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STASERA MI BUTTO… NEL LABIRINTO - QUEST'ANNO SONO STATI MIGLIAIA I VISITATORI DEI PERCORSI "EFFIMERI" NELLE PIANTAGIONI DI MAIS, CREAZIONI ELABORATE AL COMPUTER CHE DURANO SOLO QUALCHE MESE PRIMA DELLA TREBBIATURA - PER FRANCO MARIA RICCI: "SONO LUOGHI DELL'ANIMA, SIMBOLI UNIVERSALI DI RICERCA"

1 - QUEST'ESTATE MI PERDO IN UN LABIRINTO

Elisabetta Pagani per La Stampa

 

labirinto di franco maria riccilabirinto di franco maria ricci

Li chiamano labirinti effimeri perché durano il tempo di un' estate. A settembre inoltrato, con la trebbiatura, spariscono, fornendo il granturco da vendere nei mercati. Li frequentano bambini amanti dell' avventura e adulti che vogliono riprovare il sapore dei giochi di un tempo. Ma ad addentrarsi tra le stradine delimitate da folte siepi di mais sono, seppur più raramente, anche singoli in cerca di pace per meditare. «Per me è il modo migliore di vivere il labirinto. Da soli, magari di notte o all' alba. C' è chi ce lo chiede e noi apriamo il cancello» spiega Carlo Galassi, che nella sua azienda agricola di Alfonsine, nel Ravennate, festeggia i 10 anni del suo labirinto di mais, creato dall' artista Luigi Berardi.

 

In Italia è stato uno dei primi. Oggi se ne contano tanti, da Nord a Sud, sull' onda di un esperimento nato in Usa e diventato attrazione turistica. A Senigallia, a occuparsi del progetto è un gruppo di giovani agronomi e pedagogisti riuniti in una cooperativa, Hort, nata come spin off dell' Università Politecnica delle Marche. «Il labirinto affascina l' uomo fin dai tempi antichi - spiega il presidente Luca Kogoj -. E' misterioso ma anche ludico. Dotiamo i visitatori di una mappa per rassicurarli, ma in realtà li invitiamo a perdersi. L' idea è quella di un dedalo rinascimentale in cui vagare».

labirinto di franco maria ricci 2labirinto di franco maria ricci 2

 

Ogni anno, come tutti i labirinti di mais, visitabili da giugno a settembre, «il disegno cambia. Questa edizione ricrea una radio, ma in passato è stata riprodotta anche la facciata del Palazzo Ducale di Urbino» aggiunge Kogoj. Tra i 12 e i 15mila i visitatori del labirinto, che propone attività collaterali pedagogiche o culturali. Si ispira invece alle creazioni di Maria Mesch quello di Mezzago (Monza Brianza), realizzato dalla Proloco. «È nato come un esperimento nel 2016, quando tutti andavano pazzi per la land art di Christo sul Lago d' Iseo» racconta Fabio Di Camillo, uno dei responsabili. Quattro aperture settimanali, 5 mila biglietti e «un grande impegno». Il lavoro di preparazione inizia a fine aprile, spiega Kogoj: «Si semina l' intero campo, che normalmente oscilla fra i 4 e i 7 ettari.

 

labirinto di alfonsinolabirinto di alfonsino

Un mese dopo, quando il mais è cresciuto, si elabora il percorso al computer e, armati di metro, nastri e Gps, si procede tagliando le piante per creare le stradine. In Usa usano seminatrici di precisione, qui siamo un po' più empirici». Con la trebbiatura «si recupera il mais, alto fra i 2 e i 3 metri, e lo si vende» spiega Alessandro, figlio del conte Niccolò Calvi di Bergolo, che quest' anno ha inaugurato «il primo labirinto del Piemonte» nel Castello di Piovera (Alessandria, il progetto è di Elisabetta Baldi), per festeggiare gli 80 anni del padre (il dedalo riproduce la sua mano) e i 50 anni dall' acquisto dell' edificio.

