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LA VERA STORIA DEL “CANARO DELLA MAGLIANA” - QUANDO FU ARRESTATO, PIETRO DE NEGRI, SI AUTOACCUSO’ CON UN MEMORIALE FIUME - MA MOLTE COSE NON TORNANO: IL PERITO NE SMENTÌ LA VERSIONE - IL PUGILE GIANCARLO RICCI È MORTO IN NON PIÙ DI MEZZ'ORA E LE MUTILAZIONI AL CORPO ERANO TUTTE SUCCESSIVE - ALL'INDOMANI DELL' OMICIDIO, ERA CIRCOLATA UN'INFORMATIVA CHE PUNTAVA I SOSPETTI SU…

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Goffredo Buccini per il “Corriere della Sera”

 

PIETRO DE NEGRI DETTO ER CANARO

Capita che anche i fantasmi tengano famiglia. Così a evocarli si rischia di toccare vite bambine, sensibilità d' adolescenti. Vincenzina Carnicella, nel salotto della sua vecchia casa alla Magliana, ai bordi del raccordo anulare di Roma, scuote la testa e racconta che i suoi due nipoti, sedici e diciotto anni, le hanno telefonato rinfacciandole un' antica e protettiva menzogna familiare: «A' nonna, sei 'na bugiarda! Zio Giancarlo non è morto cadendo dalla moto come dicevi tu... l'hanno ammazzato!».

 

Giancarlo Ricci, giovane pugile forte come un toro, era il suo secondogenito. Venne massacrato il 18 febbraio 1988 dentro la bottega di un tosacani proprio qui dietro l'angolo, al civico 253 L, con una ferocia sbalorditiva anche per i manuali di criminologia. Al citofono della sua casa popolare in via Andersen, al Quartaccio, Paola Mannino batte sullo stesso tasto: «Che infamia è questa? Abbiamo due nipotini! Lasciateci in pace! È passato tanto tempo, io ho un posto di lavoro, dei colleghi. E lui ha pagato».

CANARO PIETRO DE NEGRI

 

Lui, di cui si percepisce il sussurro spaventato alle spalle della moglie, è il tosacani di trent'anni fa, Pietro De Negri: s'è fatto soltanto sedici anni di galera grazie alla seminfermità mentale e in quei manuali s'è ricavato, col cupo nomignolo del «Canaro», un posto accanto alla Saponificatrice di Correggio e al Mostro di Firenze. «Er Canaro della Magliana». Ora un ectoplasma sessantenne.

 

La sintonia tra la famiglia della vittima e quella del carnefice si ferma qui, ma non è poca cosa, perché di mezzo ci sono quattro ragazzini: quanto basta per riflettere sugli spigoli di questa storia infinita, sospesa tra licenza artistica, dovere di cronaca e diritto all'oblio.

 

Vincenzina, attraverso il suo avvocato Maurizio Riccardi, muove battaglia contro «Dogman», il «western metropolitano» di Matteo Garrone in concorso a Cannes e in uscita il 17 maggio nelle sale italiane, con una querela per diffamazione (la richiesta di sequestro del film non è stata accolta dalla Procura).

 

IL CANARO DELLA MAGLIANA - LA MORTE DI GIANCARLO RICCI

Lacrime agli occhi, un ciondolo con la foto del figlio ucciso sempre al collo, sospira: «Avevo parlato con Garrone, mi aveva detto: "Ho solo preso spunto, signora, non c'entra niente, è un'altra storia...". Macché! Siamo invasi dai giornalisti, Internet non parla d'altro. Dicono che il figliolo mio era criminale e violento. Ma Giancarlo era incensurato, portava la spesa alle vecchiette, me lo stanno massacrando di nuovo, non credevo proprio di ricominciare daccapo».

 

In casa, dice, le è piombato persino il vecchio re dei paparazzi Barillari, mito nella Roma d'antan e ulteriore conferma che il passato non passa. Giancarlo suo aveva sbandato con l'eroina, sì, per colpa «di una ragazza disgraziata», certo, ma da un anno s'era ripulito e aveva pure trovato lavoro all' Ama.

