FLASH! - SIAMO UOMINI O GENERALI? PER L'OTTUAGENARIO CALTAGIRONE LA CATTURA DEL LEONE DI TRIESTE E'…
Monica Serra per "la Stampa"
Aveva solo 7 anni quando dal Kosovo si era trasferita in Italia, dove il papà lavorava già dal 1999. Ha frequentato le scuole elementari e medie a Isernia, poi ha ottenuto la cittadinanza italiana, a differenza dei suoi due fratelli. A 16 anni, però, Bleona Tafallari ha conosciuto sul web lo Stato Islamico.
Frequentando siti e chat, soprattutto, ha abbracciato il radicalismo di matrice Jihadista. «Pronta a morire per Allah», ieri è stata arrestata a casa del fratello, in via Padova a Milano, periferia multietnica della città, per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Devota sostenitrice dell'Isis, se il suo anasheed (la nenia con cui si diceva pronta al martirio) non si è concretizzato lo si deve all'«operazione esemplare» dell'Antiterrorismo milanese, come l'ha definita il direttore della Direzione centrale della polizia di prevenzione del Viminale, Diego Parente.
L'indagine lampo, condotta dal capo dell'Antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Leonardo Lesti, parte da una segnalazione dell'Intelligence italiana. Alla Digos viene fatto sapere che, con un volo WizzAir da Pristina a Malpensa, il primo agosto Bleona, con la sorella Alberina Tafallari avrebbe raggiunto Milano. La prima doveva rinnovare la carta d'identità scaduta, la seconda il permesso di soggiorno. Ad aspettarle in Italia c'è il fratello Mirivan, estraneo alla sua radicalizzazione, ma anche lui finito indagato in concorso con la sorella per terrorismo internazionale.
Della 19enne Bleona si sa che l'11 gennaio 2021 ha sposato con rito islamico Perparim Veliqi, affiliato ai «Leoni dei Balcani», cellula salafita trapiantata nel cuore dell'Europa, tra la Svizzera e la Germania, che a Vienna ha già fatto strage il 2 novembre scorso con il macedone Kujtim Fejzulai: quattro morti e ventitré feriti. Nel giro di tre giorni dall'arrivo in Italia, della sorella Alberina si perdono le tracce. Bleona invece viene ospitata a casa di un amico del fratello, che vive con lui. Il 7 settembre, giorno in cui ha l'appuntamento per il rinnovo del documento, viene organizzato un finto controllo delle Volanti per un cellulare rubato. I poliziotti le chiedono le password e riescono così ad avere accesso al cellulare e ai suoi segreti.
Ci sono almeno 7 mila tra audio, video e foto e oltre 2 mila chat che non lasciano dubbi sull'appartenenza allo Stato islamico. Subito scatta la perquisizione della Digos, diretta da Guido D'Onofrio, nella casa in via Padova dove è ospite. Il cellulare viene sequestrato e analizzato da cima a fondo, fino all'arresto di ieri disposto dal giudice Carlo Ottone De Marchi. «Il terrorismo cova sotto la brace - sottolinea il pm Nobili -. Forse stanno aspettando il nuovo Bin Laden o il nuovo Al-Baghdadi ma noi ci siamo. Se in Italia, fino ad oggi, siamo riusciti ad arginare e contenere questi fenomeni lo si deve a questa sinergia tra intelligence, forze di polizia e magistratura».
2 - BLEONA, LA LEONESSA D'ISERNIA "NON È UN MONDO ADATTO A NOI"
Monica Serra per "la Stampa"
«Dammi una mano e partiamo verso la casa di Allah, questo mondo non è adatto a noi». Nella foto c'è Bleona Tafallari in niqab. Indossa guanto e anello di colore nero e ha il dito puntato verso il cielo. Non è il «vezzo» di una diciannovenne, spiega il capo della Digos, Guido D'Onofrio: «Questi simboli dimostrano la sua chiara appartenenza allo Stato Islamico». Su WhatsApp, la foto ricevuta da una donna kosovara ritrae il figlio neonato che indossa una cuffietta nera riportante i versi della Shahada, e ha una pistola accanto al corpo.
