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OGGI SANTINI DA ESIBIRE. IERI PERSONAGGI SCOMODI DA ISOLARE - SONO PASSATI 33 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI IN CUI FURONO AMMAZZATI GIOVANNI FALCONE, FRANCESCA MORVILLO E TRE AGENTI DELLA SCORTA, MA ANCORA OGGI SI VA A CACCIA DELLA VERITÀ: QUALCUNO HA RICICCIATO LA “PISTA NERA”, NUOVAMENTE ARCHIVIATA DAI MAGISTRATI DI CALTANISSETTA. L'IMPIANTO DEL PROCESSO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA È ANDATO A FARSI FOTTERE E, TRA VELENI E MISTERI, NON SI SA CHE FINE ABBIA FATTO L’AGENDA ROSSA DI PAOLO BORSELLINO - LE INCHIESTE CHE FINISCONO CON UN BUCO NELL’ACQUA, I CORTOCIRCUITI GIUDIZIARI E I VECCHI DUELLI DENTRO L’ANTIMAFIA
Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
Trentatré anni sono trascorsi dalle stragi che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino [...]. Chiunque sbarchi a Palermo con l’aereo viene accolto, nella sala arrivi, dalla mostra fotografica che racconta vite, opere e morte di questi due martiri civili [...]
Le immagini ripercorrono il lavoro e i successi dei due magistrati e del loro pool , il pentimento di Tommaso Buscetta e il maxiprocesso a Cosa nostra, ma anche le polemiche sui «professionisti dell’antimafia» e nel «palazzo dei veleni» da cui Falcone fu costretto ad andarsene e che Borsellino definì un «nido di vipere»;
giovanni falcone paolo borsellino
un luogo di divisioni e contraddizioni emerse quando erano ancora in vita e riesplose dopo la loro morte.
Con effetti e conseguenze che ancora oggi rischiano di condizionare l’antimafia politica e giudiziaria.
Basta rileggere le cronache delle ultime settimane. Il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia Michele Prestipino ha lasciato anzitempo incarico e toga dopo aver saputo di essere indagato per una presunta rivelazione di segreto d’ufficio [...] con l’aggravante «di aver agito al fine di assicurare l’impunità di importanti figure imprenditoriali contigue ad associazioni criminose di tipo mafioso».
GIOVANNI FALCONE GIANNI DE GENNARO
È una vicenda che non c’entra con le stragi del ’92, ma l’ipotetico reato è affiorato da un’intercettazione ordinata dalla Procura di Caltanissetta durante un incontro tra Prestipino (che a tacer d’altro coordinò la cattura di Bernardo Provenzano nel 2006), l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, che da investigatore fu tra i più stretti collaboratori di Falcone con cui gestì le rivelazioni di Buscetta, e il suo ex braccio destro Francesco Gratteri, che arrestò gli autori della strage di Capaci (sotto la guida di De Gennaro) fino a boss del calibro di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca.
Un cortocircuito dovuto all’inchiesta ancora aperta sulla scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino attribuita — come la costruzione del falso pentito Scarantino — all’allora capo della Squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, che pure collaborò con De Gennaro; i pm nisseni ascoltavano l’ex capo della polizia in cerca di indizi su quello e altri depistaggi, a trentatré anni di distanza dai fatti.
mario mori giuseppe de donno 4
Stesso obiettivo della Commissione parlamentare antimafia guidata dalla deputata di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, che la scorsa settimana ha ascoltato (e tornerà a farlo) gli ex alti ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno, assolti due anni fa nel processo sulla trattativa Stato-mafia (e Mori, in precedenza, per la mancata perquisizione nel covo di Totò Riina nel 1993 e il mancato arresto di Provenzano nel 1995; ma è di nuovo sotto inchiesta a Firenze per un ipotetico concorso nelle stragi del 1993).
[…] i due ex carabinieri hanno lanciato accuse e sospetti nei confronti dei magistrati della Procura di Palermo al tempo delle stragi e dell’inchiesta su mafia e appalti condotta dagli stessi ex ufficiali del Ros, a loro giudizio boicottata dai pm dell’epoca; non solo il procuratore Piero Giammanco, ormai defunto, ma anche nomi che allora e nei decenni successivi sono stati veri e propri simboli dell’antimafia giudiziaria: Gioacchino Natoli, che faceva parte del pool di Falcone e Borsellino; Giuseppe Pignatone, poi procuratore a Reggio Calabria e Roma; Roberto Scarpinato, pm di punta della Procura guidata da Gian Carlo Caselli e oggi senatore dei Cinque Stelle.
FRANCESCA MORVILLO GIOVANNI FALCONE
L’inedito e sbalorditivo applauso con cui i parlamentari di centrodestra hanno accolto la «requisitoria» di Mori e De Donno è il segno dell’ipoteca politica (nonché della strumentalizzazione) che pesa su una ricostruzione dei fatti che ha il sapore di un regolamento di conti risalenti alla fine del secolo scorso. Fatti negati o raccontati in tutt’altro modo dagli altri protagonisti chiamati in causa.
Natoli e Pignatone, indagati da un anno o più a Caltanissetta per il presunto insabbiamento del rapporto mafia-appalti, hanno già fornito agli inquirenti le prove che secondo loro ribaltano e smentiscono la versione degli ex Ros. E il senatore Scarpinato ha vergato un’articolata e puntigliosa memoria per rintuzzare le «falsificazioni e distorsioni» attribuite a Mori e De Donno.
Un duello giudiziario e politico che inevitabilmente evoca i veleni ricordati dalle foto esposte a Punta Raisi, che intossicarono la vita e la morte di Falcone e Borsellino. Sulla quale doverosamente si continua a indagare in cerca di possibili mandanti ed esecutori, in aggiunta a quelli mafiosi, di cui non mancano le tracce. Con il rischio però di confondere le acque anziché chiarire contesti e responsabilità. Sulla bomba di Capaci è stata rilanciata di recente la «pista nera» che puntava al neofascista Stefano Delle Chiaie, ma un giudice l’ha già archiviata un anno fa: «Nessun elemento utile» è emerso a sostegno dell’accusa.
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arnaldo la barbera
giovanni arcangioli con la borsa di paolo borsellino
paolo borsellino
strage via d amelio
giovanni falcone
Francesco Gratteri
GIOVANNI FALCONE
giovanni falcone
strage di capaci
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