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PROCESSO ENI-NIGERIA, ENNESIMO COLPO DI SCENA, ENNESIMA SCONFITTA PER DE PASQUALE-GRECO - “IL FATTO NON SUSSISTE” ANCHE PER I MEDIATORI, GIÀ CONDANNATI IN PRIMO GRADO, EMEKA OBI E GIANLUCA DI NARDO - NON SOLO: LA PROCURA GENERALE DI MILANO HA ADDITATO L'’’ENORME SPRECO DI RISORSE” PER UN’INDAGINE DURATA 8 ANNI E HA QUALIFICATO “AVVELENATORE DI POZZI” VINCENZO ARMANNA, L'EX DIRIGENTE ENI ACCUSATORE ASSAI VALORIZZATO DAL PM FABIO DE PASQUALE VERSO DESCALZI E SCARONI
Luca Fazzo per "il Giornale"
La grande inchiesta della Procura di Milano sull' Eni era basata sulle false accuse di un calunniatore: a dirlo non sono gli avvocati difensori ma la Procura generale del capoluogo lombardo, chiamata a sostenere l' accusa nel processo d' appello a due presunti mediatori delle presunte tangenti pagate dall' Eni in Nigeria.
I due erano stati processati a parte e condannati in primo grado a quattro anni di carcere. Ieri il procuratore generale Celestina Gravina chiede l' assoluzione per entrambi e la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica perché indaghi su Vincenzo Armanna. Ovvero l' ex manager Eni, responsabile delle attività nell' Africa subsahariana, le cui dichiarazioni sono di fatto l' asse portante dell' intera indagine Eni-Nigeria.
La settimana scorsa erano stati assolti, al termine di un lungo processo di primo grado, l' Eni e la Shell (sua alleata nel contratto nigeriano) insieme all' ex amministratore delegato dell' azienda italiana Paolo Scaroni e al suo successore Claudio Descalzi.
Il pm Fabio De Pasquale aveva chiesto per entrambi otto anni di carcere, portando tra i suoi argomenti proprio la condanna già inflitta ai due mediatori: se sono colpevoli i due mediatori, come possono essere innocenti i diretti interessati?
Ma ieri arriva l' ennesimo colpo di scena. Davanti alla seconda sezione si apre il processo d' appello ai mediatori, il nigeriano Emeka Obi e l' uomo d' affari italiano Gianfranco Di Nardo. E nella sua requisitoria è il pg Gravina a chiedere che la condanna venga azzerata, i due vanno assolti «perché il fatto non sussiste».
La testimonianza che secondo la Procura li incastrava è non solo priva di riscontri ma smentita da tutte le altre circostanze. Armanna, dice la rappresentante dell' accusa, ha mentito deliberatamente: l' ex manager sarebbe un «avvelenatore di pozzi». Ora a indagare su Armanna dovrà essere la stessa Procura della Repubblica che per anni lo ha considerato attendibile, dando luogo a una indagine - come ha sottolineato la Gravina - lunga e dispendiosa.
Sui motivi che avrebbero portato Armanna a accusare falsamente l' Eni dovrà ora scavare l' inchiesta. Di certo c' è che l' unico italiano ad avere ricevuto con certezza una parte dei soldi versati al governo nigeriano dai due colossi occidentali per chiudere l' affare è stato proprio Armanna, sul cui conto alla Popolare di Bergamo sono stati individuati e sequestrati 900mila euro fattigli avere dall' ex ministro della Giustizia nigeriano Bajo Ojo.
Prima ancora che la dottoressa Gravina prendesse la parola per la richiesta di assoluzione, la Corte - presieduta dal giudice Rosa Polizzi - aveva già preso una decisione indicativa della volontà di vedere fino in fondo nel garbuglio Eni: quella di acquisire agli atti la sentenza ormai definitiva che ha assolto Eni e i suoi manager nel processo (assai simile) per le presunte tangenti versate in Algeria, un precedente significativo sulla difficoltà per il pm De Pasquale di portare in aula prove convincenti.
Mentre subito dopo i giudici hanno rifiutato invece di acquisire agli atti la memoria d' accusa che proprio De Pasquale aveva presentata nel processo principale per le tangenti in Nigeria. La stessa memoria che De Pasquale ha mandato nei giorni scorsi via whatsapp a tutti i pm milanesi, nel pieno delle polemiche scoppiate all' interno della Procura sulla gestione del caso Eni.
Se anche questo filone finisse con un nulla di fatto, la Procura milanese dovrebbe prendere atto di avere dato la caccia per anni a un reato indimostrato e forse indimostrabile.
«L' azione penale è obbligatoria», ha ricordato nei giorni scorsi il procuratore Francesco Greco ai suoi sostituti, rivendicando per intero le indagini compiute da De Pasquale sul fronte Eni e la sua gestione dei processi. Anche le assoluzioni, come le condanne, fanno parte della normalità dei processi. Ma se su un fronte così delicato una Procura incassa solo sconfitte, qualche domanda è inevitabile.
fabio de Pasquale
Dan Etete
i pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro -U43070110205349sDC-593x443@Corriere-Web-Sezioni
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