Estratto dell'articolo di Francesco Melchionda per https://perfideinterviste.it/
filippo facci
(…) Chi era tuo padre?
Mio padre, come mia madre, era di origine trentina e austroungarica. Un ingegnere, un uomo quadrato ma con slanci di goliardia e di pazzia come capita tipicamente ai trentini. Come padre, un uomo assente, ma senza dolo, non ne era consapevole. Ma, in un certo senso, è stata la persona che mi ha dato la possibilità di non uccidermi finché lui fosse stato vivo.
In che senso?
Il suicidio è una tentazione per molti, saltuariamente, anche se poi, per fortuna, pochi ne hanno il coraggio. Io, un po’ come il personaggio di Harry Haller in un romanzo di Herman Hesse, romanticamente mi diedi una scadenza: non l’avrei mai fatto sinché mio padre fosse stato vivo, mi dissi. E’ morto nel 2009, ma un mese dopo è nato mio figlio, e nuova scadenza.
(...)
filippo facci
Come hai agganciato Craxi?
Non l’ho agganciato, gli ho telefonato e me lo passarono. Ero stato giornalista giudiziario per l’Avanti quando scoppiò Mani Pulite, e peggio di Mani pulite c’è solo essere nato al paesello tuo, San Giovanni Rotondo. Da cronista avevo scoperto molte anomalie nelle inchieste che non venivano raccontate e pubblicate, perché tutti, o quasi, erano schierati con la Procura di Milano.
A un certo punto pensai di rivolgermi direttamente a Craxi per raccontargliele. Lui comunque sapeva della mia esistenza, e mi diede appuntamento al Raphael assieme a due amici. Cominciammo così. Entrammo in confidenza velocemente, ricordo un certo fastidio per la mia impudenza da parte del codazzo residuo che ancora lo attorniava. Avevo 25 anni, in effetti ero un ragazzino.
Che informazioni gli davi?
Gliene davo su Mani pulite e soprattutto su Antonio Di Pietro. Le ragioni che lo spinsero a dimettersi da magistrato sono molte: ma parecchie, anche in sede giudiziaria, a Brescia, nacquero da spunti che raccolsi e disciplinai io. Anche qui: non da solo, ma credendoci, e in piena buona fede. E mi capitò di tutto. Anche che entrarono a casa mia in mia assenza e che me la misero a soqquadro casa, alla ricerca di chissà che cosa.
(...)
francesco melchionda filippo facci
Da “craxiano ad personam”, come ti sei autoproclamato, non pensi di essere stato ossessionato da chi non amava Craxi?
(...) Giuliano Amato, uno che non meriterebbe neppure di essere citato, un professorino senza dignità né spina dorsale. Per tanto tempo ho detestato anche Claudio Martelli perché aveva incarnato il ruolo del parricida, del traditore del padre che l’aveva creato dal nulla; dopo anni però l’ho rivalutato: anzitutto perché sono convinto che si sia pentito, ma soprattutto perché per giudicarlo non esiste solo il parametro Craxi. Oggi penso, senza temere smentite, che sia stato il più grande ministro della Giustizia che abbiamo mai avuto: in anni pericolosi e incredibili inventò Giovanni Falcone al Ministero e quindi la Superprocura, favorì la prima e necessaria legislazione antimafia dopo le stragi, un lavoro svolto peraltro nel totale torpore del Parlamento.
So che eri molto amico di Luca Josi… Cosa gli hai combinato per rovinare la vostra amicizia?
francesco melchionda filippo facci
Era il mio migliore ma non voglio parlarne.
Perché hai odiato Vittorio Feltri? Cosa ti ha fatto?
Feltri negli anni Novanta ha introdotto una visione molto mercatistica del giornalismo, basata sul mero numero di copie vendute: se i lettori vogliono questo, io glielo do. Quando scoppiò Mani Pulite, trasformò l’Indipendente nel giornale più forcaiolo e cinico di tutti i tempi – vendendo anche tante copie – e quindi la mia opposizione fu naturale. Credo che il vertice lo toccammo però molti anni dopo, quando, fondato Libero, dal Giornale allora diretto da Belpietro, pubblicai una pagina con delle intercettazioni telefoniche tra lui e Renato Farina, imbarazzanti per quest’ultimo.
