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Fosca Bincher per “Libero quotidiano”
Martedì 5 aprile, processo di Mafia Capitale, Roma. Davanti al presidente della corte Rosanna Iannello e al pm Luca Tescaroli appare uno delle decine di testi che fin qui sono sfilati per raccontare il contenuto delle indagini su Salvatore Buzzi, Massimo Carminati & C. È un piccolo commerciante, che indirettamente è stato intercettato nelle migliaia di conversazioni depositate. Sembrava l' ennesimo tassello di una sfilata un po' noiosa, ma necessaria per dare sostanza a brogliacci che spesso da soli non possono motivare una condanna.
Non è stato così. Dal primo momento. Il teste si siede. Il presidente gli fa leggere la dichiarazione di rito. «Lei si chiama?» «Alessandro Zanna». Poi la data di nascita. E subito il primo intoppo. «Dove è residente?», chiede il presidente del tribunale. «A Roma». «In che via?». «Come domicilio?». Il presidente: «Il luogo in cui vive abitualmente!». Zanna: «Abitualmente? Al mio posto di lavoro...». «Ma non ha una abitazione?».
Sì, ce l' ha, ma l' indirizzo non lo vuole dare in pubblico. È anomalo in un processo, ma la Iannello glielo concede. Così può iniziare la testimonianza.
UN PASSO INDIETRO
A questo punto bisogna fare un passo indietro. Zanna è finito nell' inchiesta per alcune sue telefonate intercettate con Luigi Seccaroni, titolare di un autosalone di Roma Nord che conosceva Carminati e il suo braccio destro Riccardo Brugia. Un giorno di aprile 2013 al Cècato e al suo compagno viene in mente di cercare un terreno sulla Cassia per avviare una nuova attività commerciale (un deposito di carburanti), e ne addocchiano uno che appartiene al Seccaroni.
Glielo chiedono in affitto, ma quello cerca di prendere tempo. La cosa non va giù a Carminati e al suo amico. Che cominciano a fare pressioni. Seccaroni dice che il terreno appartiene al padre, una persona anziana che non vuole né affittarlo né venderlo. Davanti al Gip lo stesso Seccaroni avrebbe poi raccontato: «Io gli rispondevo che per avviare quella attività non andava bene, poiché troppo piccolo. Gli proponevo di vedere un terreno in via Flaminia. Ma il loro interesse per il mio terreno non scemava e iniziavano insistentemente a chiedermi di venderglielo o di affittarglielo».
I due insistono. «Cercavo di farli desistere, ma questo generava un radicale cambiamento di atteggiamento nei miei confronti che diveniva sempre più pressante e minaccioso tanto da indurmi uno stato d' ansia e preoccupazione costante di pericolo per me e i miei cari». Carminati e Brugia minacciano «di incendiarmi l' azienda, picchiarmi e fare del male ai miei familiari, compresi mio fratello e mio padre».
Non solo, «un sabato mattina mentre accompagnavo mia figlia a scuola ho incrociato Carminati lungo corso Francia e lo stesso, dopo avermi seguito per un pezzo di strada, mi affiancava e mi guardava. La circostanza mi ha spaventato parecchio, tanto che sviavo lo sguardo e cambiavo corsia».
Il commerciante non esagerava. I Ros intercettarono Carminati mentre parlava così a Brugia di Seccaroni: «Gli faccio del male. È matematico che me la doveva fare perché sennò gli vado a picchiare il padre. Io gli ho fatto fà una grande cortesia da coso, come ca...dall' amico... gli ho fatto fare una grande cortesia de qua… senza piglià una lira... no ma io lo torturo per... Robè, lo torturo Robè, tu non sai manco se a Roma io... no, io su ste cose, io lo torturo, adesso lo torturo, adesso lo torturo tu mi devi credere… lo faccio campare male, io lo faccio campare male, senza daje manco na pizza... anzi una pizza gliela do... Non hai capito gli faccio cagà sangue, stavolta gli faccio cagà sangue, così se impara, la paga tutta una vol... tutt' insieme...».
la cupola di mafia capitale carminati
Il commerciante confida quelle minacce a un amico: il Zanna chiamato a testimoniare il 5 aprile al processo. Anche quelle telefonate verranno intercettate e pubblicate quando scoppia Mafia Capitale. Allora il Zanna va dai carabinieri e racconta. Il giorno del processo provano a farglielo raccontare ancora.
Ma a differenza dalla volta dai carabinieri, ora in collegamento video con l' aula, dal carcere di massima sicurezza in cui è rinchiuso, c' è Carminati. E Zanna non racconta più nulla. Fa arrabbiare il pm, perché dice che erano stati i carabinieri a chiamarlo. Non è vero, e viene letto il verbale di quella testimonianza in cui è chiaro che era avvenuto il contrario. Allora Zanna si rifugia dietro il «non ricordo, come faccio a ricordare? La memoria non mi aiuta...».
BOCCA CUCITA
Il pm prova a rinfrescargliela. Lui ammette che sì, Seccaroni gli aveva genericamente riferito di un «disagio», di «difficoltà». Il pm insiste, e lui ammette che forse l' amico, a bene ricordare, si sentiva in pericolo. Forse aveva ricevuto minacce. Da chi? Non ricorda. Anzi, gli pare che «non mi avesse mai fatto nomi. Erano minacce così generiche». Il presidente del tribunale perde la pazienza: «Guardi che rischia l' incriminazione per falsa testimonianza».
Il pm legge il verbale della denuncia ai carabinieri e fa notare che lì vengono fatti i nomi di Brugia e Carminati. Perché ora no? Ipotizza: «Perché c' è Carminati in collegamento? Ha paura? E di che? Lei si trova protetto in un aula di giustizia...». Ma la memoria non torna, anche se la denuncia ai carabinieri è solo di un anno prima.
MAFIA CAPITALE - MONDO DI MEZZO
Allora gli leggono le intercettazioni e Zanna: «Confermo quel che ho detto nelle intercettazioni». Il pm: «Lo sa che in oltre un' ora lei non ha mai pronunciato il nome di Carminati?». E a forza glielo strappano: «Ca... Carminati...». Quasi due ore così. La prima volta al processo in cui un testimone sembra deporre nella vecchia Sicilia dominata dai capimafia che incutevano terrore più di qualsiasi condanna penale. È forse la prima volta da quando il processo è iniziato che sì, questa sembra proprio Mafia Capitale...
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