“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Chiara Acampora per l'ANSA
Certificazioni false per far ottenere ai detenuti misure alternative e anche 'pizzini' dal carcere per continuare a comandare piazze di spaccio alla periferia della Capitale. Un sistema che intrecciava corruzione, false certificazioni e narcotraffico con uno psicologo che faceva da collante. E' quanto accertato da una maxi inchiesta dei carabinieri, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Due i filoni d'indagine che hanno fatto scattare all'alba misure cautelari per 32 persone. Circa 300 carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Frascati e dei Comandi di varie province italiane hanno eseguito le ordinanze, emesse dal gip di Roma su richiesta della Dda.
Le indagini sono partite nel 2017. In una prima fase personale del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria ha notato anomalie nella concessione di benefici penitenziari ai detenuti di Rebibbia. E' stato così scoperto un sistema di certificazioni che falsamente attestavano un abuso di stupefacenti o stato di tossicodipendenza per far ottenere misure alternative al carcere, all'interno del Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell'Asl Roma 2 che opera Rebibbia.
A promuoverlo uno psicologo, ora ai domiciliari insieme a un'altra persona. In due sono, invece, stati sottoposti alla misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio per un anno perché accusati, a vario titolo, di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria, falsità ideologica e corruzione. In un'occasione è stato registrato il pagamento di mille euro da parte di un detenuto in cambio di una relazione psicologica con cui veniva espresso parere favorevole per i benefici penitenziari.
Sono stati poi documentati contatti tra lo psicologo e alcuni detenuti - anche tramite volontari del Ser.D. - finalizzati a rintracciarne altri da agevolare con lo scopo di ottenere maggiori compensi dalla Asl per le ore di lavoro svolte. Lo psicologo - anche con la complicità di altri professionisti sanitari - avrebbe inoltre puntato a fondi regionali del "Progetto Sportello" attraverso un'associazione costituita da volontari del Ser.D. su suo input. Finanziamenti poi mai assegnati a causa di alcune anomalie riscontrate nell'organizzazione dell'associazione.
La seconda fase di indagini, avviata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati nel marzo 2018 è scaturita proprio dal monitoraggio all'interno del carcere di Rebibbia di un detenuto, personaggio di spicco del narcotraffico romano che, si ipotizza, avesse contatti con lo psicologo. Un filone che ha portato all'emissione di un'ordinanza nei confronti di 28 persone. E' stato accertato che il narcotrafficante, anche se ristretto in carcere, grazie al determinante contributo di due avvocati (solo uno dei due arrestato) incaricati di trasmettere messaggi e direttive all'esterno, abbia continuato a gestire piazze di spaccio nel quadrante sud-est della Capitale.
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