DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Alejandro Meléndez Ortiz e Raphaël Zanotti per la Stampa
I soccorritori avanzano piano camminando sulle macerie come fossero uova. Ogni tanto alzano un "pugno del silenzio", il gesto che usano quando pare loro di aver sentito qualche segnale vitale sotto tonnellate di detriti. E allora i gemiti e i pianti dei genitori dei bambini s' interrompono di colpo. Il mondo si ferma, sospeso.
L' ultima speranza si riaccende mentre i pompieri tendono l' orecchio. Dopo di che i pianti riprendono. All' inizio più sommessi. È una delle scene più strazianti di queste ore drammatiche, a Città del Messico, dopo il terremoto di magnitudo 7.1 che ha colpito il Paese centroamericano.
La scuola Enrique Rébsamen, tra le vie Rancho Tamborero e Calzada de las Brujas nel quarti e re Coapa della capitale, solo poche ore fa era un edificio di tre piani. Ci studiavano 400 alunni tra asilo, scuola primaria e secondaria. Ora è una montagna di macerie sotto cui sono rimasti schiacciati 32 bambini e 8 adulti. Soccorritori e genitori percorrono nella polvere dei calcinacci l' intero isolato crollato.
Nel pomeriggio di ieri sono stati tratti in salvo tre bambini, due maschi e una femmina, e in serata è stata miracolosamente estratta dalle macerie una bimba di 7 anni. Poco prima era riuscita a rispondere agli appelli dei soccorritori grattando una parete della scuola. Ma ci sono ancora due bambini vivi intrappolati sotto la scuola e i "pugni del silenzio" continuano ad alzarsi verso il cielo.
Per cercare più superstiti, nonostante i rischi di altri crolli, un gruppo di volontari ha deciso di intrufolarsi; uno di loro è Pedro Serrano, medico 29enne: «Abbiamo fatto dei buchi e poi, petto a terra, siamo entrati. Siamo riusciti ad arrivare fino a un' aula, schiacciata; abbiamo visto dei tavoli. E lì, la prima cosa che abbiamo trovato, è stata una gamba. Poi, cominciando a smuovere le macerie, abbiamo trovato una bambina e due adulti morti. Li abbiamo lasciati lì perché era impossibile tirarli fuori».
In tutto il Paese è così. Una ricerca senza fine. Il bilancio ufficiale, per adesso, parla di 225 morti. A Puebla una chiesa del XVII secolo è crollata durante un battesimo uccidendo 11 persone, di cui quattro bambini compreso il neonato. La capitale sembra un territorio bombardato: si sgretolano palazzi, magazzini, chiese, scuole. Per il sindaco Miguel Angel Mancera sono crollati 40 edifici e 500 sono inagibili. A Jojutla, nello Stato di Morelos, i danni sono incalcolabili; crolla un ponte dell' autostrada verso Cuernavaca; e si fa sentire il vulcano Popocatépetl con un' imponente colonna di fumo.
Secondo la compagnia elettrica nazionale gli edifici rimasti senza corrente elettrica sono 4 milioni e 600 mila. «Il 40% di Città del Messico e il 60% nello Stato di Morelos» dirà il presidente messicano Enrique Peña Nieto che ha annunciato tre giorni di lutto nazionale.
L' ambasciatore italiano Luigi Maccotta ha rassicurato: «Per ora non ci sono italiani tra le vittime», mentre dal mondo si moltiplicano le telefonate di solidarietà.
Ma qui, a Città del Messico e nel resto del Paese, sono i cittadini insieme a soccorritori e a tremila militari a scavare nella polvere. Specialisti sulle macerie, volontari che formano catene con i secchi per portare via i calcinacci, vicini che approntano postazioni per dare da mangiare e bere a chi lavora, appelli sui social network per inviare nelle zone disastrate mascherine, guanti, pale e medicinali come analgesici e antibiotici.
Il Messico soffre. Il Messico ricorda. Per uno scherzo del destino la scossa di terremoto è arrivata a due ore da un' esercitazione antisismica e a 32 anni esatti dal terribile terremoto del 1985 che provocò 10.000 morti. Lo scorso 19 settembre, in Messico, doveva essere come tutti i 19 settembre degli ultimi 31 anni, condito con discorsi ed esercitazioni di evacuazione in scuole e uffici pubblici. Poi la vita avrebbe dovuto continuare come sempre.
Invece l' allarme, quello vero, è arrivato alle 13.14. Com' era successo solo lo scorso 8 settembre, durante il terremoto di magnitudo 8.1 della scala Richter, 30 volte più energetico, dov' erano morte già 98 persone.
«Non sono ancora riuscito ad accettare quello che è successo - racconta sotto choc in tv Rodrigo Heredia, uno dei bambini della scuola Rébsamen che è riuscito a salvarsi -. Appena ho sentito che tutto si muoveva, sono sceso al piano terra. Ho cercato quattro miei amici per andare al punto di riunione previsto dai piani di emergenza. Ne ho trovati solo due. L' uscita era bloccata. Abbiamo dovuto scavalcare un muro. A me sembra ancora un incubo».
Un incubo che il Messico si prepara ad affrontare per la terza notte di fila.
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