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Laura Galvagni per “il Sole 24 Ore”
De Agostini fa un primo passo di lato e prepara l'uscita dal capitale di Generali. La holding, da tempo azionista del Leone di Trieste con una quota dell'1,44%, ha infatti annunciato ieri di aver avviato le procedure per dire addio al gruppo assicurativo. Tempi e modi per completare l'opera sono al momento incerti.
Quel che è noto, invece, è che per ora De Agostini ha sottoscritto un derivato (tramite un sistema di put & call) sullo 0,14% della compagnia, che questo derivato ha una scadenza fissata entro il primo semestre 2022 e dunque che su quella quota la holding manterrà il proprio diritto di voto almeno fino al prossimo giugno.
La ragione? Conservare un presidio su Trieste in vista dell'assemblea di fine aprile che dovrà votare il nuovo consiglio di amministrazione della società. In proposito, De Agostini ha infatti tenuto a sottolineare «il proprio apprezzamento per l'operato del management della compagnia assicurativa, del quale ha condiviso obiettivi e valori, nonché la stima e sintonia nei confronti del ceo Philippe Donnet, che nel corso degli ultimi due mandati ha saputo distinguersi per la visione strategica, la competenza tecnica e la completezza manageriale. Qualità che si sono tradotte in eccellenti risultati industriali e finanziari».
In altre parole, la scelta di procedere alla valorizzazione del pacchetto con queste modalità, certamente particolari, è dettata dalla volontà di poter dare il proprio contributo in assise affinché la lista promossa dal consiglio, già sostenuta da Mediobanca (17,22% grazie al prestito titoli su un 4,22%), e che vede ancora Donnet schierato al vertice, passi l'esame dei soci.
francesco gaetano caltagirone philippe donnet
Questo, evidentemente, alla luce della battaglia che si è innescata sul prossimo rinnovo del cda. Come è noto, altri tre soci forti, Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt, hanno stretto un patto che dopo gli ultimi acquisti Delfin vale il 14,19% del Leone, e sono al lavoro per presentare una proposta alternativa a quella che avanzerà il consiglio sia in termini di candidati sia quanto a linee di sviluppo future.
In assemblea, dunque, i due schieramenti si troveranno su fronti opposti e ogni azione potrebbe fare la differenza. Se questa è dunque la ragione che ha spinto De Agostini a utilizzare un derivato per cedere 0,14% di Generali, sul restante 1,30% non è ancora possibile fare previsioni.
Anche se la direzione imboccata appare "scontata" considerato che la società ieri ha comunicato di aver iniziato «la dismissione progressiva della propria partecipazione». E in «tale contesto», ha dato «esecuzione ad una prima operazione consistente in uno strumento derivato avente ad oggetto n. 2.250.000 azioni, rappresentative dello 0,14% del capitale sociale».
Infine, riguardo ai motivi che hanno spinto De Agostini a muovere proprio ora in questa direzione, certamente ha contribuito l'ascesa del titolo. Incremento che si è inserito in una fase in cui l'interesse strategico per la quota era scemato già da qualche tempo. Ecco perché i denari che verranno raccolti dalla cessione, circa 400 milioni complessivi ai valori attuali di Generali, saranno destinati a «perseguire nel prossimo futuro nuove opportunità di investimento».
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