Eri sul suo libro nero.
filippo facci cover
Per forza. Poi, quando tornò a Libero, tutti in redazione dicevano: Facci ha chiuso. In effetti, per un bel periodo, chiese la mia testa. Poi le cose cambiarono nel tempo. Ci conoscemmo parlando più che altro di cose non giornalistiche, e scoprimmo un’affinità naturale. Cominciammo anche a uscire a cena. E’ stato una cosa piacevole, nell’insieme. Poteva facilmente non capitare.
Sei stato diretto da Feltri, Sallusti, Belpietro, Ferrara: chi, dei quattro, è il meno talentuoso? E perché?
Belpietro è il meno direttore e il più vicedirettore, resta naturalmente un uomo-macchina alla vecchia maniera, un cosiddetto culo di pietra, ma umanamente è arido, chiuso, iper difeso, e questo alla distanza conta. Devo a lui, anche se ora non siamo più amici, il mio arrivo a Libero: da kamikaze com’ero, nel 2009 lasciai un posto sicuro a Mediaset per seguirlo a Libero, che tutti davano per morto perché orfano del fondatore Feltri.
Perché non siete più amici tu e Belpietro?
Sono fatti personali, anche se credo che lui non si sia posto neppure il problema. È sparito e basta. Come dicevo, umanamente è un po’ desolante.
(…)
Anni fa, in una intervista, hai detto peste e corna di Giampiero Mughini… Perché ce l’avevi con il “rompicazzi”?
Filippo Facci
Essenzialmente perché non lo conoscevo. Lui, sul Foglio o in tv, fu tra i primi a mischiare il serio e il faceto, era un intellettuale di tutto rispetto che mischiava temi alti a commenti sulla Juventus. Era una tendenza un po’ nuova che non mi piaceva, e che oggi è regola, normalità. Rivedendomi oggi, ero ridicolo.
E per questo banale motivo ti stava sul cazzo?
Sì, lo presi a simbolo senza neanche conoscerlo. Ci fu una piccola querelle sul Foglio.
E poi? Cosa vi ha fatto avvicinare?
La conoscenza, come detto. Una volta ero a casa mia, nel loft che possedevo e che era stato pubblicato per pagine intere anche su un inserto del Corriere, e suonò il campanello: era lui, Mughini, inaspettatamente. Voleva vedere il loft. Poi non ricordo in che occasione, ma ammisi pubblicamente che nei suoi confronti mi ero clamorosamente sbagliato: mi piacque farlo perché non lo facevo mai.
Quand’è che farai pace con Travaglio? Come mai lo detesti così tanto?
FILIPPO FACCI
Non so se lo detesto. Ogni volta che l’ho incontrato ho sentito un moto spontaneo di simpatia. C’è una fisiologica e opposta visione sulla giustizia e su Mani pulite, ma in realtà, a pensarci, non abbiamo mai recuperato dopo che una volta aveva sfottuto vari personaggi per i loro difetti fisici, tipo «donna cannone, donna barbuta» a Giuliano Ferrara, volgarmente «accucciata» parlando di Ritanna Armeni, «la vocina del padrone» a Mario Giordano, roba così. Di me si è sempre inventato che mi tingevo i capelli, meglio, che avevo le mèche. In queste cose è un po’ un fascistello da oratorio.
E Riccardo Muti, scusa, non è ancora un grande?
Nel senso di potere, lo era. Muti è stato il mio Di Pietro musicale. Finché è stato alla Scala, era intoccabile come pochi altri casi che abbia mai conosciuto.
Perché? Cosa faceva quando lo criticavi?