 

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E' ancora un mistero, invece, l' esatto disegno del labirinto di Galassi: «Lo sveliamo alla fine, con una foto aerea». Nessuno mai si perde? «Eccome. E possono capitare scene di panico, ma diamo a tutti un braccialetto con un numero da chiamare. In pochi minuti siamo in grado di raggiungerli». Galassi ha creato il primo labirinto nel 2007 come regalo per i nipoti, «per farli giocare nei campi di mais come facevo io con mio nonno». Oggi è frequentato da diecimila fra famiglie e gruppi di amici, che si fermano a grigliare nelle «stanze del mais», cortili a cielo aperto o tavoli sugli alberi. «In un labirinto - conclude - si va per divertirsi, stare nella natura o meditare. Per me è il posto in cui portare a spasso la propria anima».

 

 

2 - FRANCO MARIA RICCI: IL MIO L'HO COSTRUITO PENSANDO A BORGES

Da La Stampa

 

labirinto labirinto

«Tanto tempo fa, passeggiando nel campo dove oggi sorge il mio labirinto con Jorge Luis Borges, di cui ero amico ed editore, gli dissi che prima o poi ne avrei costruito uno. Peccando un po' di superbia, aggiunsi che sarebbe stato il più grande del mondo, anche se lui obiettò che esisteva già, ed era il deserto». Nel 2015 il desiderio di Franco Maria Ricci è diventato realtà, con un labirinto neoclassico di bambù (il Labirinto della Masone) con cui sogna di contribuire a cambiare «il volto della Val Padana, restituendole la grazia perduta».

 

Designer ed editore, Ricci ha realizzato a Fontanellato (Parma), un labirinto permanente cui ha affiancato un museo con opere d' arte raccolte in 50 anni, una biblioteca e spazi per mostre, feste e concerti.

 

Perché i labirinti affascinano da sempre l'uomo?

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«Il labirinto è un simbolo universale. Sacro e laico. Da quello greco e romano, simbolo del potere, a quello medievale, simbolo di fede, fino ai giocosi ed intricati giardini settecenteschi o ai percorsi nei siti orientali. Il fascino che esercitano su di me deriva in gran parte dagli incontri con scrittori come Eco, Calvino o Borges, che hanno spesso inventato labirinti nei loro racconti. Il labirinto, scrisse Borges, "è un evidente simbolo della perplessità, e la perplessità, la meraviglia da cui sorge la metafisica secondo Aristotele, è stata una delle emozioni più comuni della mia vita".

 

Ricordo le nostre passeggiate a Fontanellato: le traiettorie che i suoi passi esitanti di cieco disegnavano, in spazi che per me facili e familiari, mi facevano pensare alle incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi».

 

L'idea di labirinto è cambiata nei secoli?

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«Oggi è uno strumento più che mai utile alla psicologia. Ci sono labirinti che suscitano paura, come quello di Shining , altri che diventano giochi per ragazzini. Il mio è un luogo di riflessione e tranquillità, nonostante il brivido della perdita dell' orientamento. L' ho immaginato come un luogo dell' anima, legato al territorio e insieme cosmopolita».

 

Come si realizza un labirinto?

«Ho seguito le stesse regole che seguo quanto pubblico un libro: in fondo, si tratta di impaginare nello spazio, con proprietà ed eleganza, un certo numero di elementi. Mi sono ispirato ai labirinti romani introducendo qua e là piccole trappole».

 

Cosa pensa dei labirinti di mais diffusi anche in Italia?

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«Sono una bella tradizione. Il mio è diverso: è frutto di un lungo progetto e sede della Fondazione che porta il mio nome. Uno dei suoi compiti è di carattere paesaggistico e botanico. L' età mi ha fatto innamorare del bambù, una pianta meravigliosa che non si spoglia d' inverno. Spero che diventi un elemento importante del paesaggio padano».

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