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Guido Olimpio per “il Corriere della Sera”
L'Isis ha perso Dabiq, in Siria, e ora è sotto assedio a Mosul. Una valutazione rilanciata da alcuni esperti sostiene che il movimento ha il 16 per cento in meno del territorio, con un'area scesa a 65 mila chilometri quadrati, deserto incluso. Forse è l'inizio - lento - della fine «militare» e il passaggio ad una fase dove i militanti torneranno alla guerriglia e punteranno ancora di più sul terrorismo. La partita non è per niente chiusa. E c' è il rischio di un altro disastro umanitario.
Perché è importante Mosul? Nella grande città sunnita è stato proclamato il Califfato da al Baghdadi, qui l' esercito iracheno si è dissolto lasciandola al suo destino. Un' onta e una sconfitta che ha regalato all' Isis un bottino bellico gigantesco. Gli estremisti si autodefiniscono uno Stato Islamico ma rischiano di non avere più centri da gestire, popolazione da governare, assistenza da garantire, rifugi solidi dove far crescere il proprio apparato. Non è poco per chi si presenta come un' alternativa al sistema incarnato dagli sciiti. La strategia del consolidamento e dell' espansione predicata dai leader è davvero in pericolo.
Come protegge Mosul? Sono circa 5-7 mila i guerriglieri dell' Isis. Hanno scavato trincee, bunker e tunnel. Sbarrato interi quartieri con barriere in cemento. Realizzato fossati riempiti di benzina e poi incendiati per creare una spessa cortina fumogena. L'obiettivo sarà quello di rallentare il più possibile l'offensiva. Da qui l'uso massiccio di veicoli-bomba guidati da kamikaze - ieri ne hanno lanciati 11 in sole 2 ore -, cecchini, trappole esplosive e mine.
Qualche analista ha ipotizzato che il Califfo sacrificherà questi uomini trasferendo invece altre unità all' esterno per azioni diversive e a sorpresa. Inoltre spera che i governativi facciano vittime tra i civili e provochino danni immensi: ferite che possono essere sfruttate in futuro. È stato lasciato aperto un corridoio ad ovest per favorire un esodo verso la Siria. Tattica che può avere un senso, ma che alimenta anche teorie cospirative su un «favore» fatto agli islamisti.
Come attacca la coalizione? Ha impegnato 30 mila uomini, tra regolari iracheni, milizie sciite, curdi. Alle loro spalle 5 mila americani, forze speciali occidentali, istruttori (compresi gli italiani). Importante il ruolo dell' aviazione e dell' artiglieria messa a disposizione da parte degli alleati: hanno sistematicamente neutralizzato snodi difensivi e decimato la gerarchia Isis.
I militari dovranno ripulire i villaggi attorno alla città, creare un cerchio attorno all' obiettivo, poi entrare con cautela. Il rischio è di combattimenti casa per casa. Bastano pochi uomini barricati per tenere testa a chi avanza. A meno di non spianare tutto come i russi ad Aleppo. Bagdad poi spera anche in atti di resistenza all' interno, con sabotaggi di formazioni anti Isis.
Quali sono i maggiori problemi per la coalizione? La chiamano coalizione ma è un insieme di interessi che spesso non convergono. In sintesi. I sunniti non vogliono che le milizie sciite entrino a Mosul, hanno paura della rappresaglia. Bagdad ha bisogno dei peshmerga curdi però teme che possano allargarsi. I turchi hanno formato una loro fazione - con base a Bashiqa - e pretendono di avere un pezzo della «torta». Erdogan ha messo in guardia l' Iraq su mutamenti alla composizione etnica a Mosul. Una difesa che nasconde vecchie rivendicazioni da parte di Ankara. Poi il duello tra l' Iran - che ha le sue pedine, comprese le milizie sciite - e gli Stati Uniti.
Grandi contrasti sui quali si innestano le aspirazioni di realtà più piccole. Una frammentazione che rallenta le iniziative politico-militari, contrasti che accentuano il sospetto che alla fine ci sia un progetto di spartizione dell' Iraq. Tutti gli esperti lo dicono da settimane: attenzione al «dopo», la gestione di Mosul sarà un banco di prova. Quali le mosse dell' Isis? Se cadrà la sua capitale, avrà da affrontare alcune missioni.
1) Reazione con tattiche insurrezionali, quelle che hanno caratterizzato il qaedismo in Iraq per lungo tempo sfruttando rabbia e risentimento sunnita. È un tipo di lotta dove i jihadisti hanno acquisito grande esperienza 2) Difesa di Raqqa, la roccaforte nel nord della Siria, verso la quale potrebbero muovere ribelli siriani, curdi e coalizione. 3) Rilancio delle azioni terroristiche in Occidente, con una combinazione di attentati affidati a singoli individui e operazioni in stile Parigi. Per dimostrare che il rovescio militare non intacca la capacità a lungo raggio. Gesti che potrebbero anche essere condotti da simpatizzanti senza bisogno di strutture d' appoggio particolari.
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