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“RACCONTARE IL MODELLO MILANO COME UN SISTEMA DI COLLUSIONI È SCIATTERIA” – LA DIFESA DELL’ARCHISTAR STEFANO BOERI, INDAGATO NELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA MILANESE CON L’ACCUSA DI AVERE FATTO PRESSIONI INDEBITE SULLA COMMISSIONE PAESAGGIO: “NON HO TOCCATO PALLA. HO COSTRUITO EDIFICI” – SULLE INTERCETTAZIONI IN CUI USA TONI “PERENTORI’ CON BEPPE SALA: “SONO FRAMMENTI MONTATI AD ARTE. CONOSCO SALA DA ANNI E NON È CHE SE DIVENTA SINDACO NON LO CHIAMO PIÙ” – “HO MESSO IN GUARDIA DAL RISCHIO CHE MILANO STESSE DIVENTANDO UNA CITTÀ PER ANZIANI AGIATI…”
Estratto dell’articolo di Enrico Del Mercato per “la Repubblica”
STEFANO BOERI IN FILA PER LA CAMERA ARDENTE DI GIORGIO ARMANI
«Io Giorgio Armani l'ho conosciuto da bambino. Mia madre mi portava alle sue sfilate. L'ultimo ricordo è una sua visita in Triennale per assistere a uno spettacolo teatrale, era stato come sempre discreto e acutissimo nei giudizi».
Nella lunga fila di persone che aspettano di entrare nella camera ardente allestita al Silos per l'ultimo saluto allo stilista scomparso, c'è anche Stefano Boeri.
[…] architetto della categoria archistar, presidente della Triennale, docente al Politecnico e - a torto o a ragione (a torto dice lui) - considerato uno dei "simboli" del modello Milano, quello dei grattacieli, della città "per soli ricchi". Soprattutto, quello finito sotto inchiesta della procura di Milano che ha indagato anche lui accusandolo di aver fatto pressioni indebite sulla commissione Paesaggio per favorire una sua opera simbolo (la Torre Botanica) e il progetto dell'imprenditore Manfredi Catella sulla ristrutturazione del Pirellino.
Boeri è stato anche raggiunto da un provvedimento che lo interdice per un anno dal partecipare a commissioni che affidano contratti pubblici.
Architetto, mentre anche lei si metteva in fila per l'ultimo saluto ad Armani, un pezzo di città scendeva in piazza a sostegno di un altro suo simbolo, per quanto distantissimo: il Leoncavallo. Sono pezzi di Milano che vanno via.
«Io in realtà spero che quella città non se ne vada, anche perché - è vero - è una città che ha sempre saputo cucire gli opposti. Armani e il Leoncavallo, sì. Ma pensi per esempio allo stesso Armani e Dario Fo o a Alda Merini e Giulia Maria Crespi.
Figure agli antipodi accomunate, però, da un tratto milanese: l'etica del lavoro e l'inesauribile curiosità. Due elementi assolutamente presenti nella figura di Armani. Tratto il cui opposto, i cui nemici sono la sciatteria e l'arroganza. Ecco, se proprio dobbiamo parlare di modello Milano, il modello Milano è questo: la capacità di tenere insieme questi mondi diversi tra loro».
LA MILANO DA BOERI - VIGNETTA BY GIANNELLI
Ecco, non le pare che la città che perde Armani e sgombera il Leoncavallo sia un modello di diseguaglianza? Cioè l'opposto del modello della coesistenza dei diversi cui lei accennava?
«Io sono stato tra i primi a mettere in guardia dal rischio che Milano stesse diventando una città per anziani agiati. In questi anni abbiamo perso più di 400 mila residenti, ma ne abbiamo guadagnati 500 mila nuovi. Ed è vero che in questo ricambio sono state espulse famiglie e persone con redditi bassi».
Il modello Milano, per l'appunto.
Lei non si ritiene corresponsabile?
«Guardi, raccontare il modello Milano - del quale io riconosco virtù e vizi - solo come un sistema di collusioni è una forma di sciatteria.
Così come è sciatteria negare che ci siano problemi strutturali come le diseguaglianze».
Non entriamo nel merito delle inchieste, saranno i giudici a stabilire se ci sono reati. Non le pare però che da questa vicenda emerga una politica succube che rimette la programmazione dello sviluppo urbanistico agli immobiliaristi e agli architetti?
«Sull'urbanistica milanese io non ho toccato palla. Ho costruito edifici: il Bosco verticale, il Bosco Navigli e anche il Policlinico o le case Aler a Monza. Non sono mai stato assessore all'urbanistica e lasciai la giunta Pisapia anche dopo divergenze sulle scelte in materia di Expo. E, a proposito di grattacieli e torri, beh non li criminalizzo, sono stati un simbolo della ricostruzione, anche dell'edilizia sociale, sono ripartiti grazie alla prima giunta Albertini».
Però, dalle conversazioni agli atti tra lei e il sindaco Sala si evince una certa concezione proprietaria della città.
«Sono frammenti di intercettazioni montati ad arte. Io dico solo che conosco e stimo Sala da anni e non è che se diventa sindaco non lo chiamo più..».
Anche per avvertirlo che la commissione Paesaggio ostacola un suo progetto? Il famoso "warning".
«Segnalavo solo un comportamento non corretto della commissione Paesaggio che, a mio parere, stava svolgendo una funzione impropria. Se devo dire che c'è un allarme perché una importante commissione comunale non svolge il ruolo che dovrebbe, allerto il sindaco».
Manfredi Catella ieri ha attaccato i manifestanti per il Leoncavallo che avevano occupato, e subito liberato, proprio il Pirellino - uno dei palazzi finiti nell'inchiesta - chiedendo se questo "è il modello Milano al quale pensano".
«Comprendo la reazione legata al momento. Io penso, però che il conflitto non vada mai soffocato, che dal conflitto si impara sempre».
Ma lei il Leoncavallo lo avrebbe sgomberato?
«Non dobbiamo mai dimenticare che il Piccolo Teatro nasce proprio da una occupazione poi resa legittima. Questa è Milano».
I PROTAGONISTI DELL INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO SULL URBANISTICA
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