Non si poteva proprio criticarlo. Era molto più facile parlar male di un politico che di Muti. Al Corriere della Sera, a far da guardiani, aveva Paolo Isotta e altre vestali, al Giornale c’era Fedele Confalonieri, che di Muti era pazzo…
Era permaloso?
filippo facci 77
Una sera uscii a cena con parte dei suoi orchestrali scaligeri e lo raccontai sul Giornale. Belpietro, che era direttore, diceva sempre che nessun mio articolo sarebbe mai uscito senza che lui prima lo controllasse: ma quella volta, scrivendo di musica, evidentemente mi trascurò. Ma i miei articoli, essendo anche un po’ tecnici, passavano sempre il vaglio. Quella volta, probabilmente, sorvolò. Avrà pensato: Facci scrive di musica, almeno su questo non farà danni. Sbagliava. La piena libertà poi me lo potei concedere solo sul Foglio, quando il giornale di Ferrara era il vertice del pensiero politico e culturale italiano, dove scrivevano veri fenomeni. Nei fatti diedi il colpo di Grazia alle dimissioni di Muti dalla Scala.
Rinfrescaci la memoria. Cosa avevi scoperto?
filippo facci 44
Nel marzo 2005 Ferrara mi diede il via libera per pubblicare sul Foglio un mega-ritratto di Muti destinato a cozzare clamorosamente contro l’apparato che lo proteggeva. Il giorno della pubblicazione era un sabato: Muti lesse l’articolo, telefonò a Fedele Confalonieri e gli comunicò le proprie dimissioni dal Teatro alla Scala, dov’era stato direttore di ogni cosa per quasi vent’anni: si sentiva tradito politicamente – dopo esserlo stato clamorosamente dai suoi stessi orchestrali – dopodiché Confalonieri, imbufalito, telefonò a Ferrara, che infine telefonò a me: «Hai fatto il botto», mi disse.
Nei giorni successivi ricevetti le telefonate più impensabili: mi contattarono persino due celeberrime bacchette straniere (oggi scomparse) che misero a dura prova il mio inglese incespicante, e mi chiamò anche Franco Zeffirelli, che non conoscevo ma che mi voleva assolutamente a pranzo nella sua villa: rifiutai per timidezza. Conservo ancora i bigliettini autografi del più grande dei critici musicali, Paolo Isotta: veleno puro.
Chi fu il direttore che bloccò l’intervista che avevi fatto a Previti?
CRAXI DI PIETRO
Belpietro, che però fece bene. Previti era intrattabile. Aveva sfanculato non so quanti colleghi del Giornale che avevano provato a intervistarlo. Belpietro allora mi chiamò e mi disse: provaci tu, fai un’intervista vera. Ma Previti aveva già pronte le risposte senza aver visto le domande. Fu un calvario. Prima della pubblicazione, Previti chiese di vedere l’intervista: mi opposi. Dopo vari tira e molla – con lui che chiamava sempre Berlusconi perché intervenisse – acconsentii a mandargli solo virgolettato delle sue risposte. Ma neanche bastò. Voleva leggere l’inizio dell’intervista, «l’attacco«, poi il titolo, persino vedere le fotografie.
Belpietro ricevette delle pressioni?
Sì, e anch’io. Berlusconi chiamò un sacco di volte: vi prego, accontentatelo, diceva, non ne posso più.
(…)
Quante volte sei stato cornificato?
facci selvaggia
E chi può dirlo? È capitato, e lo so, ma chissà quante non le so. In generale però ho avuto fidanzamenti intensi e senza tregua che non davano molto motivo di cercare altro.
In che senso senza tregua?
Beh, se hai rapporti tutti i giorni, o quasi, è più difficile che una donna ti tradisca.
Scopi ancora?
Sarebbe preoccupante il contrario, ma la tua domanda ha un senso perché qualche anno fa, precisamente sei, ripresi a farlo dopo un lungo periodo di astinenza: mi ero proprio stufato della dittatura del sesso, di questa cosa per cui, a leggere in giro, sembra sempre che tutti scopino continuamente per tutto il giorno con tutti. Che non è vero: credo, anzi, che sia il periodo storico in cui lo si faccia meno. Nel 2017 stavo accordandomi con Rizzoli per fare un libro che si titolasse «Per farla finita con il sesso», dove sostenere che era onnipresente e sopravvalutato, ma culturalmente, come dire, una retroguardia, una cosa dimostrativa da neri o da portoricani. Cazzate. Non mi vergogno a confessare che il vero sesso l’ho scoperto dal 2017 in poi.
