DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
Imprese Edili per il Canale di Suez. Il business delle nuove energie. E ancora informatica, agricoltura. Quel flusso di nuovo denaro che doveva transitare tra l'Italia e l' Egitto si è interrotto: «Non ci sono proprio le condizioni per fare business» spiega una fonte del ministero degli Esteri.
Nonostante i comunicati di distensione, la morte di Giulio Regeni è già un caso diplomatico tra i due paesi. In attesa di capire se il governo italiano prenderà decisioni clamorose (come il ritiro del nostro ambasciatore) qualora il governo di Al Sisi non collabori, come promesso, con le nostre istituzioni, qualcosa già sta accadendo.
LA MISSIONE SOSPESA
Il corpo di Giulio fu ritrovato la sera del 3 febbraio proprio mentre era in corso una visita del ministro delle Attività produttive, Federica Guidi, che nel pomeriggio aveva incontrato Al Sisi. Al seguito della Guidi c'erano i rappresentanti di Confindustria, Sace e Simest, oltre ai rappresentanti di 60 aziende nel campo delle «energia, costruzioni, automotive e componenti auto, agroalimentare, tessile e abbigliamento, gomma e plastica e chimica di base» come spiegava la Guidi, parlando della necessità di «ulteriori spazi e settori di attività da esplorare al fine di intensificare gli scambi commerciali e la presenza delle aziende italiane in Egitto».
Bene, la missione fu annullata con il ritrovamento del cadavere di Giulio ma soprattutto da quel momento tutte le nuove iniziative sono state messe in stand by. «Non ci sono le condizioni» dicono fonti della Farnesina. Perché è vero che «business is business» e, come dimostra il caso dell' aereo russo abbattuto a Sharm, le tragedie difficilmente mettono a repentaglio gli scambi commerciali.
Ma è anche vero che in questa situazione politica è difficilissimo, se non impossibile, presentare l' Egitto come un possibile partner commerciale affidabile. Questo lo sa anche l'Eni che, non a caso, fu tra i primi ad assicurare alla famiglia Regeni di fare tutto quello che era nelle proprie possibilità per arrivare alla verità.
IL PASSO INDIETRO
Che la situazione stia diventando sempre più compromessa, deve essersene reso conto anche il governo egiziano che ieri ha fatto un ennesimo passo indietro sull' ipotesi che gli assassini di Giulio potessero essere in quella gang uccisa in un conflitto a fuoco con la polizia giovedì. «Le indagini sono ancora aperte» a detto ieri il ministro dell' Interno egiziano, Magdi Abdel-Ghaffar, nonostante la sua polizia lo avesse dato praticamente per chiuso dopo aver sostenuto di aver trovato a casa di uno della banda i documenti di Giulio.
I TUTOR INGLESI DI REGENI PROTESTANO CONTRO AL SISI
Circostanza che aveva irritato non poco gli italiani, a partire dal procuratore capo Giuseppe Pignatone che aveva parlato di elementi «non idonei per fare chiarezza». «Stiamo scambiando informazioni su questo caso continuamente e qui al Cairo c'è una delegazione di sicurezza italiana incaricata di seguire l' indagine passo per passo», ha detto però ieri Ghaffar. Che, ora, però ha un nuovo problema: se non è stata quella banda a uccidere Giulio, che ci facevano i suoi documenti a casa di un di loro?
I DEPISTAGGI
In realtà le domande che restano senza risposta sono ancora troppe. Anche perché c'è qualcuno che continua a mischiare in maniera strana le carte. L'ultima circostanza in questo senso arriva da tale David K, ex dipendente dell' Eni che vive al Cairo. «Il 15 gennaio - ha raccontato sono stato fermato da alcune persone che si sono presentati come poliziotti, esibendo un tesserino. Mi hanno fatto salire su un furgoncino e poi accusato di far parte del Fratelli musulmani».
A quel punto lo hanno ricattato, costringendolo a prelevare in un bancomat 10mila euro. In obitorio ha riconosciuto quelle persone in alcuni dei banditi uccisi nel conflitto a fuoco. Stranissima circostanza: il cittadino David K. non aveva mai raccontato questa storia a nessuno prima dell' uccisione dei banditi. Nemmeno alla nostra ambasciata.
L' ULTIMATUM
Proprio perché c' è qualcuno che continua a mischiare le carte, c' è un ultimatum, seppur implicito, tra i due paesi. Gli investigatori italiani si aspettano di avere, finalmente, tutti gli atti di indagine: interrogatori, tabulati telefonici completi, immagini di video sorveglianza, verbali di perquisizione, reperti. Se il 5 aprile gli egiziani non porteranno tutto quello che devono ai colleghi romani, e se la procura capitolina non sarà soddisfatta della collaborazione, i rapporti tra i Italia ed Egitto saranno irrimediabilmente compromessi con «atti conseguenti clamorosi».
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