INDIETRO, SAVOIA - IL GIUDICE DÀ TORTO A VITTORIO EMANUELE NELLA CAUSA CONTRO IL “FATTO” - IL QUOTIDIANO FU QUERELATO PER AVER PUBBLICATO IL VIDEO IN CUI L'EREDE SAVOIA AMMETTEVA L’OMICIDIO DI DIRK HAMER

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Valeria Pacelli per il “Fatto quotidiano”

 

vittorio emanuele savoia processato in francia daPanoramavittorio emanuele savoia processato in francia daPanorama

“Questo squallido tentativo di rinfocolare dolorose vicende umane, attraverso notizie giornalistiche che tentano di accreditare fatti non veri, troverà la più ferma risposta in ogni sede giudiziaria”. Così Vittorio Emanuele di Savoia nel 2011 minacciava il Fatto dopo la pubblicazione del video che lo ritraeva nel carcere di Potenza, mentre davanti ai suoi compagni di cella, ammetteva l’omicidio di Dirk Hamer nel 1978 e rideva per aver “fregato” i giudici francesi che lo hanno assolto.

 

A distanza di quattro anni, la risposta è arrivata: Vittorio Emanuele di Savoia ha perso la causa contro il direttore Marco Travaglio, Antonio Padellaro e Beatrice Borromeo, autrice dello scoop. Il gip del tribunale di Roma, Alessandro Artuti, ha archiviato il procedimento contro il nostro giornale, anche dopo l’opposizione dell’ex erede al trono.

 

vittorio emanuele savoia tapiro strisciavittorio emanuele savoia tapiro striscia

La sentenza si basa su due elementi: il video pubblicato dal Fatto presentava i caratteri dell’attualità della notizia, l’interpretazione delle frasi pronunciate dal Savoia era corretta. Il gip fa riferimento alle parole di Vittorio Emanuele quando si trovava in carcere a Potenza per l’inchiesta Vallettopoli (anche in questo caso è stato prosciolto). Vittorio Emanuele dice: “Il mio processo a Parigi, anche se io avevo torto... torto... Devo dire che li ho fregati”.

 

Vittorio EmanueleVittorio Emanuele

E ammette: “Io ho sparato un colpo così e un colpo in giù, ma il colpo è andato in questa direzione, è andato qui e ha preso la gamba sua che era (parola incomprensibile, ndr) steso, passando attraverso la carlinga”. Nel 1991 viene prosciolto in Francia – alla fine di un processo di 3 giorni – dall’accusa di omicidio volontario, anche se condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d’arma da fuoco.

 

Dopo lo scoop del Fatto, Vittorio Emanuele accusa il nostro giornale di “aver artificialmente montato” il video e querela. La sentenza però non gli dà ragione. “Le pubblicazioni giornalistiche – scrive il gip nelle motivazioni – sono maturate nel contesto di un rinnovato interesse per le dichiarazioni, di contenuto oggettivamente confessorio, rese dal Savoia, in relazione a un fatto di sangue, che all’epoca ebbe notevole risonanza, anche in ragione della posizione sociale del presunto responsabile. L’elemento nuovo è rappresentato dalla acquisita disponibilità materiale del supporto video relativo all’intercettazione ambientale”.

vittorio emanuelevittorio emanuele

 

Per quanto riguarda l’interpretazione il gip precisa: “Il senso delle frasi pronunciate dal detenuto (...) è di solare evidenza e non ammette fraintendimenti su quella che è stata la reale dinamica dell’‘incidente’ occorso al povero Hamer, sugli accenni inequivoci all’abilità del collegio difensivo, per essere riuscito a convincere la giuria francese a fronte, presumibilmente, del corredo schiacciante di elementi fattuali a carico dell’imputato, infine, sulla soddisfazione manifestata (...) per l’esito favorevole di quel processo”.

 

Vittorio Emanuele di SavoiaVittorio Emanuele di Savoia

L’articolo del Fatto quindi “offre una lettura nuova dell’accadimento, consentendo prospettive valutative diverse e più consapevoli sulle qualità umane e morali di una persona che non è un comune e ignoto cittadino, ma un appartenente alla Casa Reale dei Savoia”.

 

Quanto all’editoriale di Marco Travaglio sul caso, il giudice aggiunge: “Devono condividersi le osservazioni esposte dal pm richiedente” che ha “segnalato il rispetto da parte dell’indagato dei limiti entro i quali deve pur essere esercitata la libertà di manifestazione del pensiero, in tale peculiare forma, affinché non si traduca in un attacco gratuito e arbitrario alla persona”. Un attacco che, come dimostra la sentenza, non c’è stato.