DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Silvia Bencivelli per “La Repubblica”
Gli manca solo la parola. E non è detto che sia una sfortuna. Perché i cani hanno sentimenti analoghi ai nostri, probabilmente paragonabili a quelli di un bambino di pochi anni. E quello che i padroni intuiscono soltanto, può trovare conferma nello studio del comportamento animale. Oggi il dito è puntato sul principe dei sentimenti infantili: la gelosia. Gelosia che i cani avvertirebbero in maniera più rudimentale di noi (drammi d’amore a parte) ma che avrebbe le stesse caratteristiche della nostra.
Lo dimostra una ricerca pubblicata sulla rivista PlosOne da Christine Harris, una psicologa dell’Università della California che ha a lungo lavorato sui comportamenti dei bambini. Harris ha sottoposto 36 cani allo stesso esperimento che si usa per valutare la gelosia nei piccoli umani, cioè li ha messi in una stanza con il padrone (l’analogo del genitore) e li ha filmati di nascosto mentre quest’ultimo giocava con tre oggetti: un cane di pezza capace di muoversi e abbaiare, un secchiello e un libro sonoro per bambini.
Da notare che nemmeno i padroni sapevano bene a che cosa servissero questi oggetti, e la loro inconsapevolezza serviva a non influenzare il comportamento degli animali. I cani, da parte loro, avevano un’età media di trentadue mesi (quindi adulti), erano in ugual misura maschi e femmine, ed erano di razze diverse.
L’obiettivo di Harris era capire se il cane si sarebbe innervosito semplicemente per la perdita di attenzione da parte del padrone (quindi anche mentre questo era alle prese con il libro) o per la competizione con un oggetto simile a un altro cane, o almeno con cui l’umano interagisse in maniera analoga.
Il risultato è stato l’osservazione di una serie di comportamenti chiari da parte dell’animale quando tra le mani del suo umano c’era il pelouche, meno presenti (o del tutto assenti) con il secchio o con il libro. Cioè il cane saltava sulle cosce del padrone, aggrediva l’oggetto, si frapponeva tra lui e l’uomo e abbaiava.
Per Harris, questo dimostra che di gelosia si tratta.
Una gelosia “primordiale”, certo. Perché il sentimento umano è complesso e richiede di avere un pensiero su se stesso, sugli altri, e sui rapporti che dovrebbero intercorrere tra questi.
C’è anche chi ha obiettato che forse in questo caso “gelosia” è un termine eccessivo, come Alexandra Horowitz, psicologa della Columbia University, che al New York Times ha detto: «Possiamo dire solo che il cane vuole l’attenzione del proprio padrone», e questa non è una grande novità. Come non sono novità le conseguenze per il padrone, chiamato a essere attento quando il cane potrebbe diventare aggressivo.
In ogni caso, insiste la Harris, la gelosia è un sentimento da studiare con attenzione anche per le sue conseguenze sociali. «È la terza causa di omicidio volontario al mondo», spiega nell’introduzione all’articolo, ed è importante capire come emerge. Perché è probabile che sia uno di quei sentimenti a cui si può attribuire un vantaggio evolutivo: «La gelosia potrebbe essere emersa nelle situazioni di rapporto genitori — figli, in cui tutta la prole è dipendente dalle cure parentali per la sopravvivenza ». Se fosse così, «non dovrebbe essere appannaggio esclusivo della nostra specie ma di tutte le specie sociali ».
Quindi, come aveva ipotizzato anche Charles Darwin, la gelosia “primordiale” potrebbe essere un sentimento molto “antico” nella storia della vita, e riguardare molte specie animali. Oltre all’uomo e al cane.
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