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Estratto dell’articolo di Alessandra Muglia per il “Corriere della Sera”
Mancavano tre settimane al Natale quando Sophie Narme, una giovane agente immobiliare, mostrava a un cliente un elegante appartamento nel 19esimo arrondissement di Parigi. Verso le 10 del mattino questa ventitreenne è entrata nell’alloggio in Rue Manin con monsieur Duboste, questo il (finto) nome che le aveva dato l’uomo, sulla trentina, dimostrandosi intenzionato all’acquisto. La ragazza non ne è più uscita. In serata è stata ritrovata senza vita in quello stesso appartamento, il suo corpo disteso a faccia in giù con i capelli che le coprivano il volto, le mani legate dietro la schiena, una cintura intorno al collo, diversi tagli e ferite sulla pelle, un forte odore di etere nell’aria.
E, particolare da non trascurare, le sue scarpe sistemate con cura accanto al corpo. L’autopsia ha confermato poi che la giovane era stata violentata prima di essere strangolata.
Un agguato ben architettato che risale al 1991: per anni gli investigatori hanno faticato a trovare indizi su un assassino […]
Soltanto trent’anni dopo gli inquirenti sono arrivati sulle tracce di un altro predatore sessuale: Dominique Pelicot, il «mostro di Mazan» condannato giovedì scorso a vent’anni per stupro aggravato sulla moglie Gisèle.
Una vicenda che ha sconvolto la Francia e il mondo intero: dal 2011 al 2020, l’uomo drogava Gisèle nella loro casa a Mazan, in Provenza. Una volta incosciente, la donna veniva violentata da Pelicot stesso e da altri uomini da lui invitati.
Ma la perversione violenta di questo malato di «parafilia», ossia una propensione ad atti sessuali su persone non consenzienti, sembra avere purtroppo investito altre donne: oltre 20 anni prima delle aggressioni sessuali per le quali è stato condannato, Pelicot ha tentato di stuprare una giovane agente immobiliare, nota con lo pseudonimo di Marion, alla periferia di Parigi.
A questa 19enne appena assunta, si era presentato con un nome falso e aveva richiesto di visitare un appartamento all’ultimo piano. Poi era entrato in azione, immobilizzando la ragazza legandole le mani dietro la schiena e coprendole naso e bocca con un panno imbevuto di etere, sostanza dall’effetto anestetico. […] L’uomo aveva iniziato a spogliarla, sistemando con cura le sue scarpe, una accanto all’altra, ma la giovane riuscì a respingerlo e a nascondersi in un armadio.
E lui si era dato alla fuga. Era il 1999: un caso rimasto a lungo irrisolto. Soltanto nel 2021, dopo essere stato arrestato per i crimini inflitti alla moglie Gisèle, il dna di Pelicot è stato confrontato con una macchia di sangue trovata sulla scarpa di Marion, e l’imputato ha dovuto ammettere quel tentato stupro.
Un epilogo che ha portato gli inquirenti a stabilire un collegamento con un «cold case» ancora più antico, quello di Sophie Narme. Le due vittime esercitavano la stessa professione, vivevano nella stessa città e il modus operandi dell’aggressore — con etere, cutter e corda o cintura — è simile: troppo per una semplice coincidenza: Pelicot è ora indagato per questo crimine.
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