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1 - PD, CAOS LEGGE ELETTORALE ORA LE PROPOSTE SONO SEI CUPERLO: RENZI SI DIMETTA
G.C. per “la Repubblica”
Da una a sei. Tante sono diventate, tra ufficiali, ufficiose e abbozzate - le proposte di legge elettorale nel Pd. E la novità è che anche nella maggioranza renziana ora è scontro tra chi, tendenza Franceschini- Delrio, chiede un meccanismo basato sulle coalizioni, e chi come Matteo Orfini dice categoricamente no.
Meno di un mese fa, il 18 dicembre nella direzione cruciale del Pd al Nazareno, Renzi aveva avuto carta bianca da tutti i dem, minoranza inclusa, per proporre nel tavolo della trattativa la riedizione del Mattarellum. Collegi uninominali e quota, da definire, di proporzionale. Martedì scorso poi il blitz di Renzi, che ha momentaneamente archiviato il Mattarellum, tentando il patto con M5Stelle, Lega e Fratelli d'Italia per arrivare a una accelerazione dei tempi di approvazione e del voto anticipato.
Una mossa che aveva le sue basi nella possibilità di estendere anche al Senato la legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta sull'Italicum. Feeling nato e tramontato nell'arco di una giornata. Il Mattarellum intanto arretra. La sinistra dem apre il fronte del no "senza se e senza ma" ai capilista bloccati. E rilancia il Mattarellum 2.0. Nel frattempo le divisioni si accentuano e la polemica si inasprisce. Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, renziano, spezza una lancia a favore del premio di maggioranza alla coalizione.
«Bisogna perimetrare il campo riformista dichiara - Lo si può fare con l'azione politica e anche modificando in pochi punti la legge elettorale emersa dalla sentenza della Consulta. A mio avviso il premio di maggioranza andrebbe assegnato alla coalizione, alla Camera e al Senato, rispettando i dettami costituzionali».
Ne condivide la prospettiva anche il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. A stretto giro di posta, arriva l'altolà di Matteo Orfini, il presidente del Pd, renziano pure lui, convinto che con il premio alla coalizione si torna all'antico di Ds e Margherita: «Sono radicalmente in dissenso con Franceschini, così moriremmo». Aggiunge in un tweet: « Una coalizione da Alfano a Pisapia è un ogm».
Nel frattempo nel Pd circola il modello Lauricellum, un proporzionale con aggiustamenti. Gianni Cuperlo, leader della sinistra dem, riunita ieri al Nazareno, ha depositato già in Parlamento un proposta elettorale proporzionale con un premio di 63 seggi. Chiede anche le dimissioni di Renzi per convocare subito il congresso: «Se posso darti un consiglio fraterno, dimettiti domani e convoca il congresso, sarebbe la via per misurarsi tutti con una sconfitta».
E il tema delle coalizioni agita del resto anche Ncd, il partito di Alfano. Guadare a destra o verso il centrosinistra? «Dobbiamo essere alternativi al centrosinistra, siamo obbligati a esserlo», rivendica il dna di destra Maurizio Sacconi. Non è il solo. Anche Enrico Costa, il ministro della Famiglia ha già replicato a Giuliano Pisapia sul listone («Un incubo il listone con Alfano», aveva detto l' ex sindaco di Milano), rincarando: «Per me anche solo una coalizione con la sinistra di Pisapia sarebbe un incubo».
Anche l'ex ministro Maurizio Lupi sarebbe su questa posizione. I centristi sono lacerati. Il leader e ministro degli Esteri Angelino Alfano e la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin guardano invece al Pd, se non altro in una prospettiva di coalizione.
2 - PATRIMONIO E SCISSIONE, IL PD SI MUOVE: UNA CAUSA PER RIAVERE IL TESORO EX PCI
Claudio Bozza per il “Corriere della Sera”
Se Renzi e il Pd non potranno impedire che Massimo D' Alema si porti via un pezzo di partito, quantomeno hanno già pronto un piano d' attacco per evitare che possano portare via gran parte del patrimonio: circa 2.400 immobili, oltre a 410 opere d' arte, tra cui pure due Guttuso e altre opere di Mazzacurati.
