“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
hayat boumedienne e amedy coulibaly
Alberto Mattioli per “la Stampa”
Secondo il ministero dell’Interno, era «armata e altamente pericolosa». Ma è inutile dare ancora la caccia alla donna più ricercata di Francia: è in Siria. Ed è abbastanza incredibile che lo si sia saputo solo ieri.
Si tratta di Hayat Boumeddiene, la moglie di Amedy Coulibaly, il terrorista ucciso venerdì a Parigi dopo aver assassinato quattro ebrei in un supermercato kosher e, il giorno prima, una poliziotta per la strada. Una donna con il suo passaporto e che le somigliava molto ha preso il volo Madrid-Istanbul del 2 gennaio. I servizi turchi segnalano che avrebbe passato la frontiera con la Siria l’8 e di certo non ha utilizzato il suo volo di ritorno, prenotato per il 9.
hayat boumedienne e amedy coulibaly 2
Lei non c’era
Questo dimostra due cose. La prima, che Hayat non ha preso direttamente parte ai crimini del marito, come si era pensato in un primo tempo. La seconda, che gli attentati di Parigi erano organizzati da tempo e che probabilmente i responsabili hanno contatti e appoggi fuori dalla Francia. Con la guerra civile e l’Isis che imperversa, oggi passare la frontiera fra Turchia e Siria non è come andare a Chiasso.
hayat boumedienne e amedy coulibaly
Altrettanto certo è che Hayat ha avuto un ruolo nella conversione del marito all’Islam radicale. Più in generale, è ancora tutto da scoprire quanto le loro donne abbiano pesato nella trasformazione di una banda di ragazzotti sbandati nel peggior gruppo criminale della storia recente francese.
Un semplice controllo dei tabulati del telefonino ha permesso agli inquirenti di stabilire che nel 2014 Hayat ha scambiato più di 500 chiamate o messaggini con Izzana Hamyd, la compagna di Chérif, il più giovane dei fratelli Kouachi, gli assassini di «Charlie Hebdo», uccisi venerdì nel blitz di Dammartin. Izzana era già stata fermata mercoledì insieme con altri parenti dei Kouachi, ma sono stati tutti rilasciati ieri.
Hayat, la ragazza che ha beffato le forze dell’ordine francesi, ha 26 anni. Ha sposato Coulibaly nel 2009: matrimonio soltanto religioso, quindi non riconosciuto dalla legge francese. All’epoca, lei era una musulmana molto più integralista di lui. Pur di non rinunciare al velo integrale, aveva lasciato il suo lavoro di cassiera. E non aveva nemmeno partecipato al suo matrimonio: «Nell’Islam, la donna non è obbligata a essere presente.
hayat boumedienne con la balestra
E’ mio padre che mi ha rappresentato», spiegò l’anno seguente ai poliziotti che l’interrogavano dopo aver trovato 240 cartucce di kalashnikov sotto il letto del marito. Allora, diceva lei, Amedy non era «veramente» religioso: «amava troppo divertirsi», non indossava il «kamis», il vestito tradizionale e non andava nemmeno in moschea tutti i venerdì.
Però Amery la portava con sé nelle sue visite a Djamel Beghal, mezzo predicatore e mezzo terrorista, in residenza obbligata nel Cantal, Francia profondissima, dopo dieci anni di carcere per aver pianificato un attentato all’ambasciata americana di Parigi. Con Beghal, Hayat parlava di religione senza vederlo: «Gli ho fatto delle domande, ma eravamo in due stanze diverse. Per me, è logico non trovarmi mai nella stessa stanza di un uomo». Viste oggi, fanno un certo effetto le foto scattate in quelle occasioni, con Hayat velatissima che si allena a tirare con la balestra. In ogni caso, il marito meditava, pare, di prendere anche un’altra moglie.
Un gruppo di amici
Quanto a Chérif, Coulibaly l’aveva conosciuto, con Beghal, nella prigione di Fleury, nel 2005. E’ qui che Coulibaly scopre quella che è stata ribattezzata «la filiera delle Buttes-Chaumont», forse con un po’ d’ironia: le Buttes-Chaumont sono uno dei più bei parchi di Parigi, una zona alquanto elegante che in comune con le «cité» dove vivevano i Kouachi ha solo l’arrondissement, il diciannovesimo.
All’epoca, del gruppo che sogna la guerra santa in Iraq fanno parte, oltre a Chérif e Saïd Kouachi, i loro amici Thamer Bouchnak e Peter Cherif, l’imam autoproclamato Farid Benyettou e Boubaker El-Hakim, uno che la guerra l’aveva fatta davvero, insieme al fratello Redouane, ucciso a Fallujah. Sempre a Fallujah perde un occhio e un braccio Mohamed El-Ayouni, un amico di Peter: lo ritroveremo.
Il carcere
Chérif Kouachi viene arrestato nel 2005, alla vigilia della sua partenza per l’Iraq. In carcere, come abbiamo visto, si radicalizza. Passano gli anni. Dopo altri soggiorni in prigione per reati comuni o di terrorismo, processi e scarcerazioni, il gruppo si riforma nella primavera nel 2010. L’obiettivo è ambizioso: l’evasione di Smaïn Ait Ali Belkacem, all’ergastolo per l’attentato del 1995 alla metropolitana di Parigi.
A vari livelli, sono coinvolti tutti: Beghal, El-Ayouni, Bouchnak, Coulibaly e il «promettente» aspirante terrorista Salim Benghalem, convertito in galera, anche lui, da El-Ayouni. Kouachi viene assolto, Coulibaly si becca cinque anni, ne sconta gran parte, esce il 4 marzo dell’anno scorso con il braccialetto elettronico che toglie il 15 maggio. E inizia a preparare con i fratelli Kouachi l’ultima impresa.
Oggi Amery Coulibaly e i fratelli Kouachi sono morti dopo aver ucciso diciassette persone. Hayat Boumeddiene è probabilmente in Siria sotto la protezione dello Stato islamico. Qui potrebbe ritrovare Benghalem, che è diventato un efferato tagliagole e compare nella lista dei dieci jihadisti più ricercati dagli americani. Quanto a Boubaker El-Hakim, il vecchio amico dell’«imam» Benyettou, è stato uno dei capi della jihad tunisina e ha rivendicato dalla Siria (ancora!) l’assassinio di due oppositori agli islamisti in Tunisia. Il terrore è globale. Ma può nascere da un piccolo gruppo di vecchi amici.
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