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Salvatore Mannino e Sergio Rossi per www.lanazione.it
Un prete indagato, un antiquario arrestato, due procure che indagano, di intercettazioni telefoniche. E’ il sintetico riassunto di un’operazione contro il traffico di opere d’arte condotta dai carabinieri di San Giovanni Valdarno e di Levane e coordinata per la parte aretina dal pm Marco Dioni. L’altra parte, quella da cui tutto si sviluppa, ha invece le sue radici in Umbria, a Città di Castello.
E’ qui che ha sede lo studio legale dell’avvocato Paolo Fiori, molto conosciuto nell’intera Valtiberina. Fiori, amante dell’arte e collezionista, possiede anche quattro quadri del ’600, di scuola napoletana, per un valore stimato intorno ai novantamila euro. Decide di metterne in vendita uno e prende dunque contatto con un antiquario diMontevarchi, Gianfranco Verdi, 53 anni, che riesce a piazzare il quadro, riscuote la cifra (non quella prevista di 9 mila euro, ma 2mila) e poi non la corrisponde all’iniziale proprietario.
Sempre lo stesso antiquario, stando sempre alle indagini dei carabinieri, avrebbe assoldato in Umbria un paio di personaggi a lui conosciuti, organizzando un vero e proprio blitz nello studio dell’avvocato Fiori da cui spariscono gli altri tre quadri del Seicento. Il legale umbro corre dai carabinieri di Città di Castello e presenta denuncia contro ignoti per il furto, oltre a segnalare la mancata riscossione della cifra da parte dell’antiquario.
Del caso, e siamo nel luglio dello scorso anno, cominciano dunque ad occuparsi anche i carabinieri valdarnesi che a botta sicura inquadrano nel mirino l’antiquario in seguito all’appropriazione indebita della cifra riscossa per il primo quadro venduto. Ma dall’indagine iniziano a emergere clamorosi retroscena: intanto si scopre che l’antiquario avrebbe avuto parte diretta nel furto e rintracciano i due complici, ma si va anche oltre per capire che fine abbiano fatto i quadri rubati.
Qui arriva la sorpresa più grossa. I quadri si trovano nella dimora di un sacerdote, don Claudio Brandi, parroco della Collegiata di Montevarchi e figura di assoluto spicco nel mondo religioso del Valdarno. Il sacerdote li ha pagati poco, duemila euro a pezzo, probabilmente allo scopo di arricchire la già prestigiosa collezione del museo della Collegiata. Il prete è infatti un appassionato d’arte e la sua parrocchia è meta ambita anche per questo caratteristico museo.
La canonica viene perquisita in collaborazione con i carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico, inizialmente spunta solo il quadro dell’appropriazione indebita, poi è lo stesso don Claudio a consegnare spontaneamente gli altri tre pezzi.
I tasselli sono dunque tutti al loro posto: per l’antiquario, accusato di furto e appropriazione indebita, scattano gli arresti domiciliari, mentre per i due (indagati anche per furti in negozi) la misura cautelare è quella dell’obbligo di dimora nel comune di Montevarchi insieme alla prescrizione di presentarsi alla polizia giudiziaria.
Quanto a don Claudio viene denunciato per ricettazione. Ma il prete sapeva davvero di aver acquistato quadri rubati? L’accusa di ricettazione è scattata sulla base di alcune conversazioni telefoniche, intercettate, tra il prelato e l’antiquario da cui i carabinieri avrebbero tratto un fondato sospetto che il parroco della Collegiata sapesse tutto. Due le procure interessate: Perugia per il furto, Arezzo per l’intercettazione.
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