CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE…
Edoardo Izzo per la Stampa
C' è un nuovo inquietante capitolo nella storia della morte di Stefano Cucchi. Il brutale pestaggio di Cucchi, il 16 ottobre del 2009, che lo porterà al decesso sei giorni dopo all' ospedale Pertini, era noto ai vertici dell' Arma ben prima che se ne occupassero magistrati e media. Ma non basta: i superiori - come è emerso dalle deposizioni di alcuni carabinieri al pm Giovanni Musarò - si adoperarono per una versione "soft" nelle informative destinate ai pm di Roma.
La prima anomalia è relativa al verbale redatto dal carabiniere della stazione Tor Sapienza, Gianluca Colicchio scritto il 16 ottobre, sull' arrivo del giovane accompagnato dal personale della stazione Roma-Appia e trasferito nella cella di sicurezza. «Trascorsi circa 20 minuti, Cucchi suonava al campanello della cella e dichiarava di aver forti dolori al capo, giramenti di testa, tremore e di soffrire di epilessia».
Questa annotazione ha lo stesso numero di una seconda versione, più sfumata: «Cucchi dichiarava di soffrire di epilessia, manifestando uno stato di malessere attribuito al suo stato di tossicodipendenza e lamentandosi del freddo e della scomodità della branda in acciaio». In aula, Colicchio ha riconosciuto come propria la firma in calce ai due verbali, ma ha ammesso che il secondo non corrisponde al vero. Stessa anomalia c' è in due verbali firmati dal carabiniere scelto Francesco Di Sano. «Alle 9 e 05 circa, giungeva presso questa Stazione personale della Casilina, addetto al ritiro del detenuto(...). Cucchi riferiva di avere dei dolori al costato e tremore dovuto al freddo e di non poter camminare, veniva comunque aiutato a salire le scale...».
Di Sano ha ammesso in udienza di essere stato invitato a «ritoccare» il verbale da «superiori gerarchici». E insieme al carabiniere Di Sano, che rischia l' accusa di falso, potrebbero essere coinvolti in concorso anche i «vertici» dell' Arma.
C' è anche il racconto del carabiniere Pietro Schirone, della stazione Casilina che portò Cucchi al tribunale, e che già nel 2009 ai pm romani disse che «era chiaro che era stato menato, aveva ematomi agli occhi». Versione confermata in udienza. Passi di quel verbale finirono sui giornali e Schirone fu convocato il giorno dopo dal comandante provinciale, Alessandro Casarsa.
«Mi chiese solo se le dichiarazioni riportate dalla stampa corrispondessero al mio pensiero. Gli risposi di sì e la questione si chiuse in questo modo. Non sono mai stato sottoposto a un procedimento disciplinare nè ho saputo mai che sulla vicenda sia stata avviata dall' Arma un' inchiesta interna», ha spiegato il carabiniere. Il processo in questione è quello che vede imputati cinque carabinieri: Alessio Di Bernardo, Raffaele D' Alessandro e Francesco Tedesco, accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia.
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