DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Francesco Semprini per “la Stampa”
Una vera unità di intelligence occulta col compito di spiare gli avversari e rubare segreti commerciali. È il nucleo di pirateria aziendale sul quale Uber avrebbe potuto contare per diverso tempo, 007 altamente specializzati, alcuni dei quali addestrati nella Cia, che avevano il compito di portare avanti una vera e propria guerriglia tecnologica per conto della società di San Francisco.
È quanto emerge da una lettera di un ex dirigente Uber allegata agli atti del processo tra l'azienda di San Francisco e Waymo, l' unità delle auto senza conducente di Alphabet (la holding di Google). Dal documento, redatto a maggio da Richard Jacobs, ex capo di Uber per l' intelligence globale, emergono vari episodi che potrebbero mettere nei guai l' App per il servizio auto con conducente, a partire dall' ipotesi della formulazione del reato di spionaggio industriale.
L'autore della lettera avrebbe agito in risposta al suo licenziamento avvenuto a ad aprile come ritorsione per il suo rifiuto di partecipare alle stesse attività di spionaggio ritenute da lui stesso illegali e contrarie all' etica. Queste attività erano portate avanti da un nucleo di esperti che lavorava nell' ombra e aveva il nome di «Threat Operations» Group, o (ThreatOps).
«Il gruppo - recita la lettera - erano coinvolti in furti di informazioni, frodi, e arruolavano intermediari per ottenere informazioni e dati». Tra gli episodi elencati nella missiva ce ne sarebbe uno avvenuto nel giugno del 2016, quando alcuni contractor di Uber addestrati dalla Cia spiarono i dirigenti di Waymo. In quell' estate un altro incaricato della società con sede a San Francisco cominciò ad hackerare telefoni e ad usare apparecchi di intercettazione per raccogliere dati sulle conversazioni tra gli oppositori di Uber, politici ed esponenti delle autorità di regolamentazione.
E alcuni mesi dopo, dipendenti di Uber violarono il sistema di una azienda rivale e raccolsero la patente, il nome e le informazioni di contatto di tutti i conducenti. Il materiale fu consegnato direttamente all' allora amministratore delegato Travis Kalanick. Inoltre in alcuni casi furono hackerati gruppi e chat di WhatsApp, l' App per le conversazioni su Internet, a cui erano iscritte persone considerate sensibili per i fini dell' azienda.
L' unità di intelligence inoltre ha foraggiato spie in aziende rivali per riuscire ad assicurarsi un flusso continuo di informazioni riservate. Un portavoce di Uber spiega che la società non ha ancora effettuato tutti gli opportuni riscontri sui fatti d essa attribuiti nella lettera, sottolineando che in merito alla questione di Waymo, «la nuova leadership si sta prodigando per operare nel rispetto dei valori e delle regole».
Se le accuse dovessero trovare riscontro per Uber sarebbe un' altro problema dopo quelli occorsi durante l' anno e che hanno portato a un terremoto ai vertici e l' arrivo del nuovo ceo Dara Khosrowshahi. Ultimo in ordine di tempo l' aver taciuto sul furto dell' identità di almeno 57 milioni di persone, e per aver pagato un «riscatto» di 100 mila dollari ai pirati delle rete autori della cyber-rapina al fine di non diffondere i dati riservati e mettere il tutto a tacere. Oltre gli scandali di abusi sessuali, le incognite sulla possibile quotazione del prossimo anno e l' avanzata delle concorrenti cinesi.
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