 

ARRESTO DI PIETRO DE NEGRI DETTO ER CANARO

Trent'anni fa, questo copione popolare coniugò il cliché nero già consolidato della Magliana (il quartiere della famosa Banda, del Dandy e del Freddo) con l'archetipo di Davide che abbatte Golia: da allora, fiumi di cronache morbose, saggi e romanzi. In ogni pagina, la stessa trama: il piccolo tosacani di periferia, timido e debole, che si ribella al bullo da cui viene vessato, un ragazzone grosso il doppio di lui che mena come un fabbro; con un trucco, riesce a chiuderlo in una gabbia dei suoi cani, gli infligge sette ore di indicibili torture prima di fargli «uno shampoo al cervello» e finirla lì.

 

Questo racconta De Negri quando ritrovano in un campetto del Portuense il cadavere di Ricci orrendamente mutilato: mi pestava e mi umiliava, ho reagito. Sulle sfondo, storie di cocaina e forse conti in sospeso con qualche mammasantissima, la Roma livida dei casermoni popolari e della prima immigrazione tutta italiana, la città marginale dei tossici e dei coatti di borgata senza neppure una narrazione pasoliniana a farne epopea.

PIETRO NEGRI DETTO ER CANARO

 

Arrestato, il Canaro accusa se stesso con un memoriale fiume: sostiene di aver tirato una cinquantina di grammi di cocaina (cinque basterebbero a stendere un bue) e «con una furia scatenata da ira, paura, esasperazione» di avere annientato il suo persecutore: «Mi convinco sempre più che questo non è un essere umano, è uno zombie».

 

Molte cose non tornano. Il perito ne smentisce la versione: il pugile è morto in non più di mezz'ora, le mutilazioni al corpo sono tutte successive. Anche il senso comune contraddice il Canaro: chiudere in una angusta gabbia un maciste di quella stazza è tecnicamente impossibile.

 

CANARO

E tuttavia il memoriale tiene in piedi i processi fino alla sentenza definitiva, per la giustizia la storia è bell' e chiusa, con un reo confesso. Non lo è per l' avvocato di Vincenzina che ha già chiesto senza successo la riapertura del caso e sostiene come, all' indomani dell' omicidio, fosse circolata un' informativa che puntava su un «clan di siciliani». Indagine subito abbandonata, forse fantasiosa ma certo sommersa dalle fluviali autoaccuse del Canaro.

 

Oggi Vincenzina è una settantasettenne molto provata, che cammina a fatica. Tredici anni fa, quando De Negri fu scarcerato, ebbe però la forza di andare ad aspettarlo sotto casa, da sola, in macchina: «Pensavo di investirlo, grazie a Dio non uscì. Poi mi fece pena. Non è stato lui. Ha tirato in trappola mio figlio e poi s'è preso la colpa perché l'hanno minacciato». Ma chi? «Quelli che hanno voluto chiudere la bocca a Giancarlo, perché aveva visto qualcosa che non doveva. E avrebbero chiuso la bocca a De Negri se avesse parlato».

Giancarlo Ricci

 

Dopo il delitto, apparvero sui muri del quartiere scritte di ferocia popolana: «Canaro sei tutti noi». Oggi molta acqua è passata, la Magliana ha cambiato l'etnia dei suoi migranti. Il parrucchiere egiziano accanto alla bottega degli orrori è qui solo da poco e non sa, promuove De Negri a «veterinario, mi pare...». Il calzolaio sul retro c'era già, invece, era ragazzo: «Ho il muro confinante ma non ho sentito nulla, avevo i macchinari a tutta birra. Col Canaro ci pigliavo il caffè. E certo ancora mi fa effetto, se è stato lui...».  Al 253L hanno messo una scuola di fotografia, ma la serranda sta quasi sempre giù: come un sospiratissimo vuoto di memoria.

la madre di giancarlo ricci