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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Lasciato incancrenire dal precedente Consiglio superiore della magistratura, come già gli altri nodi del contrasto tra il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati, il «giallo» del doppio pedinamento nelle indagini Expo ripiomba sul nuovo Csm e sul nuovo procuratore generale della Cassazione con un colpo di scena.
Davanti al Csm il 12 maggio 2014, infatti, Bruti aveva detto che Robledo, «pur informato di un pedinamento in corso» nell’inchiesta Expo condotta dai pm Gittardi e D’Alessio con il procuratore aggiunto Boccassini, aveva «disposto analogo pedinamento», creando «una situazione surreale... Solo la reciproca conoscenza del personale della Guardia di Finanza incontratosi sul terreno ha consentito di evitare gravi danni alle indagini». E il pm Boccassini aveva rincarato: «Purtroppo è successo... I finanzieri che lavoravano con Gittardi e D’Alessio hanno fatto 3.000 passi indietro» e «appena visti i colleghi, che erano sullo stesso osso, se ne sono andati. Dopodiché è ovvio che Gittardi e D’Alessio hanno riferito l’episodio al procuratore».
Ma Robledo, che aveva sempre negato di aver disposto un pedinamento, in ciò confortato anche da una dichiarazione della GdF, scrive a D’Alessio se sia stato lui a raccontare l’episodio a Bruti, così come riferito dal pm Boccassini al Csm. E D’Alessio in una lettera datata 26 novembre 2014 gli risponde: «Ritengo di escludere, per quanto mi consta, di aver riferito al procuratore l’episodio specifico». Robledo lo domanda allora a Gittardi, che risponde: «Non risultano comunicabili le informazioni richieste, presupponendo la diffusione in ambito esterno anche del contenuto di atti nell’ambito di procedimento (Expo, ndr ) ancora pendente. Ove richiesto, al venir meno dei vincoli, le fornirò nelle competenti sedi istituzionali».
«Risposta palesemente pretestuosa», la definisce ora Robledo nell’inviare ieri le due lettere al Csm e al procuratore generale della Cassazione: perché, a suo avviso, per il sì «sarebbe sufficiente il riferimento agli atti di polizia giudiziaria già protocollati e depositati», e per il no «non sarebbe necessario alcun riferimento, come nella risposta del collega D’Alessio».
Robledo, appena trasferito in via disciplinare a Torino dal Csm per i suoi rapporti con l’avvocato della Lega Domenico Aiello, chiede allora al Csm di «convocare i pm Gittardi e D’Alessio per accertare quanto davvero accaduto. E ripristinare la verità dei fatti, a tutela della dignità della Procura».
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