIARIO DEL BOSS MESSINA DENARO
Estratto dell’articolo di Lara Sirignano per il "Corriere della Sera"
Mentre gli investigatori diffondevano suoi improbabili identikit, lui se la rideva. E come un turista qualunque — occhiali da sole, jeans, camicia bianca e sneakers — si faceva fotografare dalla fidanzata di turno con, sullo sfondo, l’Arena di Verona. L’ultima puntata della singolare vita alla macchia dell’ex ricercato numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, la raccontano le foto che il capomafia ha allegato a uno dei diari trovati dai carabinieri del Ros nel covo di Campobello di Mazara: un libricino di 94 pagine destinato alla figlia Lorenza, riconosciuta dal padrino solo in punto di morte, come ricostruito da Repubblica .
«Le foto sono state fatte nel 2006 — scriveva il boss riferendosi agli scatti e facendosi beffa di chi per anni gli aveva dato la caccia —. Nello stesso preciso periodo hanno fatto un identikit su me dove sembrava avessi 86 anni e 5 mesi. In verità allora ero così».
Cosa il boss fosse andato a fare a Verona, se si trovasse in Veneto solo per vacanza o se, invece, cosa più probabile, avesse unito al dilettevole l’utile di un viaggio di affari criminali gli investigatori stanno cercando di scoprirlo
[…]
«Ricordi quando ti mandai dei vestiti, costumi da bagno, un paio di pantaloni bianchi con una maglia a righe orizzontali blu e bianche? C’erano i pattini a rotelle e c’erano anche dei foulard Bulgari non per te. Ebbene tutte quelle cose le comprai io il giorno che feci quelle foto, in quella città», precisava il boss alla ragazza, descrivendo la sua tranquilla vacanza a Verona.
[…] «Le volevo raccontare la mia vita... lo desideravo, per dirle senza filtri quel che mi era successo. Deciderà lei se leggerlo o bruciarlo», scriveva, alternando citazioni di Lucrezio, Omero e Ovidio a riflessioni esistenziali e frasi autocelebrative. Come: «Perdonatemi se con nessuno di voi ho nulla in comune, ho sofferto ma vissuto con onore» diceva dipingendosi agli occhi di Lorenza come un eroe. Un’immagine ben diversa da quella reale di boss stragista.
2. QUELLE LETTERE ALLA FIGLIA CHE LO RINNEGÒ PER GIUSTIFICARE UNA VITA DA FANTASMA
Estratto dell’articolo di Umberto Galimberti per "la Repubblica"
Perché dal 2003 al 2016 Matteo Messina Denaro ha scritto una sorta di diario, con memorie, appunti e riflessioni sulla sua vita quotidiana e persino intima, destinato alla figlia Lorenza, che non ha voluto saper niente di suo padre e alla quale lo stesso padre non l’ha mai recapitato?
La risposta non è difficile.
Tutti nella nostra vita abbiamo bisogno di un testimone.
Sia chi è vissuto nel più completo anonimato, sia chi non è stato privato di riconoscimenti, fedeltà, rispetto, sudditanza, e dedizione. Persino uno spietato boss mafioso. Se nessuno ti guarda, infatti, se nessuno ti riconosce nei recessi più segreti della tua vita, allora perché sei vissuto? E soprattutto dove reperire il senso della tua esistenza? Nasce da qui il bisogno di scrivere, non necessariamente perché qualcuno ti legga, ma per chiarire a te stesso la trama della tua esistenza, il cui ordito può essere colto solo se hai l’impressione di parlare con un altro che, silenzioso e muto, funge da testimone.
Il testimone scelto da Messina Denaro è sua figlia Lorenza, la quale per 27 anni non l’aveva mai voluto incontrare e che solo pochi giorni prima della sua morte il padre ha riconosciuto all’anagrafe dandole il nome di famiglia. Perché ha scelto Lorenza? Perché di tante persone, tra quanti lo ammiravano essendone complici oppure lo temevano per la stessa ragione, ha sentito il bisogno di rivolgersi a lei?
Aveva suscitato l’interesse nell’opinione pubblica la sua capacità di condurre una vita così lunga da latitante, ma il silenzio di sua figlia e il suo rifiuto a incontrarlo e quindi a riconoscerlo, segnavano quello che nella sua vita era forse l’unica sconfitta che incrinava i suoi successi e l’apologia della sua esistenza
[…] Incapace di frequentare la commozione, la pietas, la compassione, Messina Denaro non scrive un diario con una trama, un percorso, una biografia, ma isolati frammenti in cui celebra quelle che ai suoi occhi appaiono come le magnificenze della sua esistenza: il suo potere confermato dall’impotenza dello Stato che non riusciva a catturarlo, ma anche i suoi amori che non celebravano dedizioni o affetti, ma solo gratificazioni narcisistiche per tutte le donne, escort comprese
Che cedevano al suo fascino, per far conoscere al testimone quale bell’uomo fosse al di là dell’identikit delle forze dell’ordine che lo ricercavano e che non lo ritraevano nella sua bellezza irradiata da un sguardo sicuro di sé, quindi invincibile.
Ma anche questa autocelebrazione ha i suoi punti di caduta. Anche ai suoi occhi non è convincente. È tutta roba esteriore che non raggiunge quel punto segreto dell’esistenza che solo il sentimento sa irradiare. Ma il testimone non c’è. E la sua assenza fa ricadere il sentimento su se stesso, come un’onda di poca memoria. E allora bisogna continuare a scrivere, a scrivere per anni, a scrivere per frammenti, perché non si ha dimestichezza con quella dimensione dell’anima che non si è mai frequentato.
[…] Le parole sono accompagnate da immagini che ritraggono il padre, libero di muoversi vicino all’Arena di Verona, incurante di farsi fotografare pur di lasciare una bella immagine di sé al testimone silente […] per far scoprire a Lorenza quello che Messina Denaro andava forse e malamente scoprendo, con passo incerto e ricadute esibizionistiche malcelate, che nella propria vita, se non approdi al sentimento, tutto quello che hai fatto non ti rassicura, non ti celebra, non ti consola, ma resta sconfitto e naufraga nel silenzio del testimone che è più atroce del silenzio della morte.
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