FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Giampaolo Visetti per "la Repubblica"
«Un istante, due salti e l'orso mi è stato addosso. Rugliava in modo spaventoso, con una zampata ha gettato a terra anche mio padre e gli è saltato sopra. Gridavamo disperatamente e ci proteggevamo con scarponi e gambe. Ho pensato: adesso ci ammazza tutti e due. L'animale invece si è fermato un attimo e si è alzato sulle zampe posteriori.
Eravamo già in un lago di sangue, ma siamo riusciti a scivolargli via da sotto il ventre. Lui si è girato ed è sparito nel bosco ». Christian Misseroni, 28 anni, è ancora sotto shock. Mostra i segni degli artigli nel polpaccio e in un braccio. Nella casa di Cles, in Trentino, assieme al padre Fabio, 59 anni, macellaio nel capoluogo della Val di Non, raccontano a Repubblica come si sono salvati da uno degli attacchi più drammatici da quando gli orsi sono stati reintrodotti tra le Dolomiti del Brenta. «Ancora mi chiedo - dice Fabio con il perone destro spezzato in tre punti da un morso - perché ci abbia risparmiato.
Ha attaccato per uccidere: invece, dopo una lotta di un paio di minuti, ha rinunciato. Se era una femmina ha seguito i cuccioli, certa di averli messi al sicuro. Se era un maschio, è stato spaventato dalla nostra reazione. Due certezze: una persona sola sarebbe stata sbranata e in ogni caso siamo vivi per miracolo». Cinque precedenti, due esemplari ammazzati e uno catturato tra le proteste degli ambientalisti, negli ultimi sei anni in provincia. Ieri sera il presidente, Maurizio Fugatti ha firmato un'altra ordinanza di abbattimento: un grande progetto scientifico degenera in rivolta popolare e scontro politico.
Mai come questa volta però, mentre la popolazione di orsi in Trentino supera quota 90, si è arrivati a un passo dalla tragedia. «Lunedì pomeriggio - dice Fabio - siamo saliti per una passeggiata sul monte Peller. Siamo cacciatori, ma non volevamo mettere il sale per i cervi, o cercare il posto giusto per sparare in autunno. Non avevamo binocoli, macchina fotografica, cane, nemmeno il telefono. Negli zaini, una maglia e da bere. Non ce la siamo cercata addentrandoci in luoghi remoti».
L'attacco, poco dopo le 17 in località Fontana Maora, quota 1700 metri, tra il laghetto di Verdè e il rifugio Peller. «Avevamo lasciato l'auto da dieci minuti - dice Christian - e volevamo raggiungere un dosso panoramico. Vicino al sentiero, siamo entrati pochi metri nel bosco. Mio padre camminava dietro e abbiamo smesso di parlare. Stavamo superando una radura quando il silenzio è stato rotto da un ruggito e siamo stati investiti da una ventata».
Nemmeno il tempo di capire cosa stava per succedere. «Da dietro un larice giovane - dice Fabio - è sbucato un grosso orso. L'ho visto balzare frontalmente a noi e gettarsi sopra mio figlio. L'ha scaraventato sull'erba di schiena e gli ha conficcato gli artigli in una coscia per bloccarlo. Con il muso cercava di morderlo alla gola». Istanti decisivi. «Ho provato invano - dice Christian - a ripararmi dietro un abete. Troppo tardi. Ho sentito artigli e zanne nella carne, ho pensato che fosse la fine e gridavo a mio padre di scappare.
Invece lui, senza pensare a sé, ha scelto di provare a salvarmi». Fabio Misseroni è un uomo di montagna, atletico e con la forza del macellaio. «Senza pensarci - dice - mi sono buttato a mani nude contro la bestia. È stata la disperazione di vedere mio figlio sbranato. L'orso l'ha mollato subito, ma si è scagliato contro di me. Altro che un toro ferito: mai visto una furia simile ». Una lotta da incubo. «Mio padre - dice Christian - è rimasto schiacciato sotto l'animale.
Ha cercato di sollevarlo piantandogli una gamba nel ventre, ma una zampata gli ha frantumato il perone. Altre unghiate gli hanno aperto braccio e mani. Ancora un colpo e lo uccideva. Allora mi sono alzato: ho cominciato a urlare e ad agitare le braccia sopra la mia testa per sembrare più grande». È il consiglio dei manuali in caso di rari attacchi violenti. Ha funzionato. «L'orso ha avuto un'esitazione - dice Fabio - sorpreso dalle grida e dalla nostra resistenza.
Ha smesso di colpirmi, si è alzato in piedi e sono riuscito a respirare. Mio figlio mi ha preso per un braccio e mi ha trascinato via, da sotto le sue zampe. Questa volta è stato lui a salvare la vita a me». Nel punto restano le chiazze di sangue. Tocca ora a guardie forestali e scienziati capire perché l'animale si è infine fermato. «Pensavamo tornasse a finirci - dice Christian - mio padre perdeva molto sangue e non stava in piedi. Abbiamo buttato via gli zaini e ci siamo appoggiati con la schiena ad un albero per vedere da dove potesse sbucare. Invece sulla montagna è sceso il silenzio. Mi sono appoggiato il papà sulle spalle e ci siamo trascinati verso l'auto. Per fortuna non siamo svenuti». Sulla strada però non c'era nessuno.
L'allarme è scattato così mezz' ora dopo, alle 18.13, quando i due sopravvissuti si sono presentati nel pronto soccorso di Cles. Medicato e dimesso Christian. Ricoverato una notte suo padre. Le ferite saranno suturate non appena scongiurato il rischio- infezioni da saliva. Prelevati indumenti e zaini. Le tracce biologiche, a partire dal pelo, chiariranno sesso dell'orso e possibili ragioni dell'attacco. «So che la montagna è casa loro - dice Christian - in famiglia amiamo gli orsi. Nel Brenta però ormai sono troppi, in un territorio purtroppo eccessivamente abitato dall'uomo».
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