È l' enorme tesoro «a filiera corta» che il Partito comunista ha trasmesso a Pds e Ds, salvo poi essere tolto di fatto al Pd, con un'abile mossa dell' ex tesoriere diessino Ugo Sposetti, fedelissimo di D'Alema. «Faremo una class action promossa da ex iscritti ai Democratici di sinistra - annuncia l' avvocato Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd - perché quel patrimonio appartiene alla storia del nostro partito e non ad una fondazione privata».
IL TESORO
Sposetti poche settimane prima della fondazione del Pd conferì il tesoro comunista a 62 tra fondazioni e associazioni dislocate in tutta Italia, a seconda dell' ubicazione dei beni. Secondo le stime fatte qualche anno fa da Report, questo forziere avrebbe un valore che supera il mezzo miliardo, mentre per i renziani si sfiorerebbe addirittura il miliardo.
«Fu una mossa per tenere il patrimonio al riparo dai creditori dei Ds, che avevano accumulato centinaia di milioni di debiti, ma soprattutto per evitare che finisse al Pd. Sposetti era poi arrivato a voler sfrattare i circoli del partito, perché non riuscivano a pagare l'affitto delle rispettive sedi, appunto di proprietà delle fondazioni», spiegano dal Nazareno. Una eventuale scissione è quindi anche una questione economica.
LE CONSULENZE
Per questo Bonifazi ha sulla scrivania un atto per intentare una causa civile contro l' operazione di Sposetti, per recuperare il tesoro ex Pci: «La legittima casa di questo patrimonio è il Pd - spiegano ancora dal Nazareno - non di D' Alema e i suoi». Bonifazi, che si è avvalso di consulenti, ritiene di aver individuato un vulnus giuridico: «Secondo il codice civile le fondazioni non sono uno strumento giuridico per "segregare" un patrimonio, bensì per perseguire un fine filantropico o culturale».
Così, in punta di diritto, il Pd ha preparato una sorta di «class action» degli ex diessini, poi diventati renziani o comunque in disaccordo con l' operazione Sposetti. Il consiglio di ogni fondazione, all' epoca, era infatti costituito da iscritti ai Ds, che votarono le delibere che prevedevano il conferimento di immobili e altri beni alla stessa fondazione, in attesa della costituzione del nuovo soggetto politico, il Pd. Quelle delibere, però, da temporanee sarebbero poi rimaste permanenti.
«Ogni ex iscritto ds in disaccordo con quella scellerata decisione potrà fare causa alla rispettiva fondazione: abbiamo già un lungo elenco - spiega ancora Bonifazi -. Perché c' è anche una questione politica chiave: quel patrimonio è stato accumulato grazie a tanti compagni e compagne, che donarono i risparmi per costruire Case del popolo e finanziare altre attività del partito. Mio nonno, partigiano, si rivolterebbe nella tomba se sapesse che ciò che ha contribuito a costruire è poi finito nelle mani di una fondazione privata».
renzi dalema fassina civati gioco dello schiaffo
Gli iscritti Forse anche per questo, con la scissione dalemiana alle porte, lo stesso Bonifazi è stato tempestato di telefonate da varie parti d' Italia, che lo hanno costretto ad accelerare l' operazione «salva tesoro». Sposetti, naturalmente, la vede in un altro modo: «Abbiamo impedito che una storia si dissolvesse: le centinaia di sedi del patrimonio storico del Pci e dei partiti venuti dopo sono a disposizione dell' attività del Partito democratico - spiega il senatore dem -. Perché nessuno si domanda mai il motivo per cui quasi nessun immobile ex Dc e Ppi sia stato poi messo a disposizione del Pd? Se poi al Nazareno sono afflitti da timori e turbe e cercano sempre di capire che fa Sposetti, non hanno bisogno della politica, ma di un bravo professionista di malattie mentali».
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