DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Lorenzo d'Albergo e Cecilia Gentile per “la Repubblica”
La hall dello Sheraton è vuota, spettrale. Sono le sei del pomeriggio e la filodiffusione del golf hotel con vista sul Grande raccordo anulare e l' autostrada per l' aeroporto di Fiumicino fa rimbombare nella sala la voce di Stevie Wonder.
Le note di Superstition (già, superstizione) si infrangono contro il plexiglass che scherma la reception e suggeriscono il ritmo ai lampeggianti delle ambulanze. Sì, perché la palazzina numero 3 dell' albergo Parco de' Medici è ormai una struttura parasanitaria. Una di quelle che serve a svuotare i reparti di malattie infettive degli ospedali di Roma, lasciando spazio ai casi più gravi.
Qui il Covid, lo stesso virus che tiene lontani i turisti dalle bellezze della capitale, ha portato decine e decine di contagiati. Un viavai continuo: non è chiaro fin quando basteranno le 169 stanze messe a disposizione dalla direzione. Più della metà, per l' esattezza 93, sono già occupate. E c' è una novità: se prima del lockdown ospitavano soltanto pazienti asintomatici, con la seconda ondata sono arrivate anche le bombole d' ossigeno.
I medici, astronauti in tuta bianca tra malati fortunatamente in via di guarigione, saturimetri alla mano fanno su e giù per i tre piani dell' hotel. Seguono le frecce tracciate a terra con il nastro adesivo giallo e nero e si infilano nelle doppie (rigorosamente a uso singola) per prestare soccorso a chi ha passato il peggio ma ha ancora quella che i sanitari chiamano «fame d' aria». Il quattro stelle alla periferia Sud di Roma può accoglierne 49.
Non solo gli anziani in grado di superare il decimo giorno di polmonite. Tra le anime in pena che sospirano salutando i parenti dalle finestre ci sono anche tanti giovani. Come C., 23 anni, che dopo due settimane di isolamento si sente meglio e vuole «solo tornare a casa ». Chissà, tra gli internati in attesa di negativizzazione, ci sarà pure chi invidia i dirimpettai: le ultime giornate di sole hanno riempito i campi da golf, sport individuale risparmiato dalla pandemia, per cui l' hotel è conosciuto in tutta la città.
Insomma, fuori il vento pettina i green e dentro si lotta tra medicinali e flebo. Altro che minibar. In stanza, oltre al televisore, l' unico appiglio alla realtà sono le foto in bianco e nero dei monumenti capitolini. Dettagli e panoramiche del Colosseo sono ovunque. Così come i cartelli che indicano il percorso per l' area fitness, guidano fino alla sauna, suggeriscono la strada per le camere e ora portano tutti indistintamente all' accettazione del Covid hotel. Un desk presidiato costantemente da tre medici e due infermieri delle Uscar, le task force anti-coronavirus istituite dalla Regione Lazio e dal personale della Asl Roma 3. Tamponi, cure ed esami: l' assistenza a chi è finito in albergo perché non ha un posto dove passare la quarantena in solitaria e l' ossigenoterapia a bassa intensità (al massimo 2 litri al minuto) è garantita 24 ore su 24.
All' ingresso l' insegna dello Sheraton è stata coperta, fasciata con un telo. Ma la executive assistant del Parco de' Medici, Raffaella Mazza, non teme una ricaduta negativa sull' immagine del brand: «Al contrario, credo che il nostro hotel dia un messaggio positivo. È i supporto agli ospedali. Agiamo a livello di comunità, siamo all' interno di una collaborazione collettiva». Parte di una galassia che a Roma conta anche l' albergo Alba, con altri 20 posti per chi ha bisogno dell' ossigeno, e altri 7 hotel per un totale di circa 800 posti Covid. Nel resto del Lazio, tra Viterbo e Latina, ce ne sono altri 5. Ma presto potrebbero aprirne ancora.
Da Federalberghi, con il supporto del Campidoglio, hanno già fatto sapere di avere pronte almeno altre 5 strutture da convenzionare con il sistema sanitario regionale.
Ogni posto letto costa 30 euro a notte, una somma a cui vanno aggiunte quelle per le sanificazioni, delle bombole e dei medicinali.
Spese per cui il decreto Rilancio aveva previsto un fondo da 32,5 milioni. I fondi stanziati per affittare per tempo gli alberghi necessari a ridurre il lavoro degli ospedali sarebbero dovuti essere spesi per tempo. Ma salvo rari casi - il modello dei Covid hotel è stato adottato già da tempo in Toscana ed Emilia Romagna oltre che nel Lazio - la caccia ai posti letto è partita troppo tardi. Dal Nord al Sud, migliaia di suite potevano già essere a disposizione da settimane.
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