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Giuliano Aluffi per “la Repubblica”
"Ma perché devo svegliarmi?" è una domanda che tutti si saranno fatti, soprattutto durante le lotte mattutine con la sveglia. A chiedersi invece "perché dormiamo?" negli ultimi trent'anni sono stati soltanto gli scienziati. In particolare due scienziati italiani che, trasferitisi da tempo da Pisa agli Stati Uniti, sono oggi uno dei maggiori vanti dell'Università del Wisconsin- Madison: Giulio Tononi e Chiara Cirelli.
E proprio loro hanno finalmente trovato la risposta: dormiamo perché altrimenti il nostro cervello si affollerebbe di connessioni tra i neuroni e non riusciremmo più a distinguere tra cose importanti da ricordare e sciocchezze da dimenticare. Un'opera di sfoltimento che il sonno riesce a svolgere in automatico, assottigliando l' 80% delle sinapsi, e che fa risparmiare energia al cervello facendolo funzionare meglio al risveglio, soprattutto per quel che riguarda l' apprendimento.
Tononi e Cirelli, insieme ad altri due scienziati italiani - Luisa De Vivo e Michele Bellesi - lo hanno provato nel modo più diretto: fotografando il rimpicciolimento del 20% nelle sinapsi durante le ore di sonno. Gli scienziati hanno studiato cosa accade nel cervello dei topi durante il sonno, la veglia spontanea e la veglia forzata, tramite un microscopio elettronico che seziona sottilissimi strati di cervello con una microlama in diamante, e acquisisce in automatico lunghissime sequenze di immagini, impossibili da raccogliere manualmente. Per interpretarle, e isolare le 6.920 sinapsi oggetto dello studio, sono serviti otto ricercatori impegnati per quattro anni.
Sforzo ripagato dal risultato, perché quella ottenuta è la più convincente conferma di un'ipotesi che Tononi e Cirelli avevano già formulato dal 2003: l'omeostasi sinaptica. Il concetto è semplice: la capacità del cervello durante il giorno è limitata ed è messa a dura prova nelle ore di veglia, quando le continue scariche elettriche con cui i neuroni comunicano tra loro potenziano le sinapsi. Sinapsi più spesse consumano più energia e, per lo spazio occupato, tendono a saturare la plasticità del cervello.
Così calano, col passare delle ore, sia la capacità di apprendere che la vigilanza. E si rischiano confusione, errori e incidenti. È quindi necessario che il cervello, di giorno in giorno, si rinnovi e liberi i neuroni dalle informazioni che non meritano di essere ricordate, come "cosa ho mangiato oggi a pranzo?".
«Il sonno è lo stato perfetto per questa operazione che chiamiamo "rinormalizzazione": da svegli siamo schiavi del momento e focalizzati su ciò che ci accade, nel sonno invece siamo isolati dal mondo e il riequilibrio generale del cervello può avvenire indisturbato» spiegano i ricercatori italiani dell' Università del Wisconsin.
Quest' ultimo punto è stato fino ad oggi discusso. Secondo una teoria rivale a quella di Tononi e Cirelli, l' equilibrio cerebrale verrebbe mantenuto dinamicamente già durante la veglia: quando siamo concentrati nell' ascolto di una lezione, ad esempio, il cervello depotenzierebbe, in tempo reale, ricordi di altro tipo. Ma se così fosse, non ci sarebbe la netta differenza nella dimensione delle sinapsi tra sonno e veglia che Tononi e Cirelli oggi hanno mostrato.
La scoperta è pubblicata su Science insieme a un secondo studio, opera di scienziati della Johns Hopkins University, che ne fornisce la controprova chimica: «Abbiamo verificato che un indice chiaro dello spessore delle sinapsi - il numero di un certo tipo di recettori chiamati Ampa - cala notevolmente durante il sonno.
Quindi le sinapsi, effettivamente, si restringono» spiega il neuroscienziato Graham Diering, coautore del secondo studio. «E ora sappiamo anche come succede. Una proteina, detta Homer1a, continua ad accumularsi nei neuroni mentre siamo svegli, e soltanto durante il sonno penetra nelle sinapsi e le spinge a restringersi».
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