LE CENERI DI HOLLYWOOD - VINCENZO SUSCA: “DOPO L'OMICIDIO DELLA REALTÀ PER MANO DELLE COMUNICAZIONI…
Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
Alle otto di sera quando, dopo quasi nove ore di camera di consiglio, la presidente della Corte d' appello Tiziana Carrubba pronuncia quella parola - «assolto » - che da sette anni sperava di sentire, nell' aula del terzo piano del palazzo di giustizia Raffaele Lombardo non c' e. In ossequio alla sua proverbiale scaramanzia che ieri, a differenza di quanto avvenne in primo grado quando fu condannato a 6 anni e 8 mesi, ha premiato la sua lunga attesa.
Assoluzione perché il fatto non sussiste, dall' accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, condanna a due anni per voto di scambio con l' aggravante di aver favorito Cosa nostra ma non di aver utilizzato il metodo mafioso. Un nettissimo ridimensionamento dell' impianto accusatorio, quanto basta per far dire all' avvocato Alessandro Benedetti: «La sentenza sancisce che Raffaele Lombardo con la mafia non c' entra assolutamente nulla».
Di ben altro avviso il procuratore Carmelo Zuccaro che, sottolineando il riconoscimento dell' aggravante, commenta: «È una sentenza che prova che il presidente della Regione è stato eletto con i voti di Cosa nostra, un fatto molto grave che dà ragione al lavoro della Procura. Per il resto aspettiamo di leggere le motivazioni per capire quali parti del nostro impianto accusatorio non sono state accolte e valutare il ricorso in Cassazione».
Commosso, frastornato, al telefono Raffaele Lombardo dice: «Per me è finito un incubo, non ho mai avuto nulla a che fare con Cosa nostra». In aula ad esultare c' è suo fratello Angelo, ex parlamentare nazionale, ancora sotto processo con rito ordinario per gli stessi reati, e i fedelissimi dell' Mpa, il movimento autonomista che Lombardo fondò e che lo portò a un passo dal diventare ministro del governo Berlusconi.
Da anni Lombardo, dopo le dimissioni da governatore della Sicilia in seguito all' inchiesta giudiziaria, ha abbandonato la vita politica. Una scelta che, alla vigilia del verdetto d' appello, aveva definito irrevocabile. «È una partita che si concluderà in Cassazione», ha sottolineato ieri sera l' avvocato Benedetto presumendo che la procura generale che aveva chiesto l' aggravamento della condanna di primo grado da 6 anni e 8 mesi a 7 anni e 8 mesi, ricorrerà alla Suprema corte.
A ribaltare il verdetto di primo grado ha certamente contribuito la fallacità delle accuse di uno dei principali accusatori di Lombardo, il boss catanese Rosario Di Dio che aveva parlato di incontri nei quali, alla vigilia delle elezioni del 2008, il futuro governatore gli avrebbe chiesto voti: un sostegno elettorale che - secondo l' impianto accusatorio accolto in primo grado - le cosche catanesi avrebbero in più occasioni assicurato ai fratelli Lombardo in cambio d una corsia preferenziale nell' assegnazione di appalti e iter amministrativi agevolati. Accuse sempre negate con forza dall' ex governatore e ribadite ieri: «Nessun governo come il mio ha combattuto le infiltrazioni mafiose in Sicilia».
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