COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Salvo Palazzolo per "la Repubblica"
È nato a Trento il blitz delle forze speciali olandesi che mercoledì scorso è scattato in un ristorante dell'Aja. Il procuratore Sandro Raimondi e la sua squadra di finanzieri della sezione di polizia giudiziaria erano sicuri di aver trovato la pista giusta per catturare l'ultimo grande latitante di Cosa nostra, il siciliano Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993. Agli olandesi era arrivata un'indicazione secca dall'Italia: la primula rossa di Cosa nostra sarà nel ristorante Het Pleidooi, insieme ad altre due persone.
Blitz imponente, armi spianate, tre fermati caricati velocemente su un furgone mentre venivano bendati. Peccato che Messina Denaro non era lì: la prova del Dna sul sospettato - il signor Mark L. di Liverpool, in Olanda col figlio per assistere al Gran Premio - ha dato la certezza. E mentre l'avvocato del malcapitato (rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Vught) rilasciava dichiarazioni di fuoco alla stampa, montava un forte imbarazzo. Innanzitutto, delle autorità investigative olandesi, messe sotto accuse sul web per il blitz show finito in farsa: «Noi non c'entriamo niente con questa storia », continuano a ripetere.
Imbarazzo e malumori sono arrivati anche in Italia, perché prima del blitz la procura di Trento non ha condiviso alcuna informazione con la procura di Palermo e con i reparti speciali di polizia e carabinieri che da anni portano avanti la delicata indagine sulla Primula rossa di Cosa nostra.
Le segnalazioni di Messina Denaro in giro per il mondo sono ormai decine ogni mese, e c'è un protocollo sperimentato per le verifiche. Qualche giorno fa, ad esempio, la polizia di Manchester, ha dato conto di una segnalazione di Messina Denaro a Londra, in un appartamento di Camden Town. La macchina investigativa coordinata dalla procura di Palermo ci ha messo poco per risolvere il caso: la segnalazione arrivava da un mitomane conosciuto da Scotland Yard, che negli ultimi mesi ha già denunciato nel quartiere la presenza di terroristi di Al Qaeda e di un latitante della Camorra.
Per la segnalazione in Olanda, invece, la complessa macchina delle investigazioni su Messina Denaro non ha saputo nulla prima del blitz di mercoledì. È stata avvertita a cose fatte, quando il latitante sembrava ormai nel sacco: è stato chiesto di fornire il Dna con cui fare il confronto con il signor Mark. Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, getta acqua sul fuoco dei malumori e difende il procuratore Raimondi: «Abbiamo operato in maniera corretta. Se l'indagine di Trento avesse avuto profili di sovrapposizione con l'inchiesta della procura di Palermo allora sarebbe stato dovuto il coinvolgimento anche di quell'ufficio.
Ma l'indagine di Trento, che non riguardava il latitante, era fondata su fatti autonomi. In nessun modo - ribadisce De Raho - si è intaccato il lavoro dei colleghi di Palermo, perché si è operato in un contesto del tutto avulso e separato ». Insomma, per il procuratore nazionale non ci sarebbe stata alcuna invasione di campo. «E d'altro canto nessuno ha mosso contestazioni ufficiali », precisa. Dunque caso chiuso. Anche se la storia del londinese scambiato per Messina Denaro continua a impazzare sui social. Fra ironia, polemiche e le domande ancora senza risposta: com' è possibile che il pupillo di Totò Riina, il mafioso che conosce i segreti delle stragi e della trattativa fra Stato e mafia, sia diventato un fantasma? Chi lo protegge ancora?
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