La diciannovenne commenta entusiasta: «Vorrei quella cosa che ha toccato», riferendosi all'arma. In un'altra chat ride con «Fatina», connazionale che sogna un matrimonio con un mujaheddin barbuto e feroce, «bagnato con il sangue dei miscredenti», naturalmente prima del martirio.
Ancora, commentando l'efferato omicidio del professor Samuel Paty, ucciso a Parigi Abdullakh Anzorov, radicalizzato islamico di nazionalità russa ma di origine cecena, Tafallari ride con approvazione: «Ha fatto bene, se l'è meritato. Che sia una lezione per tutti gli altri insegnanti». È pronta a raccogliere i soldi e organizzare la fuga dal campo di Raqqa della moglie di un combattente. Negli audio la sua voce tradisce la giovanissima età, ma Beona Tafallari è «furba, scaltra e ben preparata», dicono gli investigatori.
Conosce la geopolitica, la storia e i principi dello Stato Islamico. Possiede manuali di addestramento per aspiranti jihadisti, come «Black flags from the Islamic State», «How to survive in the West» e «Hijrah to the Islamic State», ed è pronta a condividerli nella sua continua opera di proselitismo.
Sul web, adolescente, si avvicina allo Stato Islamico. È lei a organizzare il matrimonio combinato in Kosovo con un combattente dei «Leoni dei Balcani», Perparim Veliqi, ora in Germania, e che non aveva mai visto prima. A sposarli è l'imam Neherudin Skenderi, il «Wali» (maestro), guida spirituale della coppia, arrestato un mese fa in un'importante operazione antiterrorismo in Kosovo, perché componente di una cellula di cinque albanesi radicalizzati e, secondo gli investigatori, pronti a compiere attentati in occasione delle elezioni amministrative del 17 ottobre.
Tafallari non ha mai vissuto con il marito anche se si sentono di continuo. Forse vuole raggiungerlo in Germania dopo aver rinnovato i documenti in Italia. Mamma e papà oramai hanno lasciato Isernia, si sono trasferiti e lavorano in Svizzera. Il fratello fa il magazziniere a Milano dove vive con un caro amico italiano nella sua casa in via Padova. Alla Digos, nessuno dei familiari risulta radicalizzato.
Ma per il sostegno dato alla diciannovenne anche il fratello finisce indagato per terrorismo internazionale. Una volta qui, la ragazza si «autoreclude» nell'appartamento, non esce mai. Gli investigatori della Digos la vedono soltanto qualche volta affacciarsi alla finestra. Addosso ha sempre il niqab. Dopo la perquisizione degli inizi di settembre ha paura, sa di essere sotto tiro.
Il «ruolo» che ha svolto negli ultimi anni è esattamente quello che viene richiesto a una donna appartenente allo Stato Islamico: «Il proselitismo, la divulgazione di materiale propagandistico, l'educazione dei figli al combattimento per l'Islam, il sostegno nella lotta per la Jihad, la facilitazione dei contatti tra membri maschili oggetto di investigazione in corso» si legge nell'ordinanza del gip Carlo Ottone De Marchi.
Nel suo cellulare ci sono le foto dell'attentatore che il 26 agosto si è fatto esplodere all'aeroporto di Kabul causando centinaia di morti e del massacro a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo. E poi testi di auto-addestramento al compimento di azioni violente nei paesi occidentali, pure in Italia, anche attraverso la realizzazione di ordigni artigianali, e l'audio in cui lei stessa intona un canto islamico che dimostra la militanza e la disponibilità al martirio. Un'unica richiesta al momento dell'arresto: «Voglio parlare con mio marito».
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