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Estratto dell'articolo di Giovanni Bianconi per “Il Corriere della Sera”
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All’inizio della giornata che per lei, dal 1992, è la più difficile e faticosa dell’anni, Maria Falcone è costretta a fare i conti con le polemiche che aleggiano sull’anniversario della strage di Capaci in cui morì suo fratello Giovanni insieme alla moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
«Passerelle non ne abbiamo mai fatte», dice in risposta ad Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, che ha organizzato un incontro con gli studenti alternativo all’evento dove sono presenti il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il presidente della Regione Renato Schifani, appoggiati alle elezioni dai pregiudicati per reati di mafia Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro.
«Noi lavoriamo tutto l’anno — spiega la presidente della Fondazione Falcone — e le istituzioni devono essere presenti perché sono quelle con cui dobbiamo colloquiare per avere le possibilità di cambiamento. Non mi interessa a quale partito appartengono». Il capo dello Stato Non sono importanti i nomi o i partiti, insomma, bensì ruoli e cariche.
Alle quali si rivolge il capo dello Stato Sergio Mattarella — fratello di Piersanti, il presidente della Regione Sicilia assassinato da Cosa nostra nel 1980 — quando nel suo messaggio ricorda: «I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni, di rendere il popolo suddito di un infame potere. Ma la mafia non è invincibile, la Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia. Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile, la lotta alle mafie è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un’etica condivisa».
[…] Tra una testimonianza e l’altra, sul palco salgono anche gli invitati più controversi, Lagalla e Schifani, che invocano buongoverno e sinergie tra istituzioni. Ma prima di Maria Falcone — che rivendica come grazie a iniziative come questa suo fratello e Borsellino sono diventati per i giovani di oggi «ciò che erano per noi ragazzi gli eroi del Risorgimento, persone che hanno fatto l’Italia» — sono altre le memorie che conquistano i presenti.
maria falcone roberto lagalla renato schifani 1
Come quelle degli ex magistrati Giuseppe Ayala e Pietro Grasso, che rievocano il successo del maxi-processo alle cosche anche per conto degli altri componenti del vecchio pool antimafia presenti. Manca però Giuseppe Di Lello, rimasto a casa — dice — perché «ognuno deve ricordare nel modo che ritiene più opportuno, e io lo faccio ripensando a ciò che dicevano Falcone e Borsellino di certi politici che non per il solo fatto di non essere processati o condannati diventano frequentabili. Ma senza alimentare polemiche, perché non è questo il giorno giusto».
[…] qualche ora più tardi, un corteo alternativo a quello della Fondazione, organizzato da associazioni studentesche e sindacati, cerca di raggiungere la casa di Falcone ostacolato dai divieti imposti dal questore. E lo slogan ritmato «Fuori la mafia dallo Stato» si mescola a qualche tafferuglio tra manifestanti e forze dell’ordine.
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