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Giuliano Aluffi per la Repubblica
Svegliarsi nel bel mezzo della notte - infastiditi per aver interrotto il sonno, ma rincuorati dal fatto che mancano ancora 3-4 ore all' ufficio - è cosa piuttosto comune: fino ad oggi abbiamo dato la colpa di questi risvegli estemporanei a quella bistecca di troppo a cena, a qualche fracassone in strada, al vicino del piano di sopra che deambula nottetempo in zoccoli.
Ma il vero - e fino ad oggi insospettato - responsabile è l' uomo primitivo che è in noi, e la sua insopprimibile voglia di sopravvivere alle minacce notturne: lo suggerisce uno studio di antropologi americani su Proceedings of the Royal Society B.
Gli studiosi sono partiti dalla cosiddetta "ipotesi della sentinella", formulata nel '66 dallo psicologo Frederic Snyder: la selezione naturale avrebbe premiato - facendo arrivare fino alla modernità i discendenti - solo gli uomini caratterizzati da risvegli periodici durante la notte. Essendo l' Homo sapiens un animale sociale, che per quasi tutta la sua storia evolutiva ha dormito in gruppo, l' effetto-sentinella si sarebbe declinato anche nei differenti tempi del sonno alle diverse età.
«Se un gruppo di dormienti è formato da persone di età assortita, come accade nei gruppi numerosi, e se ogni gruppo di età ha un suo ciclo di sonno e risvegli, è più probabile che in un certo momento della notte - magari proprio quello scelto da un predatore o da una tribù nemica per attaccare - ci sia qualcuno vigile e in grado di dare l' allarme», spiega Alyssa Crittenden, antropologa della University of Nevada, coautrice dello studio.
Per avere una conferma sperimentale, i ricercatori hanno studiato una popolazione che vive in un modo non troppo dissimile dai cacciatori-raccoglitori dell' antichità: la tribù degli Hadza, che vive cacciando con arco e frecce nelle savane della Tanzania settentrionale. Trentatrè membri della tribù - 21 donne e 12 uomini - hanno accettato di indossare per venti giorni braccialetti per il tracciamento del sonno attraverso i movimenti del braccio, dopo aver risposto a un questionario sulle loro maggiori preoccupazioni: la carenza di cibo è stata indicata come la maggiore minaccia alla sopravvivenza (48,6%), ma subito dopo sono stati citati due rischi associati al bisogno di sentinelle notturne: "le altre tribù" (29,7%) e "gli animali" (10,8%).
I braccialetti hanno provato che la variabilità nei tempi del sonno tra gli individui era molto alta: in media, in ogni momento della notte il 60,6% dei soggetti era addormentato, il 39,4 sveglio. Il tempo in cui il gruppo di 33 soggetti è rimasto "indifeso", senza nessuno in stato di veglia, è stato irrisorio: soli 18 minuti complessivi su venti notti.
«Questo può spiegarsi attraverso diversi meccanismi, fisiologici - la variabilità individuale nel momento di assopirsi e risvegliarsi - ma anche psicologici: ad esempio la propensione di alcuni ad addormentarsi, invece che nel silenzio assoluto, mentre qualcuno sta parlando, per il senso di protezione che si prova sapendo che altri vegliano », commenta Crittenden. Gli antropologi formalizzano anche l' ipotesi del "nonno-sentinella": il minor bisogno di sonno degli anziani potrebbe spiegarsi con una sorta di "divisione del lavoro" evolutiva tra i giovani, vigorosi e indispensabili per caccia e difesa, e gli anziani, perfettamente in grado di stare all' erta durante la notte.
Questa sorta di sincronizzazione si appoggia sulla flessibilità che abbiamo di fronte al sonno: qualità che fa anche la differenza tra la prima notte in un letto nuovo e le successive. «Quando dormiamo in un ambiente che non conosciamo, come una camera d' hotel, un emisfero del cervello dorme più a fondo e l' altro diventa più sensibile a stimoli inconsueti, ovvero - per il cacciatore- raccoglitore che è ancora in noi - potenziali minacce».
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