FILIPPO FACCI
Perché l’hai scoperto così tardi? Raccontami.
Son cose mie, ma posso metterla così: una persona mi ha fatto capire – e non ci avrei scommesso un euro – che l’antinomia tra la madonna e la prostituta (una delle due prima o poi vince sull’altra) possono incredibilmente farle coesistere. E anche a lungo.
Quante volte ti è capitato di andare a mignotte? Ti eccita pagare?
Ma per carità. E comunque mignotte lo dite voi terroni. Ci ho provato una volta sola, credo nel 1995, perché mi dicevo che almeno una volta nella vita bisognava provare, era un’esperienza, se non altro anche letteraria. Beh, fu la cosa più sfigata di tutti i tempi.
FILIPPO FACCI
Cioè?
Abitavo a Milano in viale dei Mille. Lei si chiamava Maria, una spagnola, e stava proprio sotto l’ingresso di casa mia, la vedevo dal balcone. Dopo averci pensato tremila volte, una sera, la invitai a salire da me. Si prese centomila lire anticipate ma solo per un rapporto – le dissi – orale, perché non ero pratico, preferivo un approccio soft, diciamo. Le mostrai la casa e mi sdraiai sul letto, imbarazzato.
FILIPPO FACCI - 30 APRILE 1993
Mi ricordo una massa di capelli biondi tinti e mi accorsi che peraltro mi aveva infilato un preservativo. Neanche mi funzionò. Lei ogni tanto alzava gli occhi e diceva «nada, nada… », e io non ricordo che cosa le risposi, ma il senso era «vabbè, provvedi, è il tuo lavoro». Ma niente da fare. La cosa più umiliante fu che si congedò in fretta e prima di accomiatarsi mi disse, materna: tu avevi solo bisogno di un po’ di compagnia. Quindi umiliato, emarginato sociale e con centomila lire in meno.
(...)
Perché, per anni, ti sei fatto di cocaina?
ANTONIO DI PIETRO E BETTINO CRAXI
Messa così sembra che fossi un cocainomane da ricovero. Dal 2003 a circa il 2008 ho avuto quell’approccio anche modaiolo che milioni di persone avevano con una cosa associata a modelli vincenti, insomma non so chi non la prendeva All’inizio, diciamo entro i primi trenta tiri, pare la cosa migliore del mondo, probabilmente perché lo è: non ti astrae dal mondo, te lo fa vivere appieno ma privandoti di quel sottofondo di latente infelicità che è dell’essere umano, questa scimmia antropomorfa per la quale alla natura è un po’ sfuggita la mano.
La cocaina è perfetta ma ha un solo difetto: dopo un po’ t’ammazza, e la assumi solo perché senza stai peggio. Iniziai perché mi fu fatale un Capodanno che organizzai con una bella ragazza, che conoscevo appena, e che accolsi a casa mia in uno scenario in cui sembravo Tony Montana in Scarface. Ma non divenne mai un rito socializzante, come è per quasi tutti: la prendevo da solo, a casa mia, magari ascoltando Wagner. Che è anche più pericoloso. Oggi, comunque, le cose sono cambiate perché è cambiata – è evidente – l’utenza, non è più una roba da benestanti, ma anche da ragazzini, immagino sia più una schifezza da microdosi con tantissimi che la prendono per lavorare e tirare sera, dalla maestra al tramviere.
FILIPPO FACCI
Riuscivi a scopare in quel periodo? O facevi figuracce?
Sei un po’ un maniaco sessuale. Il sesso è notoriamente l’ultimo pensiero di chi prende cocaina, a meno di assumerla apposta associandola a viagra e simili, perché ti inibisce l’erezione. Nel mio caso è impossibile: ci rimarrei secco, visto che sono iperteso e le due cose insieme alzerebbero – anche – la pressione.
(...)
FILIPPO FACCI melania rizzoli filippo facci FILIPPO FACCI E ERRI DE LUCA filippo facci peter gomez filippo facci l alpinista 2 FILIPPO FACCI ALLA SCALA con l'ex sovrintendente carlo fontana e moglie filippo facci selfie FILIPPO FACCI
filippo facci l alpinista 5